La lectio divina : lettura meditata della Sacra Scrittura

San Girolamo, studioso e tradottore della Bibbia

San Girolamo, studioso e tradottore della Bibbia

(Presentiamo la seconda parte di una sezione del libro del padre M. A. Fuentes: Rezar con la Biblia [Pregare con la Bibbia] Ed. Virtus, San Rafael [Argentina])

La LECTIO DIVINA : lettura meditata della Sacra Scrittura

            La lectio divina o lectio sacra appare abbondantemente nella letteratura patristica del IV e V secolo.[1] San Girolamo dice, ad esempio, che “l’anima si alimenta quotidianamente nella lettura divina” (mens quotidie divina lectione pascatur) e sant’Ambrogio, parlando di un cristiano dice che “si deve rivolgere all’alimento della lettura divina” (divinae pabulo lectionis intentus). Alcuino diceva che “come la luce rallegra gli occhi, così la lettura [sacra] fa con il cuore” (Sicut lux laetificat oculos, ita lectio corda)

            I monaci la fecero diventare nella loro principale preghiera.

            La parola lectio non può ridursi alla sua traduzione letterale di “lettura” perché, sebbene anche noi ci vediamo obbligati ad usare questa espressione, è poca cosa. Non corrisponde nemmeno a “studio”, se intendiamo con questo termine l’attività scientifica o culturale di cui abbiamo parlato prima. Si potrebbe inquadrare meglio nella “meditazione” ma a patto che non si confonda con la meditazione sistematica (che si pratica specialmente a partire da sant’Ignazio di Loyola) o di quella di cui abbiamo parlato nel punto precedente. In molti casi si avvicina alla contemplazione acquisita di cui parlano gli autori spirituali. Per quanto riguarda l’aggettivo divina, indica due cose: che ha per oggetto la Parola di Dio, e che è una lettura fatta in intimità di dialogo tra l’uomo e Dio.

            Tenendo presenti queste precisazioni, Louis Bouyer la definì come “una lettura personale della parola di Dio, per mezzo della quale ci sforziamo di assimilarne la sostanza; una lettura che si fa nella fede, nello spirito di preghiera, credendo nella presenza attuale di Dio che ci parla nel testo sacro, mentre noi ci sforziamo di essere noi stessi presenti, in spirito di obbedienza e di completo abbandono sia alle promesse che alle richieste divine”.[2]

            La convinzione fondamentale della fede che guida questo modo di avvicinarsi alla Sacra Scrittura è quella data, tra i tanti, da Adalgero: “Quando preghiamo, noi parliamo con Dio, quando leggiamo (lectio) Dio parla con noi.[3] Anche San Girolamo dice: “prega, parla con lo Sposo; leggi, Egli ti parla”.[4] Questo implica:

  1. Che si deve avere il senso vivissimo della trascendenza della Parola divina: è la “lettera venuta dal cielo” davanti la quale ogni linguaggio umano impallidisce. Si presenta come divina pagina, sacra pagina, perennis pagina, etc. Si dice che ci permette di “bere nella fonte della conoscenza di Dio”, che è un “bacio di eternità” che prelude alla contemplazione del cielo.
  2. La convinzione del fatto che la Bibbia è un libro attualmente vivo ed operante. Sotto questa formula, c’è la presenza misteriosa di Dio che mi chiama. Ascoltando queste parole “è come se provenissero dalla sua bocca”[5]: Dio, pertanto, ispira sempre colui che legge con fede. La parola “è miracolosamente feconda per lo Spirito” che continua ad animarla con il suo fuoco e assicura la sua perenne giovinezza. Non solo trasmette un messaggio, una dottrina ma, vieppiù, è una presenza, è altro (ed è per questo che la consideriamo un tipo di contemplazione); è l’atto con cui Dio mi cerca, si rivela a me ed esige che mi comprometta per Lui. E’ per questo che si dice che la lettura della Sacra Scrittura ha un’efficacia salvifica giacché in essa “si beve la salvezza”.[6] Ma ancora, le parole di Dio diventano parole nostre. Per questo nella sua Storia di un’anima, santa Teresina trascrive queste parole che dice Gesù nel Vangelo di san Giovanni ma applicandole a se stessa: “Padre, questo è il mio desiderio: “Padre mio, desidero che dove io sarò, quelli che tu mi hai dato siano con me, e che il mondo conosca che tu li hai amati come hai amato me”. Ed aggiunge: “Sì, Signore, questo vorrei ripetere dopo di te, prima di volarmene tra le tue braccia”. Ma, immediatamente, si chiede se non sta esagerando nel rivolgersi al Padre facendo proprie le stesse parole di Cristo e vi riflette con queste valorose parole: “E’ forse temerità? Ma no, da lungo tempo mi hai permesso di essere audace con te. Come il padre del figliuol prodigo al suo maggiore, tu hai detto a me: «Tutto ciò che è mio, è tuo». Le tue parole, Gesù, sono dunque mie, ed io posso servirmene per attirare sulle anime unite con me i favori del Padre celeste”.[7] Le tue parole sono mie! Questa è la migliore spiegazione di questo valore attuale ed operante che deve avere, per noi, la Parola di Dio.
  3. Ci sia una visione unitaria: tutta la Bibbia, cioè, converge tutta su Cristo: “Tutta la Scrittura è un solo libro, e questo unico libro è Cristo” dice Ugo di san Vittore.[8] Per questo, leggere la Scrittura è andare in cerca di Cristo. In questo senso per Origene, sant’Ambrogio o san Bernardo l’esegesi (del Cantico dei Cantici, per esempio) non è solamente tecnica ma vera e propria mistica, è parlare di Gesù Cristo: “Hai appena iniziato a leggere il codice ed hai immediatamente trovato chi ami”, dice l’eremita Gugliemo Firmat.

Come si pratica? I passi caratterizzanti di una lectio divina fruttuosa sono:

  1. Prima di tutto, è necessario preparare la “lettura” per mezzo dell’ascesi. Come narrato nella parabola del seminatore, il seme non darà frutto se non cade in un terreno fertile. Per ottenere una lettura fruttuosa, dunque, deve essere preparata per mezzo di un lavoro che sbocci nella “purezza del cuore” (putitatis cordis): si tratta dell’assenza di un affetto disordinato verso le creature che distragga l’amore di Dio e il senso della sua presenza. La libertà è totale se c’è una dedicazione totale a Dio. Dio si rivela pienamente solo a chi è riuscito a raggiungere. Dice san Bernardo: “La Verità non si mostra agli impuri”.[9] La purezza fa diventare terso e trasparente lo sguardo contemplativo per cui, bisogna leggere la Sacra Scrittura con l’intenzione di convertirsi e dobbiamo desiderare di convertirci per poterla capire.
  2. Oltre a quanto detto, poiché l’obiettivo è una conoscenza fondamentale, è necessario che la lettura si situi in un clima di preghiera: “Bisogna pregare per poter comprendere” dice sant’Agostino.[10] La preghiera, a sua volta, esige uno sforzo necessario di raccoglimento: non è possibile porsi “in ascolto religioso” se non si è in un clima di silenzio e di calma interiore, che faccia confluire nell’ascolto le energie del proprio essere.
  3. Infine, si tratta di una lettura dialogica: Dio mi parla in questo momento per cui io devo ascoltarlo. Io, nei confronti di Dio, sono un suo interlocutore: mi rivolge la parola e io posso rispondergli. Questo dialogo si articola in questi fondamentali momenti:

Lectio: è il primo momento, nel quale si legge con la convinzione che Dio mi sta parlando. Non è la lettura di un libro, ma l’ascolto di qualcosa/qualcuno. E’ “ascoltare oggi la voce del Signore”. Si tratta di leggere un passo della Sacra Scrittura, che deve essere né troppo lungo né eccessivamente breve. E’ necessario che il testo scelto abbia una certa unità e che abbia un punto centrale che raccordi tutti gli altri elementi. Per questo si possono seguire abbondantemente i testi che ci sono offerti nella liturgia della Messa quotidiana che sono già selezionati in base a un determinato criterio.

Meditatio: si può applicare a questo passaggio le parole di Dio del profeta Ezechiele: “nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo” (Ez 3,3). I medievali usavano il termine agricolo di “ruminare” (in latino rumigare), cioè l’azione che alcuni animali che masticano per la seconda volta, riportando alla bocca il cibo che già si trovava nello stomaco. Applicato al libro sacro, il termine indica una specie di “ripiegamento” amoroso sul testo, in un clima di calma contemplativa, che sfocia in una assimilazione vitale: la parola quindi arriva ad essere parte di noi stessi, modellandone il pensiero, i sentimenti, la stessa vita.

Oratio: si tratta della supplica che scaturisce dal cuore toccato dalla parola divina. Si tratta di pregare con le idee che abbiamo incontrato nel testo biblico, anche se non sono le medesime parole che si possano usare per pregare (come accade, invece, con i Salmi): siamo noi, quindi, che dobbiamo convertire questi passi in orazione.

Contemplatio: contemplare è un atto più semplice rispetto alla preghiera, ma molto più ricco; ad esso afferiscono sentimenti come lo stupore, l’ammirazione, la riconoscenza, l’adorazione, l’affermazione della grandezza di Dio, la lode. Si realizza quando la preghiera diventa una specie di inno di ammirazione, nel quale l’anima loda la dolcezza di ciò che ha contemplato. Tra gli antichi, quest’ultima tappa della lectio denota un’esperienza religiosa che avvicina di molto all’estasi: una gioia che sembra anticipare la felicità celestiale. Santa Teresa, per esempio, prendeva la Bibbia “chiedendo a Dio che mi consolasse, che Egli stesso mi rispondesse”[11].

            Diamo ora alcuni elementi pratici che si devono tenere in considerazione per praticare fruttuosamente la lectio.

            Prima di tutto, ricordiamo che si può fare a qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi luogo. Per chi prega la cosa importante non è ciò che lo circonda, ma quello che rimugina nel suo intimo. E, in spirito, egli può stare rimuginando la Parola di Dio in un gruppo di preghiera, in un inginocchiatoio davanti al tabernacolo, mentre viaggia o cammina per strada. È chiaro che ci sono luoghi che favoriscono una preghiera più fruttuosa.

            1 – Il primo è il silenzio esterno (silenzio di persone e rumori) ed interno (dell’anima, della nostra immaginazione e delle emozioni). E questo silenzio lo troviamo in particolare nella solitudine: sarebbe questa, infatti, la situazione ideale! Si può trattare della solitudine della propria abitazione, di una cappella isolata o della chiesa. Anche se si tratta di elementi accidentali, alcuni autori ricordano l’importanza (specialmente se si fa in un luogo che non sia una cappella o una chiesa) di avere davanti a se un’immagine di Cristo e della Vergine Maria; allo stesso modo, un cero acceso che ci rammenti Cristo, luce viva e risorta che ci parla nelle Scritture.

            Per quanto sia possibile, aiuta molto una buona versione della Bibbia, con serie ed ottime introduzioni e note, che può aiutare per una migliore comprensione del testo sacro.

            L’orario migliore del giorno per la “lectio” varia da persona a persona, ma è assodato che dia più frutto all’inizio del giorno o sul far della sera.  

            Per quanto riguarda la frequenza, l’ideale sarebbe la “lectio divina” quotidiana ma ogni persona deve valutare le proprie possibilità poiché alcuni, penso, non possono farla più di una volta a settimana: ciò che importa è che ci sia continuità e perseveranza fino a far diventare abitudinario questa straordinaria pratica di pietà.

            Infine, per quanto riguarda la durata, ognuno deve trovare il giusto mezzo nell’intimo del suo cuore, tenendo in conto, tuttavia, che un minimo di tempo è necessario per poter ottenere questa “ruminazione” della Parola divina: il minimo indispensabile ci sembra sia mezz’ora e chi potrà dedicarci meno tempo consideri che è sempre meglio di nulla.

            La cosa importante è prolungare interiormente durante tutto il giorno quello che abbiamo ascoltato da Dio nella Scrittura, tornando appena possibile a ciò che Dio ci ha detto, come un’antifona interiore che ci illumina l’alma. Così scrive Santa Teresa: “Ritengo come una somma grazia del Signore la pazienza che egli mi diede… Mi giovò molto in questo l’aver cominciato a far orazione e l’aver letto la storia di Giobbe nei Moralia di san Gregorio… pensavo spesso, ripetendole, a queste parole di Giobbe: Se abbiamo ricevuto i beni dalla mano del Signore, perché non ne accetteremo anche i mali? (Gb 2,10) E mi sembrava che mi dessero coraggio[12]. In un altro passo confessa: “Tempo addietro pensavo molto spesso a ciò che dice San Paolo: che in Dio si può tutto (Fil 4,13). Ben capivo che da me non potevo nulla. Questo mi giovò molto”.[13]

            Propongo ora un possibile schema per una lectio divina     

  1. Preparazione: silenzio esteriore ed interiore.

            Mi pongo alla presenza del Signore: contemplo Dio che mi ama, mi accoglie, mi ascolta, mi parla.

  1. Domande:

            Umilmente ti chiedo Signore, Tu che sei la vera luce e la fonte stessa di ogni luce, che meditando fedelmente la tua Parola, viva sempre nella tua chiarezza. Per Gesù Cristo, tuo figlio, nostro Signore.  

  1. Lettura della Parola di Dio:

            Leggo tranquillamente il testo biblico di oggi, in comunione con tutta la Chiesa (posso usare il Vangelo, o la prima o la seconda lettura della Messa del giorno oppure qualunque testo da me scelto). Mi soffermo attentamente su ogni dettaglio.  

  1. Riflessioni sul testo letto: mi domando

            Che dice questo testo? (Personaggi, circostanze, fatti…) Cosa dice a me, personalmente? Cosa mi vuoi dire, Signore, con queste parole? (Meditazione) Che ti dico, ora, proprio io, Signore? Come potrei rendere preghiera ciò che ho letto? Che mi insegna a chiedere ciò che ho letto? (Preghiera) Voglio identificarmi con te, Signore! Che devo fare? (Contemplazione, illuminazione per la mia vita concreta)

  1. Concludere con una preghiera; per esempio:

            Grazie Signore, per la tua presenza e la tua vicinanza in questo momento di preghiera; e per la tua luce e la forza che mi hai dato. Aiutami a vivere secondo la tua volontà e servendo sempre i miei fratelli. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore.

 

 

[1] Cf. H. De Lubac, Exégése médiévale. Les quatre sens de l’Écriture, París (1959), I, 82-84.

[2] L. Bouyer, Parola, Chiesa e Sacramenti nel Protestantesimo e nel Cattolicesimo, Brescia (1962), 17.

[3] “Cum oramus, ipsi cum Deo loquimur; cum vero legimus, Deus nobiscum loquitur” (Adalgero, Admon. ad Nonsuindam reclus., c. 13: PL 134,931C).

[4] “Oras, loqueris ad Sponsum: legis, ille tibi loquitur” (San Jerónimo, Epist. 22,25: PL 22,471).

[5] San Gregorio Magno, Moralia. xvi, 25,43: PL 75,1142.

[6] Regula Ferioli o Ferrioli Uzeticensis 22, in Holstenius, Codex Regularum I, ed. Anastatica, Graz (1957), 156.

[7] Santa Teresina del Bambin Gesù, Storia di un’anima, Ms C 34v; cf. Ms A 55v; Cta.

[8] Ugo di San Vittore, De arca Noe mor., II, 8: PL 176,642.

[9] “Impuris se Veritas non ostendit, non se credit Sapientia” (Bernardo, In Cant. serm. 62,8).

[10] Sant’Agostino, Doct. Christ. III, 37,56: PL 34,89.

[11] Santa Teresa del Bambin Gesù, Últime conversazioni, 21/26.5.11.

[12] Santa Teresa di Gesù, Vida, 5, 8.

[13] Santa Teresa di Gesù, Vida, 13, 3.

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