Pregare con la Bibbia
(estratto di una sezione del libro del padre M. A. Fuentes: Rezar con la Biblia – Ed. Virtus, San Rafael [Argentina])
Dobbiamo esaminare in piena sincerità la qualità della nostra relazione con la Sacra Scrittura, il nostro amore verso di lei e l’attenzione che dedichiamo ad essa ogni giorno. Quante volte abbiamo letto la Bibbia per intero? O, per lo meno, i vangeli? Quante teste, forse, si abbasseranno vergognosamente dinanzi a tale domanda!
Essendo la Sacra Scrittura Parola viva ed efficace di Dio, il rapporto familiare e profondo con essa è efficacemente riparatore e santificante: se a noi, invece, non ci dice nulla, è solo a causa della nostra superficialità. Dobbiamo avere con la Bibbia un rapporto più profondo di quello che abbiamo di solito: dobbiamo non solo leggerla ma studiarla; se è possibile, leggere i commenti su di essa (a patto che siano buoni e concordi con la retta dottrina cattolica); coloro che si sentono più portati, dovrebbero spingersi a confrontarsi con testi specializzati che li introducano in questo mondo misterioso, specialmente sotto la guida sicura del Magistero e dei grandi padri e teologi, e dovrebbero farlo con molto tatto per non cadere rovinosamente nella critica razionalista.
In particolare, poi, i sacerdoti dovrebbero prendere coscienza che sono “informatori della Sacra Scrittura”: commentatori, anche se non per la propria vanagloria o solo per i suoi fedeli.
Questo rapporto si può realizzare in diversi modi: con la lettura spirituale, con lo studio, con la meditazione e con la lectio divina. In questa opportunità, esamineremo solo i primi tre:
1. La lettura spirituale della Sacra Scrittura
La ‘Lettura spirituale’ è la lettura di libri di mistica o di trattati spirituali, in cui cerchiamo non solo la conoscenza delle cose spirituali ma, principalmente, il gusto e l’amore per le stesse.
La lettura spirituale ha quattro fini principali: alimentare l’anima, elevare il cuore a Dio, aiutare preventivamente la preghiera e aiutarci nel raccoglimento interiore. Evidentemente non tutti i libri possono essere usati nella ‘lettura spirituale’ perché non tutti producono questi frutti. La Sacra Scrittura è, da questo punto di vista, il classico che non può mancare anche se non è l’unico: possiamo infatti raccogliere ottimi frutti con gli scritti spirituali dei Padri e dei ‘maestri spirituali’ medievali o moderni.
La Chiesa, afferma il Catechismo, «esorta con forza e insistenza tutti i fedeli […] ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo»”[1].
La lettura spirituale ci aiuta ad acquisire le conoscenze spirituali, che costituiscono la base delle nostre convinzioni di fede e lo stimolo per una donazione generosa a Dio. Una lettura continua della Sacra Scrittura, sia di tutta la Bibbia o di alcuni libri singoli, si inquadra bene in quanto abbiamo detto: è molto importante, senza alcun dubbio.
Molti cattolici non leggono la Bibbia perché la considerano una lettura troppo “lunga” o “impegnativa”: e lo è, senza dubbio! ma non come sembra. Si tenga presente che si ogni giorno leggessimo quattro capitoli della Bibbia, finiremmo la lettura di tutto il testo in meno di un anno (più precisamente in undici mesi).
Raccomando a chiunque voglia leggere la Bibbia di continuo, specialmente se è la prima volta che lo fa, un ordine particolare: si deve cominciare con il Nuovo Testamento (poiché questo illumina l’Antico) e, prima di tutto, i Vangeli, poi gli Atti degli Apostoli e le Lettere di San Paolo e quelle degli altri Apostoli e terminare con l’Apocalisse. Solo dopo aver concluso la lettura del Nuovo Testamento conviene iniziare quella dell’Antico che può farsi nel medesimo ordine in cui sono collocati i singoli libri della Bibbia.
E’ sempre raccomandabile leggere le introduzioni che ci introducono nel contesto storico e nella mente dell’autore divinamente ispirato: disgraziamene, alcune versioni hanno introduzione piene di idee razionaliste[2].
2. Lo studio della Sacra Scrittura
Discutendo con i farisei, Gesù fa notare la poca conoscenza che hanno della Bibbia: non li critica, però, sul fatto di non averla letta ma, bensì, sull’averlo fatto senza comprenderla: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio” (Mt 13, 3-7). Se non studiamo, anche noi leggeremo senza comprendere.
Lo studio si orienta in particolare all’intelligenza della persona: uno studio più scientifico è rivolto principalmente a questioni tecniche della Bibbia quali sono quelle grammaticali, storiche, geografiche, letterarie, etc. Questo aspetto è molto importante ma, spesso, non tutti sono chiamati a fare questi studi: i sacerdoti, per lo meno, dovrebbero avere il desiderio di avere una conoscenza scientifica della Bibbia ed anche i fedeli non farebbero male se, per lo meno, lo desiderassero come ci testimoniano le belle parole di Santa Teresina del Bambino Gesù (“Non è triste vedere, della medesima Sacra Scrittura, tante differenti traduzioni? Se fossi stata sacerdote, avrei appreso l’ebraico e il greco – perché non mi sarei certo accontentata del latino! – per poter conoscere il vero testo dettato dallo Spirito Santo”)[3].
La Sacra Scrittura deve essere studiata (e letta, logicamente) dentro la Chiesa: dobbiamo cioè guardare alla tradizione della Chiesa e porci sotto la guida autentica e sicura del suo magistero: è questo il grande problema della teologia contemporanea che ha protestantizzato la lettura e lo studio della Bibbia, gettando nel caos e nel disordine il mondo cattolico!
I santi non facevano così: la grande Santa Teresa di Gesù, per esempio, desiderava solamente interpretare il Cantico dei Cantici “non uscendo da quanto afferma la Chiesa e i santi” e, per fare questo, cerca “i grandi letterati” perché “Dio li sostiene con la luce della sua Chiesa” e desidera ardentemente entrambi a tal punto che anche le più mirabolanti rivelazioni – anche se vedesse aperti sopra di sé i cieli – non la convincerebbero rispetto a quanto afferma la Chiesa”[4]. Quanto detto da Santa Teresa ci ricorda che è il Magistero “ad avere il compito di garantire l’autenticità dell’interpretazione e di indicare, se il caso lo richiede, che l’una o l’altra interpretazione particolare è incompatibile con l’autenticità del Vangelo”.[5]
San Giovanni d’Avila, commentando il Salmo Audi filia, nel versetto che dice “porgi il tuo orecchio” (Et inclina aurem tuam), lo applica principalmente alla Sacra Scrittura contrapponendo il “porgere l’orecchio” al “gettare lo sguardo”: accade questo – dice il santo – quando il cuore vuole capire i misteri del libro sacro con le proprie luci: vuole vedere, cioè, che tutto riluccichi per lui e non si rassegna a dover camminare nell’ombra del mistero. Ma in questi sentieri chi vuole camminare con le proprie luci si condanna alla cecità: “… molti … poiché preferiscono più gettare lo sguardo al porgere l’orecchio, tornano alla luce completamente ciechi ed inciamparono di mezzogiorno come se fosse oscurità”. Il Santo non condanna il santo desiderio di penetrare la Parola divina: al contrario, come lo dimostrano i suoi eccelsi commenti, fustiga la pretesa di chi su questo punto pone l’orecchio (che dovrebbe essere la docilità del cuore di chi segue il Magistero e la Tradizione) ma non come principale e fondamentale punto di vista: “E dovete considerare che l’esposizione di questa Scrittura non deve dipendere dall’intelligenza o dall’ingegno di ognuno, poiché non vi è cosa più incerta di quella dal momento che, di solito, ci sono tante differenti intelligenze quante teste [il Santo vuole dire che ognuno ha la sua propria interpretazione], ma deve essere data dalla scelta della Chiesa cattolica, dall’interpretazione dei santi nelle cui menti parlò il medesimo Spirito Santo, dichiarando che la Scrittura parlò negli stessi che la scrissero. Perché, detto in altro modo, come si può ben dichiarare con spirito umano ciò di cui parlò il divino Spirito? Per questi motivi, dunque, ogni Scrittura [cioè ogni singolo versetto della Sacra Scrittura] si deve leggere e dichiarare con lo stesso spirito con cui venne scritta[6]. E sebbene dovete porgere il vostro orecchio con grandissima riverenza a tutta la Scrittura, porgetela ancor di più e con una grande devozione ed umiltà, alle benedette parole del Verbo di Dio fatto carne, aprendo le vostre orecchie, sia quelle corporali che quelle spirituali, a qualsiasi parola del Signore, dato a noi come speciale Maestro per voce dell’eterno Padre che disse: Questo è il Figlio mio, l’amato, ascoltatelo. Sii ansiosa di leggere ed ascoltare con attenzione e desidera di far tue queste parole di Cristo: troverai in esse – ne sono sicuro – un efficiente mezzo che opererà nella tua anima, che non troverai in tutte le altre con le quali Dio ha parlato dal principio né mai più parlerà fino alla fine del mondo”[7]. E aggiunge poco più avanti: “E contro questa Chiesa non abbiate alcun risentimento di spirito, né altre cose più o meno importanti, anche se venisse a dirvelo un angelo dal cielo, perché come dice San Paolo questa Chiesa è la colonna e il firmamento della verità, e dimora in essa lo Spirito Santo, che non inganna né può essere ingannato”[8].
3. La meditazione della Sacra Scrittura
La meditazione della Sacra Scrittura è ciò che possiamo chiamare anche “studio speciale”: si tratta di una lettura, o uno studio veloce, della Bibbia che può consistere, per esempio, nel leggerla cercando di capire ogni singola espressione, di cogliere tutto il frutto possibile, tutte le applicazioni personali alla propria vita. A volte si possono utilizzare dei commenti di altri autori, specialmente dei Padri e di altri teologi approvati dalla Chiesa.
Ovviamente questa mediazione mira ad una comprensione spirituale della Bibbia ed è diversa dalla “lectio divina” perché quest’ultima non riguarda singole parole o versetti ma si basa su testi più o meno lunghi e, in più, si compie sempre in un clima di preghiera: la meditazione, invece, ritengo si possa situare a cavallo tra la preghiera e lo studio biblico.
La meditazione ha come fine proprio “nuove luci e sensi occulti e misteriosi” oppure, secondo quanto dice Santa Teresina del Bambin Gesù: “Soprattutto il Vangelo mi occupa durante la preghiera, in esso trovo tutto il necessario per la mia povera anima. Scopro sempre in esso luci nuove, significati nascosti e misteriosi”[9], ed aggiunge: “Gesù mi guida in ogni momento e mi ispira tutto ciò che devo dire o fare.
Quando ne ho più bisogno, trovo la luce nei passi in cui non mi ero abbastanza soffermata”. Nella lettera a P. Roullando, poi, arriva a scrivere: “A volte, quando leggo alcuni trattati spirituali in cui la perfezione è presentata circondata da mille difficoltà e legacci, circondata da una moltitudine di illusioni, il mio povero spirito fatica non poco: chiudo il libro che mi fa dolere la testa e mi fa rinsecchire il cuore e prendo in mano la Sacra Scrittura. Allora sì che tutto mi sembra luminoso, ed una sola parola apre la mia anima degli orizzonti infiniti, la perfezione mi sembra più facile: vedo che è necessario solamente riconoscere la propria nullità e che bisogna abbandonarsi come un bambino nelle braccia di Dio”[10].
La meditazione della Bibbia si può fare in diversi modi, poiché ci sono tanti modi quanti sono gli autori (sant’Ignazio, san Giovanni d’Ávila, santa Teresa, ecc.). Si può anche ricorrere, per meditare al meglio i testi sacri, della ricerca dei “sensi biblici”, pratica che trova le proprie origini nel IV secolo e che venne sintetizzata, come sembra, da Augustino de Dacia verso il 1286 nel seguente distico: Littera gesta docet, qui credas allegoria, Moralis quid agas, quo tendas anagogia.
Il senso letterale insegna i fatti, l’allegoria ciò che bisogna credere, Il senso morale ciò che bisogna compiere, l’anagogia ciò a cui dobbiamo tendere.
Propriamente parlando, si tratta solamente di due sensi: quello letterale e quello spirituale ed è quest’ultimo che si articola in altri tre, risultando così quattro sensi. Il senso storico o letterale è il senso stretto ed oggettivo delle parole: ciò che le parole danno ad intendere letteralmente. E’ il fondamento di ogni interpretazione, e gli altri sensi potranno essere validi solo quando si appoggiano su di esso senza contraddirlo, altrimenti si cade in un allegorismo arbitrario[11].
La Sacra Scrittura, però, avendo come autore lo stesso Dio che non solo si serve delle parole (come i poeti) ma anche può accomodare fatti ed avvenimenti per manifestare i propri misteri, ha anche un senso più profondo che è chiamato, per l’appunto, spirituale. E questo senso è triplice:
Il primo è chiamato senso allegorico, ed è quello per il quale le realtà dell’Antico Testamento sono figure del Nuovo: è il senso della storia di Israele, i cui eventi e personaggi furono profetici e figure della vita di Cristo. Afferma il Catechismo: “Il Nuovo Testamento esige d’essere letto alla luce dell’Antico. La primitiva catechesi cristiana vi farà costantemente ricorso. Secondo un antico detto, il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, mentre l’Antico è svelato nel Nuovo: «Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet»”[12]: il passaggio del Mar Rosso, per esempio, significa la vittoria di Cristo ed il battesimo; l’agnello pasquale, il sacrificio della croce e così via.
Abbiamo poi il senso anagogico, per il quale le realtà del Nuovo Testamento sono figura delle realtà future: la Chiesa sulla terra, così, è segno della Gerusalemme celeste, etc. Infine abbiamo il senso morale o tropologico per il quale gli avvenimenti di Cristo sono modello e figura del modo di operare di noi cristiani, come lo esplicita san Paolo: “Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi” (1 Cor 10,11).
La ricerca di questi sensi durante la preghiera, può costituire una fruttuosa meditazione che ci potrebbe portare a esperienze simili a quelle del beato Manuel Gonzalez vissute nell’esilio in Gibilterra: “Nella contemplazione del Vangelo, mi capita qualcosa di simile a quanto provo durante la visione del mare: entrambi, contemplati insieme mi preoccupano, con la loro grandezza mi lasciano perplesso e con i sensi paralizzati. Il mare suscita ai poeti tante cose, mi fa ammutolire… Quante sere e quante mattine di questi miei giorni di esilio dalla patria mi sento stupefatto davanti a questa immensità di acqua azzurra o scura dello stretto di Gibilterra! Ma ciò che mi nasconde la massa me lo suggeriscono i dettagli! La figura capricciosa che forma una roccia baciata o toccata dalla onda che va e che viene, il giochetto delle acque con la lancia delle barche che sale e scende come una gigantesca altalena, le sfumature e i cambiamenti di luce e colori che le nubi dal cielo formano sulla superficie dell’acqua, gli scogli che si occultano alla vista, e le diverse direzioni del vento: come distraggono e parlano e suggeriscono confronti tra di loro e gli altri dettagli del mare! Qualcosa di questo, diceva, mi capita con il Mare della luce, della santità e della bellezza che si chiama Vangelo: tutto a un tratto mi chiude la bocca, mi fa venir meno e sono come ubriaco; il dettaglio mi eleva e dispone a contemplare senza fatica e senza perplessità i tesori e le meraviglie che racchiude”[13].
[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 133.
[2] Una delle migliore edizioni italiane sia quella del R. P. Marco Sales, OP (Nuovo testamento è scaricabile in: http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/sine-ata,_Sancti_Auctores,_Evangelia_Quatuor_Actus_(Sales_Edente_AD_1911),_LT_IT.pdf
, anche se pesante). C’è una Bibbia on-line della Santa Sede: http://www.vatican.va/archive/bible/index_it.htm). Quella della CEI è sicura in quanto al testo.
[3] Santa Teresa del Bambin Gesù, Ultimi dialoghi, 4.8.5.
[4] Santa Teresa di Gesù, Vita, 25, 12.
[5] Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della bibbia nella Chiesa, III B, 3. Cfr. anche Dei Verbum 10: “L’ufficio poi d’interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo”.
[6] Il Catechismo afferma su questo stesso tema: “Però, essendo la Sacra Scrittura ispirata, c’è un altro principio di retta interpretazione, non meno importante del precedente, senza il quale la Scrittura resterebbe lettera morta: la Sacra Scrittura deve “essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta” [Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12]” (Catecismo de la Iglesia Católica, n. 111).
[7] San Giovanni d’Ávila, Audi filia, al verso Et inclina aurem tuam. Le note tra parentesi sono spiegazione nostra.
[8] Il Catechismo, al riguardo (nn. 84-87) afferma: “Il “deposito” (1Tm 6,20) [Cf. 2Tm 1,12-14 ] della fede (“depositum fidei”), contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, è stato affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. “Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni, in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una singolare unità di spirito tra vescovi e fedeli” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10]. “L’ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo”, [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10] cioè ai vescovi in comunione con il successore di Pietro, il vescovo di Roma. Questo “Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10]. I fedeli, memori della Parola di Cristo ai suoi Apostoli: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16), [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 20] accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie forme, dai Pastori”.
[9] Santa Teresa del Bambin Gesù, Storia di un’anima, ms. A 83v.
[10] Santa Teresa del Bambin Gesù, Lettere, n. 226.
[11] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 116.
[12] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 129.
[13] Beato Manuel González, Partículas del Evangelio.