Con occassione della festa di Pentecoste, presentiamo un riassunto del libro Dottrina Spirituale, del P. Louis Lallemant, SJ (gesuita)
CAPITOLO I: LA DOCILITÀ ALLA GUIDA DELLO SPIRITO SANTO
ARTICOLO 1 – In che cosa consiste tale docilità
- Quando un’anima si è abbandonata alla guida dello Spirito Santo, egli la innalza gradatamente e la dirige. Agli inizi[1] essa non sa dove va, ma a poco a poco la luce interiore la illumina e le fa vedere tutte le sue azioni e la guida di Dio nelle sue azioni, in modo che non le resta quasi altro da fare [2] che lasciar compiere a Dio in lei e per mezzo di lei ciò che a lui piace; così essa progredisce meravigliosamente.
- Abbiamo una figura della guida dello Spirito Santo nella condotta seguita da Dio nei confronti degli Israeliti dopo l’uscita dall’Egitto, durante il loro viaggio nel deserto per arrivare alla terra promessa. Egli diede loro come guida una colonna di nubi durante il giorno e di notte una colonna di fuoco. Essi seguivano il movimento di questa colonna e si fermavano quando essa si fermava; non la oltrepassavano mai, la seguivano soltanto, e non si allontanavano mai da essa. È così che noi dobbiamo comportarci verso lo Spirito Santo.
ARTICOLO 2 – Mezzi per giungere a questa docilità
I principali mezzi per corrispondere fedelmente a questa guida dello Spirito Santo sono i seguenti:
- Obbedire ciecamente ai voleri di Dio che conosciamo già [3]. Ve ne sono molti che non conosciamo, perché siamo pieni di ignoranza; ma Dio non ci chiederà conto se non delle cognizioni che ci avrà comunicate. Facciamone buon uso ed egli ce ne infonderà delle altre. Compiamo quei disegni che ci ha già fatto conoscere ed egli ci manifesterà gli altri in seguito.
- Rinnovare spesso il proposito fermo di seguire in ogni cosa la volontà di Dio, e confermarci in tale risoluzione il più possibile.
- Domandare incessantemente questa luce e questa forza dello Spirito Santo per adempiere i voleri di Dio; legarci allo Spirito Santo e tenerci attaccati a lui come san Paolo, che diceva ai sacerdoti di Efeso: « Legato dallo Spirito Santo, io vado a Gerusalemme » (At 20,22). Soprattutto all’inizio delle azioni più importanti domandare a Dio questa luce dello Spirito Santo e ripetergli sinceramente che non abbiamo altro desiderio se non di compiere la sua volontà. Dopo di che, se egli non ci dà nessuna nuova illuminazione, faremo, come prima, ciò che ci siamo abituati a fare e che ci sembra al momento la cosa migliore.
E per questo che all’inizio dei grandi avvenimenti, come l’apertura dei parlamenti, delle assemblee del clero, dei concili, si domanda l’assistenza dello Spirito Santo con delle Messe votive che si celebrano in suo onore.
- Scandagliare diligentemente i diversi movimenti della nostra anima. Con questa diligenza arriveremo a poco a poco a riconoscere ciò che proviene da Dio e ciò che non proviene da lui. In un’anima docile alla grazia ciò che viene da Dio porta ordinariamente pace e tranquillità؛ ciò che viene dal demonio è violento e porta con sé turbamento e ansietà[4].
ARTICOLO 3 ־ Obiezioni contro questa dottrina sulla guida dello Spirito Santo
Si fanno quattro obiezioni contro questa direzione interiore dello Spirito Santo.
1 – La prima è che sembra di scorgere in essa qualcosa di simile allo spirito interiore dei calvinisti.
Si risponde che, in primo luogo, è di fede che senza la grazia d’una ispirazione interiore, nella quale consiste appunto la guida dello Spirito Santo, non si può compiere alcuna opera buona; sostenere il contrario significa essere semipelagiani. In secondo luogo, i calvinisti hanno la pretesa di regolare tutto con il loro spirito interiore, sottomettendo ad esso persino la Chiesa e le sue decisioni, e non riconoscendo nessun’altra regola alla loro fede, poiché hanno inventato questa dottrina erronea per eludere la Tradizione, i concili e i santi Padri; invece la guida che noi riceviamo dallo Spirito Santo mediante i suoi doni suppone la fede e l’autorità della Chiesa, le riconosce come regola, non ammette niente che sia loro contrario e non tende che a perfezionare l’esercizio della fede e delle altre virtù.
2 – La seconda è che sembra che questa guida interiore dello Spirito Santo distrugga l’obbedienza dovuta ai superiori.
Si risponde, in primo luogo, che come l’ispirazione che non vogliono apparire ignoranti in cose di cui tuttavia non hanno né la scienza né l’esperienza.
3 – La terza è che questa direzione interiore dello Spirito Santo sembra rendere inutile ogni deliberazione o consultazione. Infatti, perché chiedere pareri o decisioni agli uomini quando si è diretti dallo Spirito di Dio?
Si risponde che lo Spirito Santo stesso ci porta a consultare le persone illuminate e a seguire le direttive degli altri. Così egli mandò san Paolo da Anania, per conoscere da lui ciò che doveva fare. Nelle consultazioni ordinarie della Compagnia, se il superiore è un uomo spirituale e interiore, i differenti consigli che gli verranno dati lo illumineranno per meglio conoscere la volontà di Dio e per discernere ciò che è più utile nelle presenti circostanze.
4 . La quarta obiezione viene da certuni che si lamentano di non avere affatto questa guida dello Spirito Santo e di non poter arrivare a conoscerla.
A costoro si può rispondere, in primo luogo, che i lumi e le ispirazioni dello Spirito Santo, necessari per fare il bene ed evitare il male, non mancano mai, soprattutto se si è in stato di grazia. In secondo luogo, che, vivendo del tutto protesi verso le cose esteriori, senza quasi mai rientrare in se stessi, non facendo i loro esami di coscienza se non molto superficialmente, non badando che all’esteriorità e alle mancanze che cadono sotto lo sguardo altrui, senza cercarne le radici nascoste, le passioni, le abitudini dominanti, senza esaminare lo stato e la disposizione dell’anima e i movimenti del cuore, non c’è da meravigliarsi se non conoscono la guida dello Spirito Santo, che è tutta interiore. Come potrebbero conoscerla? Non conoscono nemmeno i loro peccati nascosti, che sono da loro commessi e commessi liberamente. Ma la conosceranno immancabilmente se vogliono predisporvisi con le condizioni richieste; e cioè:
- Siano fedeli nel seguire la luce che è loro donata: essa andrà sempre crescendo.
- Evitino i peccati e le imperfezioni che, come tante nubi, sottraggono loro questa luce: di giorno in giorno vedranno più chiaro.
- Non permettano ai loro sensi esterni di smarrirsi o di macchiarsi per motivi di sensualità: Dio aprirà loro i sensi interni.
- Non escano mai, se è possibile, dal loro raccoglimento interiore, o vi ritornino al più presto, e stiano attenti a ciò che avviene nel loro interno: vi scopriranno gli impulsi dei diversi spiriti che ci fanno agire.
- Aprano sinceramente tutto il fondo del loro cuore al loro superiore o al loro direttore spirituale: un’anima che ha tale candore e tale semplicità non può mancare di essere favorita della direzione dello Spirito Santo.
CAPITOLO II: MOTIVI CHE CI SPINGONO A QUESTA DOCILITÀ
ARTICOLO 1 – La perfezione e la stessa salvezza di un’anima dipendono dalla sua docilità alla grazia divina
- I due elementi essenziali della vita spirituale sono la purificazione del cuore e la guida dello Spirito Santo. Essi sono i due poli di tutta la spiritualità [5]. Per queste due vie si giunge a essere perfetti secondo il grado di purezza che si è acquistato e la fedeltà che si è avuta nel cooperare agli impulsi dello Spirito Santo e nel seguire la sua direzione interiore.
Tutta la nostra perfezione dipende da questa fedeltà, e si può dire che la sintesi della vita spirituale sta tutta nel saper decifrare le vie e gli impulsi dello spirito di Dio nella nostra anima e nel fortificare la volontà nella risoluzione di seguirli fedelmente, orientando a questo fine tutti gli esercizi di pietà, la lettura spirituale, i sacramenti, la pratica delle virtù e le opere buone.
- Alcuni compiono molte belle pratiche e fanno una grande quantità di atti esterni di virtù; si buttano, per così dire, a capofitto nell’esercizio materiale delle virtù. Questo va bene per i principianti; ma è perfezione ben più grande il seguire l’ispirazione interiore dello Spirito Santo e agire secondo i suoi impulsi. È vero che in questo secondo modo di agire si prova minore soddisfazione sensibile, ma c’è più interiorità e più virtù..dalla nostra corrispondenza interiore alla guida dello spirito di Dio.
- Il traguardo a cui dobbiamo aspirare, dopo che ci saremo a lungo esercitati nella purezza di cuore, è di lasciarci talmente possedere e dirigere dallo Spirito Santo, che sia lui solo a guidare le nostre facoltà e i nostri sensi, e a regolare tutti i nostri movimenti interiori ed esteriori, mentre da parte nostra ci abbandoniamo interamente a lui con la rinunzia spirituale alla nostra volontà e alle nostre soddisfazioni personali [6]. Così non vivremo più in noi stessi, ma in Cristo, mediante una fedele corrispondenza alle operazioni del suo divino Spirito e un perfetto assoggettamento di ogni nostra ribellione al dominio della sua grazia [7].
- Poche persone sanno tesorizzare tutte le grazie che Dio elargisce loro o ripararne la perdita dopo averle perdute. La maggior parte delle anime mancano di coraggio nel vincersi e di fedeltà nell’usare bene dei doni di Dio. Una volta che siamo entrati nel sentiero della virtù, agli inizi camminiamo nell’oscurità [8], ma, se seguiamo fedelmente e costantemente la grazia, arriveremo immancabilmente a una grande luce, a vantaggio nostro e degli altri. Noi vorremmo diventare santi in un giorno e non abbiamo la pazienza di attendere il corso ordinario della grazia. Questo proviene dal nostro orgoglio e dalla nostra fiacchezza. Siamo invece fedeli a cooperare soltanto alle grazie che Dio ci fa ed egli non mancherà di portarci al pieno compimento dei suoi disegni.
- È certo che la nostra salvezza nella Compagnia, come in tutti gli istituti religiosi, dipende assolutamente della nostra corrispondenza alla guida dello Spirito di Dio. Se non seguiamo il Signore con assoluta fedeltà siamo gravemente in pericolo di perderci, e non si può dire quale torto facciamo alla Compagnia e alla Chiesa. Ora, quanti piccoli attaccamenti a colpe veniali rimangono in noi? quante imperfezioni? quanti progetti e desideri che non sono subordinati agli impulsi della grazia? quanti pensieri inutili rimuginiamo ogni giorno nella nostra mente, senza contare i pensieri di risentimento o di scoraggiamento?
Tutto ciò ritarda, più di quanto possiamo immaginare, il trionfo del regno di Dio in noi e porta un grave danno al prossimo, perché il Signore ci ha fatti suoi ministri di stato e ci ha affidato il suo sangue, i suoi meriti, la sua dottrina, i tesori della sua grazia: ufficio che, innalzandoci al di sopra della natura angelica, richiede che lo esercitiamo con la più perfetta fedeltà di cui siamo capaci. E invece desta meraviglia il vedere con quanta negligenza e infedeltà espletiamo il nostro sublime mandato
- Il nostro male più grande sta nell’opporci ai disegni di Dio e nel resistere, come purtroppo facciamo, alle sue ispirazioni; infatti o non le vogliamo accogliere o, dopo averle accolte, le respingiamo, oppure, dopo averle ricevute, le travisiamo e le inquiniamo con mille imperfezioni di attaccamenti sensibili, di compiacenza di noi stessi e di nostra soddisfazione personale.
Eppure il punto capitale della vita dello spirito consiste talmente nel disporci alla grazia mediante la purezza di cuore che, di due persone che si consacrano contemporaneamente al servizio di Dio, se l’una si dedica totalmente alle opere di bene e l’altra si applica interamente a purificare il suo cuore e a togliere da esso tutto ciò che si oppone alla grazia, quest’ultima arriverà alla perfezione due volte più in fretta che la prima.
Perciò la nostra più grande sollecitudine dev’essere non tanto di leggere molte opere spirituali, quanto piuttosto di prestare molta attenzione alle ispirazioni divine, che bastano con poche letture, e di essere estremamente fedeli nel corrispondere alle grazie che ci sono elargite.
Dobbiamo inoltre domandare spesso a Dio che ci faccia riparare prima della morte a tutte le perdite di grazia che abbiamo fatto, e ci faccia arrivare alla misura di meriti a cui voleva portarci secondo la sua prima intenzione, che noi abbiamo finora frustrato a causa delle nostre infedeltà; infine, che ci perdoni i peccati altrui di cui siamo stati causa, e ripari anche negli altri le perdite di grazia che hanno fatto per nostra colpa.
- Accade talvolta che, ricevuta da Dio una buona ispirazione, ci sentiamo subito assaliti da ripugnanze, da dubbi, da perplessità e da difficoltà, che salgono dal fondo della nostra natura corrotta e dalle nostre passioni contrarie all’ispirazione divina. Se l’accogliamo con piena sottomissione di cuore, essa ci riempirà di quella pace e di quella consolazione che lo spirito di Dio porta sempre con sé e che comunica alle anime nelle quali non trova resistenza [9].
- I lumi della grazia si accendono in noi a poco a poco, secondo la nostra disponibilità interiore, e si spengono pure allo stesso modo, lasciandoci nelle tenebre. Cosicché noi abbiamo il giorno e la notte e siamo un po’ simili a quelle popolazioni artiche, che hanno più o meno luce secondo che si trovano più vicine o più lontane dal polo. Orbene, noi dobbiamo aspirare a godere di un giorno ininterrotto, che splenderà nella nostra anima quando, dopo averla ben purificata, seguiremo costantemente la guida dello Spirito Santo.
ARTICOLO 2 – Vi sono poche anime perfette perché sono pochi coloro che seguono la guida dello Spirito Santo
- La ragione per cui non si arriva che molto tardi, o non si arriva mai, alla perfezione è che, in quasi tutte le cose, si segue soltanto la natura e il buon senso. Non ci lasciamo guidare che ben poco, o quasi per nulla, dallo Spirito Santo [10], la cui proprietà è di illuminare, dirigere e infervorare.
La maggior parte dei religiosi, anche di quelli buoni e virtuosi, nel dirigere se stessi, come pure nel guidare gli altri, non seguono che la ragione e il buon senso, in cui molti di loro eccellono. Questo è cosa buona, ma non è sufficiente per raggiungere la perfezione cristiana.
Tali persone si fanno guidare, per lo più, dal senso comune di coloro con i quali vivono, e siccome questi, benché la loro vita non sia sregolata, sono ben lontani dalla perfezione, perché il numero dei perfetti è molto esiguo, non arrivano mai alle sublimi vette dello spirito: vivono come vive la massa e il loro modo di dirigere gli altri è molto imperfetto. Lo Spirito Santo pazienta per qualche tempo, in attesa che costoro rientrino in se stessi e, discernendo nella loro anima le varie operazioni della grazia e della natura, si rendano disponibili a seguire la sua guida; ma, se essi abusano del tempo e del privilegio che egli offre loro, finisce con l’abbandonarli a se stessi e li lascia in quell’oscurità, in quell’ignoranza delle loro condizioni interiori che hanno fin qui ostentato, e nelle quali ormai vivono, con grande pericolo per la loro salvezza.
- Si può asserire con verità che pochissimi sono capaci di mantenersi costantemente nelle vie di Dio. I più se ne allontanano continuamente. Lo Spirito Santo li richiama con le sue ispirazioni; ma, poiché sono indocili, pieni di se stessi, attaccati alle loro opinioni, gonfi della loro saggezza, non si lasciano facilmente smuovere, non entrano che raramente nella scia dei disegni di Dio e non vi restano a lungo, ritornando presto alle loro illusioni e alle loro idee, che li portano a prendere grandi abbagli. In questo modo non fanno molti progressi e vengono poi sorpresi dalla morte quando hanno fatto venticinque passi dove potevano farne diecimila se si fossero abbandonati alla guida dello Spirito Santo.
Al contrario, le persone di vita interiore che si lasciano guidare dalla luce dello spirito di Dio, alla quale si sono predisposte mediante la purificazione del cuore e che ora seguono con perfetta docilità, camminano a passi da gigante e volano, per così dire, nelle vie della grazia.
ARTICOLO 3 – Sublimità della grazia e quanto è ingiusto opporvisi
- Dovremmo ricevere ogni ispirazione come una parola di Dio, che procede dalla sua sapienza, dalla sua misericordia e dalla sua bontà, e che può operare in noi effetti meravigliosi se non vi mettiamo ostacoli. Consideriamo che cosa la parola di Dio potè fare: creò il cielo e la terra, trasse dal nulla le creature per farle partecipare all’essere di Dio nello stato di natura, perché non trovò resistenza nel nulla. Essa opererebbe in noi qualcosa di più grande, se non le resistessimo. Ci trarrebbe fuori dal nulla morale per farci partecipi soprannaturalmente della santità di Dio nello stato di grazia e della felicità di Dio nello stato di gloria. E noi, per un piccolo punto d’onore, per un ufficio che accarezza la nostra vanità, per il meschino piacere d’un momento, per una inezia, ci priveremo di questi sublimi effetti della parola di Dio, delle sue ispirazioni e degli impulsi del suo spirito? Di fronte a questa triste realtà chi non ammetterebbe che la Sapienza ha avuto ragione di dire che «infinito è il numero degli stolti» (Sir 1,5)?
- Se potessimo osservare in che modo le ispirazioni di Dio sono ricevute nella nostra anima, vedremmo che esse rimangono, per così dire, alla superficie, senza penetrare in profondità, perché la resistenza che incontrano in noi impedisce loro di lasciare nell’anima la loro impronta: ciò deriva dal fatto che non offriamo abbastanza spazio alle cose dello spirito e non serviamo Dio con una perfetta apertura di cuore. Perciò, affinché le grazie producano il loro effetto nel cuore dei peccatori, occorre che vi entrino con strepito e violenza, perché vi incontrano grandi resistenze; ma nelle anime piene di Dio penetrano dolcemente e le riempiono di quella mirabile pace che accompagna sempre lo spirito del Signore. Al contrario, le suggestioni del demonio non lasciano nessuna traccia nelle anime buone, perché vi trovano dei princìpi del tutto opposti, che predominano in esse[11].
- Una delle nostre più grandi sventure è che siamo così sensuali e così ammaliati dalle cose della terra, che non ammiriamo, non stimiamo, non gustiamo se non ciò che ci abbaglia e lusinga i nostri sensi; e tuttavia è di fede che la più piccola ispirazione di Dio è una cosa più preziosa e più sublime del mondo intero, poiché è di ordine soprannaturale ed è costata il sangue e la vita d’un Dio.
Quale stoltezza! Siamo insensibili alle ispirazioni di Dio, perché sono spirituali e infinitamente alte al di sopra dei sensi. Non ne facciamo gran conto, preferiamo ad esse le doti naturali, gli uffici onorifici, la stima degli uomini, le nostre piccole comodità e le nostre soddisfazioni personali. Illusione macroscopica, di cui però la maggior parte di noi non si disinganna che all’ora della morte.
- Noi commettiamo due grandi ingiustizie verso Dio: la prima è che ammettiamo, si, di avere bisogno dello Spirito Santo e del suo aiuto, ma gli impediamo di dirige re la nostra anima e vogliamo amministrare noi stessi le sue grazie, senza dipendere dalla sua santa guida nel loro uso e nelle nostre vie interiori: questo è usurpare i suoi diritti e arrogarci il suo compito, poiché non spetta che a lui dirigere le anime. La seconda che, mentre il vertice della nostra anima tende istintivamente a Dio solo, noi lo soffochiamo sotto una colluvie di interessi terreni, con suo grande danno; e invece di dilatarlo e ampliarlo all’in finito mediante la familiarità con Dio, lo restringiamo enormemente, colmandolo di tanti piccoli miserabili oggetti da nulla. Ecco quello che ci impedisce di arrivare alla perfezione.
ARTICOLO 4 ־ Lo Spirito Santo esercita l’ufficio di consolatore delle anime fedeli
Sant’Atanasio fa notare che in tutto l’Antico Testamento non si fa mai menzione dello spirito Santo sotto il nome di Consolatore, Paraclitus. La ragione è spiegata in queste parole di Nostro Signore: «Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, ve lo manderò» (Gv 16,7). Era necessario che il Verbo incarnato entrasse nella gloria prima di mandare lo Spirito Santo come Consolatore.
La consolazione interiore che lo Spirito Santo comunica è assai più vantaggiosa di quanto lo sarebbe stata la presenza corporale del Figlio di Dio[12]. Per questo Gesù diceva ai suoi discepoli: «È utile per voi che io me ne vada» (Gv 16,7).
Lo Spirito Santo ci consola particolarmente in tre cose.
In primo luogo, nell’incertezza della nostra salvezza, che è davvero terribile, poiché tutti i nostri sensi, interni ed esterni, tutte le nostre facoltà, tutte le nostre passioni, tutte le nostre azioni sono per noi dei princìpi di dannazione eterna.
Questa è una verità di fede, perché senza la grazia, nello stato di natura corrotta in cui viviamo, tutto in noi è viziato e la maggior parte delle nostre azioni sono cattive e spesso degne di condanna. Inoltre tutti gli oggetti che ci si offrono dal di fuori sono altrettante esche del peccato: le ricchezze, gli onori, i piaceri, tutto è pieno di tranelli.
A ciò si deve aggiungere che non possiamo meritare la perseveranza finale, e se la direzione e la protezione di Dio ci vengono a mancare, come a Salomone e a Tertulliano, periremo come loro. Questa incertezza faceva tremare i santi; ma in questa angoscia ci consola lo Spirito Santo, che è «lo Spirito di adozione dei figli di Dio» e, come dice san Paolo, «il pegno e la garanzia dell’eredità celeste». Quando si è ricevuto questo pegno, e si è avuta una conoscenza sperimentale di Dio, è abbastanza raro che si arrivi alla dannazione. Lo Spirito Santo dona «alle anime fervorose e fedeli la testimonianza interiore di appartenere a Dio e di avere Dio in sé; e questa testimonianza bandisce da loro ogni timore, riempiendole di consolazione-
In secondo luogo, lo Spirito Santo ci consola nelle tentazioni del demonio e nelle avversità e tribolazioni della vita. L’unzione che egli effonde nelle anime fedeli le sostiene, le fortifica e le aiuta a riportare vittoria: essa addolcisce le loro pene e fa loro trovare delizie nelle stesse croci.
In terzo luogo, lo Spirito Santo ci consola nelle sofferenze dell’esilio in cui ci troviamo quaggiù, lontani da Dio, la qual cosa cagiona alle anime sante una pena indicibile; infatti queste anime sentono fortemente in se stesse il vuoto quasi infinito che proviamo in noi e che non può essere colmato da nessuna creatura, ma solo dalla gioia di Dio[13]. Finché sono separate da lui esse languiscono e soffrono un doloroso martirio, che riuscirebbe loro insopportabile senza le consolazioni che lo Spirito Santo dona loro di tanto in tanto, mentre tutte le gioie che vengono dalle creature non servono che ad aumentare il peso della loro angoscia. «Io oso assicurare — dice Riccardo da san Vittore — che una sola goccia di queste divine consolazioni può fare quello che tutti i piaceri del mondo non potrebbero fare. Questi non possono appagare il cuore; mentre una sola goccia della dolcezza interiore che lo Spirito Santo versa nell’anima la rapisce fuori di sé e le causa una santa ebbrezza». [14]
[1] Cf. p. 128, nota 4.
[2] Quello che Lallemant dice sulla guida dello Spirito Santo potrebbe essere paragonato alle Regole del discernimento degli spiriti nella seconda Settimana degli Esercizi (nn. 328-336). È anche una scuola di passività, in cui non abbiamo « quasi altro da fare » che imparare a lasciarci condurre da Dio.
[3] Non vi è discernimento né azione « spirituale » al di fuori dell’obbedienza. Cf. p. 183.
[4] Cf. Regole di discernimento della seconda Settimana: « È proprio di Dio e dei suoi angeli il donarci, con le loro mozioni, la vera gioia e allegrezza spirituale, sopprimendo ogni tristezza e turbamento che ci viene ispirato dal nemico » (329).
[5] Questa osservazione fa, a giusto titolo, dei Principi terzo e quarto il centro della ־Dottrina spirituale.
[6] Come la purezza di cuore, la docilità allo Spirito Santo è anzitutto una questione di abnegazione.
[7] Vi è uno stretto legame tra il discernimento e l’abnegazione, perché c’è un vincolo personale tra Cristo e lo Spirito di Gesù.
[8] Cf. p. 128, nota 4. La luce in cui il discernimento ci stabilisce è donata, inseparabilmente, per noi e per gli altri: ecco l’impronta apostolica di questa spiritualità.
[9] Cf. Regole di discernimento della seconda Settimana: « L’uomo spirituale a cui Dio dona questa consolazione deve esaminare con molta vigilanza e attenzione, discernendo il tempo stesso di questa consolazione dal tempo che la segue (…). Sovente, infatti, durante questo secondo tempo, riflettendo su noi stessi, partendo dai vincoli e dalle deduzioni delle nostre idee e dei nostri giudizi, o sotto l’effetto dello spirito buono o di quello cattivo, noi formuliamo diversi progetti od opinioni, che non sono date direttamente da Dio nostro Signore » (336).
[10] La proprietà dello Spirito Santo è di illuminare, dirigere, riscaldare. Lallemant si ispira qui alle Regole di discernimento della prima Settimana ■. « È proprio dello spirito buono dare coraggio, forza, consolazione… » (315). La consolazione è uno stato « per mezzo del quale l’anima resta infiammata nell’amore del suo Creatore e Signore » (316).
[11] «A quelli che procedono di bene in meglio l’angelo buono tocca l’anima dolcemente e soavemente, come una goccia d’acqua che entri in una spugna; mentre il cattivo la tocca acutamente con strepito e inquietudine, come quando la goccia d’acqua cade sulla pietra. Invece i suddetti spiriti toccano in modo contrario quelli che procedono di male in peggio» (Esercizi spirituali, o. c., n. 335).
[12] II ruolo dello Spirito consolatore nasce dalla partenza e dall’assenza del Cristo.
[13] È lo Spirito di Dio che può, egli solo, colmare il vuoto di cui parla il Primo Principio.
[14] « Audacter dico quod sola una huius mellis stilla potest quod totus mundus non potest. Cor quidem copia mundi non satiat, una huius dulcedinis stilla inebriat » {De missione Spiritus Sancii sermo: PL 196, 1027).