SAN TOMMASO DI AQUINO ed i SALMI

  1. L’autore del libro dei salmi           

Davide con l’arpa suonando i salmi. Affresco del XVIII sec nella Cattedrale di Hajdúdorog

Per San Tommaso di Aquino non ci sono dubbi che Dio è l’autore di tutta la Scrittura (Summa Theologiae I, q.1, a.10c). Solo in questo modo è possibile di capire la sua esegesi. Nel Proemium al suo commento (o ‘expositio’) insegna che mentre le scienze sono state concepite dalla ragione dell’uomo, la Sacra Scrittura è stata “per instinctum inspirationis Divinae” come indica chiaramente il principe degli Apostoli: Nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo (2 Pt 1,21).

Nel libro dei Salmi, il principale profeta che ‘presta’ la sua voce allo Spirito Santo è il Re Davide. Ecco perché si dice: (2 Sam 23,2) Lo spirito del Signore ha parlato per mio mezzo e la sua parola è stata sulle mie labbra. Come parlava Dio a Davide, secondo San Tommaso? Del modo più perfetto; non tramite immagini o cose sensibili, bensì: «per ipsius veritatis manifestationem /…/, qui solius spiritus sancti instinctu sine omni exteriori adminiculo suam edidit prophetiam /…/, nude doctus fuit de veritate» (“per la manifestazione della stessa verità /…/, espresse la sua profezia per il solo istinto dello Spirito Santo, senza nessun aiuto esterno /…/, fu dottore della pura e semplice verità”).[1]

Davide è consapevole di aver ricevuto il dono della profezia. Nel commento al salmo 50 (Miserere), San Tommaso scrive: «Incerta ergo manifestasti mihi, idest illa quae de sui natura habent variabilitatem: et haec fuerunt sibi revelata, ut patet in Psalmo» (“Mi hai rivelato le cose incerte – afferma Davide-; cioè quelle che dalla sua propria natura sono variabili; e queste furono a lui rivelate, come consta nel Salmo”) [cfr. v.8]. Nel contesto precedente, San Tommaso aveva detto che la materia propria della profezie erano le cose ignote (“incerte ed occulte”), e queste potevano essere di due modi: per eccesso o per difetto. Nel primo caso sono le cose che toccano la sostanza divina (le verità divine), perché eccedono la nostra capacità; nel secondo caso sono i futuri contingenti, perché per loro natura non hanno la verità determinata, ma gli furono rivelate a Davide dallo spirito di profezia.[2]

Tra le cose che furono rivelate a Davide, di modo particolare si trova il mistero dell’Incarnazione: Tutto il Salterio parla dell’Incarnazione. Afferma San Tommaso: (“Tutto quello che appartiene alla Fede nell’Incarnazione, si può intravedere dilucidato in quest’opera, come si fosse lo stesso Vangelo, e non già profezia”) «Omnia enim quae ad fidem incarnationis pertinent, sic dilucide traduntur in hoc opere, ut fere videatur Evangelium, et non prophetia».[3] Proprio su quest’argomento, San Tommaso dirà nella Summa Theologiae: «La profezia di David si avvicina a quella di Mosè rispetto alla visione intellettuale; poiché entrambi ricevettero una rivelazione della verità intelligibile e soprannaturale, senza visioni immaginarie. Tuttavia la visione di Mosè fu superiore nella conoscenza della divinità: mentre David conobbe ed espresse in modo più completo i misteri dell’incarnazione di Cristo».[4]

  1. I tipi di salmi secondo San Tommaso

E’ evidente che il Santo Dottore non conosceva i generi letterari nel senso in cui sono formulati modernamente, pur se ci presenta comunque degli interessanti spunti circa l’argomento.

Nel Proemium afferma che nella Scrittura ci sono diversi modi di parlare: narrativo, ammonitore o esortativo, disputativo ed, infine, deprecativo o laudativo, che si trova nei Salmi. “Quello che in altri libri si dice secondo i modi esposti sopra, qui è impostato in base alla modalità di lode e di preghiera”. Quindi, continua il santo, il titolo di questo libro è «Hymnorum seu soliloquiorum Prophetae David Christo» (“Degli inni o soliloqui del profeta Davide su Cristo”).           Un inno consiste nella lode a Dio fatta con il canto; è poesia, ma è anche preghiera, ed ancora di più: la finalità del libro è che l’uomo si elevi a Dio tramite la preghiera.

  1. Materia del Salterio

            Altri libri della Scrittura hanno una materia o oggetto speciale, tuttavia, qui l’oggetto è universale, essendo materia di tutta la teologia.

Nel Salterio si parla di tutte le opere di Dio. La prima è la creazione; quante volte il salmista scoppia in lode al Creatore per la bellezza e l’armonia del suo lavoro: “vedevo il cielo, opera delle tue dita” (Sal 8,4).

In secondo luogo abbiamo l’opera del Governo: Dio è Signore della storia come lo provano tutte le storie dell’AT riprodotti su questo libro. E’ significativo l’analisi che rende sul Sal 9,17 (“in manum operibus suarum comprehensus est peccator“: nelle opere delle sue mani inciampò il peccatore): La sapienza divina tutto guida dolcemente, facendo sì che ogni cosa a suo modo, tenda verso un fine: «… sic per ea quae per cogitant peccatores offendere, incidunt in poenas» (“proprio per quelle cose per le quali pensano i peccatori di offendere, incorrono nelle pene diverse”). Proprio su questa opera o ‘lavoro’ di Dio si fondamenta il senso tipico della Scrittura: la stessa storia diventa parola pronunciata da Dio.

Poi – continua il Santo- abbiamo l’opera di riparazione, la quale corrisponde a Cristo Capo ed in quanto a tutti gli effetti della grazia. Durante l’intero commento si dedica specificamente a cercare quest’opera, che non è altra che l’Incarnazione.

Il quarto lavoro è la glorificazione, che non assumerà nell’esegesi di Tommaso d’Aquino uno spazio molto grande, anche se viene indubbiamente certe volte pregata e profetizzata dal Salmista, come nel salmo trionfante 149.

Dire che la materia è universale ci ricorda la ricchezza del suo contenuto. Accade, infatti, che tutto guarda a Cristo, come afferma San Paolo: Poiché piacque a tutta la pienezza di risiedere in lui e di riconciliarsi, per suo mezzo, tutti gli esseri della terra e del cielo (Col 1, 19-20).

L’interpretazione del salterio di San Tommaso è non solo cristologica, ma anche ecclesiologica. Così troviamo Cristo che parla in alcuni salmi per lui e per i suoi membri, come ad esempio nel Sal 30, dove affermerà: “Christus et Ecclesia sunt una persona”.

  1. Due regole di interpretazione dei salmi

1 – Regola negativa:  Bisogna evitare l’errore di Teodoro di Mopsuestia, chi diceva che nella Scrittura nulla si diceva espressamente su Cristo, ma che tutto si ‘adattava’ a lui (cioè, riduceva ogni possibile senso cristologico ad una mera interpretazione; o ad un mero senso accomodato). Queste idee sono state respinte dal Concilio ecumenico V di Costantinopoli ed anche condannato dal Papa Virgilio in 553 (PL 69,84ss).

2 – Regola positiva: Si serve da un principio di San Girolamo esposto nel suo commento ad Ezechiele: «sic sunt exponendi de rebus gestis, ut figurantibus aliquid de Christo vel ecclesia»: “in questa maniera sono esposti degli eventi, come prefigurando qualcosa di Cristo o della chiesa”.[5]

Dirà San Tommaso: «idea Spiritus sanctus ordinavit quod quando talia dicuntur, inserantur quaedam quae excedunt conditionem illius rei gestae, ut animus elevetur ad figuratum» (“idea che lo Spirito Santo ordina quando tale cose vengono dette, inserendo quello che eccede le condizione di quelle gesta, in modo che l’animo si elevi allo figurato”).

Ad esempio, quando il profeta Daniele profetizza su Antioco e la sua persecuzione contro i giudei, tante delle cose dette non si sono verificate nella sua vita. Antioco era figura dell’Anticristo; quello che si legge e che eccede gli eventi della sua storia, è proprio quello che si compirà nell’anticristo.

  1. La presenza di Cristo nel Salterio secondo San Tommaso di Aquino

San Tommaso vedrà nei Salmi, l’immagine di Cristo svolgersi chiaramente in tutti i suoi misteri. Per quel motivo la tradizione della Chiesa ha amato tanto i salmi.

          Tenete a mente il concetto di “figura”, che è ricco ed ampio, anche se a prima vista sconcertante, come sottolineato dalla regola lasciata da San Girolamo. Questo è visto nell’analisi di alcuni testi che si potrebbero moltiplicare quanto lungo il commento. Per primo vedremo i testi interpretati cristologicamente come senso semplicemente tipologico, cioè, i personaggi e gli eventi della vecchia legge che contenevano il Nuovo. Poi vedremo i passaggi in cui San Tommaso afferma che le figure sono superate dalla lettera che le significa. Infine ci occuperemo di alcuni salmi o versi in cui si parla letteralmente di Cristo.

           A) Cristo semplicemente figurato

            a) Secondo il senso allegorico (tipologico):

            Si potrebbe praticamente illuminare tutta la cristologia. Daremo nonostante soltanto alcuni esempi:

* Davide, ad esempio, supplica il Signore quando è perseguitato da Saul: Fino a quando, o Signore, mi terrai in oblio? (Sal 13 [12],2). Questa è la storia; il lamento del profeta è però il typo (figura) del grido dei padri dell’Antico Testamento che vedendo il peccato che li circondava aspettavano l’Incarnazione. Essi gridavano a Dio che sembrava dimenticarli quando differiva l’invio del rimedio per tanti mali. “Per quanto tempo allontanerai il tuo volto?”; cioè, quanto tempo ancora la tua presenza ci separerà? San Tommaso spiega che speravano con tanto ardore la venuta del Messia per diversi motivi, uno dei quali era che questa venuta implicava l’esaltazione della natura umana, così come una donna ignobile viene esaltata se sposa uno di nobile stirpe.[6]

* Dio ascolta queste suppliche e condiscende nel dire: Allora piegò i cieli e discese, con una nube sotto i suoi piedi (Sal 18 [17],10). Di “modo mistico” (mystice) – come San Tommaso chiama dalle volte il senso allegorico – si presenta qua il mistero dell’Incarnazione, per il quale il Signore discese prendendo forma umana.

* Nel Salmo 26,5 si dice: Egli mi custodirà nel suo tabernacolo, mi nasconderà nell’interno della sua tenda, sulla roccia, in alto, mi collocherà. Secondo la lettera appartiene a Davide quando fuggiva da Saul “nelle grotte di Engadì” (1 Sam 24,1). Misticamente però, questo tabernacolo ci parla dell’umanità assunta da Cristo nella quale ci nascose mediante la Fede e la Speranza, secondo quello di San Paolo: La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3).

* Davide penitente chiede l’aspersione purificatrice (Sal 50,9: Purificami con issopo e sarò mondato), la quale fa allusione all’acqua lustrale, che si mescolava con le cenere di una mucca rossa, la quale era figura del Messia (il rosso significando il sangue). In qualche modo, sta chiedendo venire purificato dal sangue del Signore, secondo 1Pt 1,2: Nella santificazione dello Spirito all’obbedienza ed alla purificazione del sangue di Gesù Cristo.

           Come osserviamo, di solito i riferimenti in figura nei Salmi (o altrove nell’antico Testamento, vengono corroborati da una parola o testo esplicito e letterale nel Nuovo Testamento). Questo evita l’ambiguità o l’equivocità nell’interpretazione, al tempo che garantisce che si possa argomentare a partire del senso letterale. Si applica così quella regola che San Tommaso stabilisce in S. Th I, q.1, a.10, ad1: «E così non c’è da temere delle confusioni nella sacra Scrittura, perché tutti gli altri sensi si fondano su un solo senso, quello letterale, dal quale solo è lecito argomentare, e non già dal senso allegorico, come nota S. Agostino. Né per questo viene a mancare qualche cosa alla sacra Scrittura, perché niente di necessario alla fede è contenuto nel senso spirituale, che la sacra Scrittura non esprima chiaramente in senso letterale in qualche altro testo».

* Alcuni salmi hanno carattere ecclesiologico. Il titolo del Salmo 8 è: In finem pro torcularibus (“per i frantoi”). San Tommaso, pur si assaggia un’interpretazione letterale, dirà alla fine che il frantoio è la Chiesa, secondo quello di Isaia 5,2: Vi piantò delle viti scelte, vi costruì in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio per pigiare l’uva.

* San Tommaso parla poche volte nei commenti sul senso anagogico che è uno dei sensi spirituali. Lo applica, ad esempio, a proposito del Sal 13 [12],2 visto sopra: Fino a quando avrò l’ansia nell’anima e l’affanno nel cuore tutto il giorno? applicandolo ai santi che attendono il giorno della Parusia, secondo quello di Is 25,8: Asciugherà il Signore ogni lacrima del suo volto; ed anche Sap 3,8: I santi giudicheranno le nazioni.

            b) Secondo il senso morale:

            Questo senso appartiene alle membra di Cristo, ma non solo “in tanto che membra” (senso allegorico) ma “in quanto ai suoi propri atti” (senso morale).[7]

* il salmo 26,12: Son sorti contro di me falsi testimoni, si verificò storicamente nella vita di Davide (le accusazioni di Doeg, l’idumeo) ed allegoricamente in Cristo (cfr. Mt 26, 39-61). Fin qua sarebbe senso tipologico, ma San Tommaso dice che si applica pure in senso morale; si applica, infatti, a qualsiasi giusto contro il quale si alzano “falsi testimoni”, che possono essere perfino i falsi dottori che spingono ad altri ad allontanarsi dalla retta via, come detto da Isaia (5,20): Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene.

E’ degno di menzione, anche, l’introduzione fatta al Miserere. Davide parla in altri salmi di altre persone; questo invece, lo compose per se stesso. Dichiara la sua colpa e il perdono ricevuto. Dio ha voluto che lui manifestasse la sua colpa per beneficio ed insegnamento nostro; ecco il senso morale. Quello che fece Davide, malgrado la sua familiarità con Dio, sarà utile ai giusti, perché non presumano della loro giustizia. E sarà utile anche ai peccatori, per non disperare, vedendo al re, prima peccatore, adesso penitente e perdonato. Si vede dunque il criterio per l’applicazione tipologica; non in qualsiasi parte, ma lì dove la stessa Scrittura l’autorizza.

           B) Cristo figurato e con allusione nella lettera

            Come annunciato nel Proemium, tra il senso letterale ed il tipologico c’è un’altra possibilità, e si dà quando secondo la lettera si dicono delle cose che non si verificano nella figura, ma nel figurato.

* Salmo 31 (30): Davide parla dei pericoli che giacevano in attesa, annunciando in senso figurato le tribolazioni del Signore e della sua Chiesa, ma di modo così patetico e così vicino al Vangelo, soprattutto nel v.6: Nelle tue mani affido il mio spirito, che San Tommaso praticamente dimentica il Davide storico e si concentra sul figurato, quasi letteralmente applicando il Salmo a Cristo. Ed allora spiega, ad esempio, il v.2: In te, Domine, speravi, giacché, se si dicesse di Cristo alla lettera, si potrebbe concludere (cosa?) che ha avuto la virtù della Speranza, e che allora era viatore e non ‘compreensore’. Dopo allora di distinguere la virtù (speranza) ed il suo atto proprio, nessuno dei quali erano presenti in Cristo, dirà comunque che Lui aspettò “certe cose”, come la gloria dell’immortalità e la conversione degli uomini.

* Nel salmo 18, ad esempio: I cieli narrano la gloria di Dio, dirà che ‘secundum figuram’ si applica a Dio in quanto l’ordine del cielo e la bellezza parlano della gloria del Creatore, ma ‘secundum autem veritatem’, capiamo per “cieli” gli stessi Apostoli, nei quali Dio abita come in un cielo, dandoci delle citazioni della Scrittura (fino a cinque) per le quali possiamo chiamare gli Apostoli in questo modo. Specialmente nei vv. 5b-7: Nel cielo ha messo il suo Tabernacolo …; vede con molta forza nel ‘sole’ l’immagine di Cristo, perché sono molte profezie che applicano a Cristo questo paragone. “Sole”, allora, non è soltanto una semplice figura applicata in un secondo momento a Cristo, ma piuttosto un modo di nominarlo. Il “sole esce a ricorrere il suo cammino” potrebbe riferirsi alle guarigioni operate da Cristo (cfr. Atti 10,38).

Il v.6: Esce da una estremità dei cieli, e il suo giro arriva fino all’altra estremità; si riferisce all’uscita del Verbo dal seno della Trinità ed il suo ritorno (cfr. Gv 16,28: Sono uscito dal Padre e venuto nel mondo. Adesso lascio un’altra volta il mondo e torno al Padre).

* Nell’introduzione al salmo 21 presenta qualcosa detta già nel Proemium: «Come si è detto sopra, proprio come negli altri profeti, ecco si tratta di alcuni eventi presenti in quanto erano una figura di Cristo e queste cose appartengono alla profezia stessa. E per questo motivo a volte sono messe alcune cose che appartengono a Cristo, che quasi superano la virtù dei narratori …»

Possiamo puntare ad alcune conclusioni:

– Appare chiaro che siamo in presenza di profezie e di non semplice allegoria.

– Queste “figure” hanno un senso storico; così le parole del testo possono riferirsi a loro, pur se secondariamente. Secondo San Tommaso sembra che il salmista vede Cristo a distanza, ma chiaramente percepito; più vicino, invece, troviamo il Davide storico, ma come sfocato; la visione nitida è incentrata su Cristo, il vero David.

– La spiegazione cristologica di questa figura è parte della profezia stessa. Ecco perché, Davide, ad esempio, conobbe chiaramente – secondo il Proemium il mistero di Cristo.

– Quando il testo sacro presenta queste figure lo fa a volte andando al di là della realtà storica del tempo descritto nel testo. Non resta, quindi, pensare che la Nuova Legge annunciata, ma ancora non presente, sarà quella, dove si realizzerà il senso letterale. E’ simile a quello che San Tommaso descrive nella II-IIae, 173, a.4: «Nella rivelazione profetica la mente del profeta è mossa dallo Spirito Santo come uno strumento inadeguato è mosso dall’agente principale. Ora, la mente del profeta non solo viene mossa a conoscere, ma anche a parlare e ad agire: talora a tutti e tre insieme questi atti, talora a due, o ad uno soltanto. E ciascuno di essi può avvenire con qualche difetto di conoscenza (…) Si noti però che anche i veri profeti non conoscono tutto quello che lo Spirito Santo voleva intendere nelle loro visioni, parole ed operazioni, perché la mente del profeta è uno strumento inadeguato».

            C) Cristo espresso nella lettera

            * Sal 39: Senza allusioni maggiori alla situazione storica, Tommaso sentenza che questo salmo ‘mystice’ versa sul passaggio dell’Antica alla Nuova Alleanza, specialmente tra i vv. 6-11. E questo giustifica il titolo: In finem psalmus David, vale a dire, il Nuovo Testamento che è il fine dell’Antico,[8] come si dice in Rom 10 (finis legis Christus) e anche in 1 Tim 1: finis praecepti est caritas.

             Tutta la mia speranza io posi nel Signore… (v.1; 40,1 nelle edizioni moderne): si può dire di Davide che ‘in persona sua’ aspettava molte volte l’assistenza divina. Come parla nella persona della Chiesa, “è meglio” prenderlo come del genere umano che aspetta la grazia del Nuovo Testamento.[9]

            Mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal pantano fangoso … (v.3; 40,2): Qui Aquino offre una serie di appropriazioni del senso di queste parole. Può essere David, che nella sua vita ha sofferto delle miserie temporali. Ma è importante notare che non è la storia di Davide il punto di partenza di un riferimento cristologico, ma piuttosto è citato per giustificare le circostanze della composizione del salmo, o in occasione della profezia. A partire, infatti, del versetto seguente l’unica interpretazione letterale possibile è quella della nuova economia. A proposito di: dal pantano fangoso (de luto fecis), San Tommaso dirà che simile espressione si applica propriamente al “regno degli inferi”, e da questo regno soltanto Cristo è quello che può liberare, e di fatto, libera. Anche il dire: ha messo i miei piedi sulla pietra; la vera roccia è Cristo, di accordo a 1 Cor 10.

v.4: Pose sulla mia bocca un cantico nuovo, una lode per il nostro Dio. San Tommaso lo rapporta al Nuovo Testamento, dove permanentemente si afferma che Cristo ha fatto delle cose nuove, e talvolta anche sotto il segno della ‘voce’ (paragonabile al ‘cantico’ di cui si parla qui): Cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi (2 Cor 13,3); Ecco: «faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5); 2 Cor 5,17: Quindi se uno è in Cristo, è creatura nuova; le vecchie cose sono passate, ne sono nate di nuove! Era già annunciato dall’A.T.: Ha creato il Signore una cosa nuova nel paese: la donna corteggerà l’uomo! (Ger 31,22)

v.7: Sacrifici e offerte tu non gradisci, le orecchie mi hai ben aperto! Olocausto e sacrificio per il peccato tu non domandi.

Se i sacrifici della Legge Antica non erano più gradevoli a Dio, San Tommaso si domanderà perché erano ancora comandati. Questi sacrifici avevano una doppia funzione: figurare il sacrificio redentore e proteggere gli uomini di quel tempo contro la tentazione dell’idolatria, perché offrissero solo al Dio vero. Ma con l’arrivo della nuova legge, deve cessare la figura e la realtà risplendere.

Riguardo l’espressione: le orecchie mi hai ben aperto (o predisposto) (aures autem perfecisti mihi) alcuni testimoni importanti della LXX presentano ‘corpo’ invece di ‘orecchi’, essendo questa la versione che passò al salterio [10], perché così è stato citato dalla Lettera agli Ebrei (10,5): Sacrifici e offerte non gradisti, eppure mi hai preparato –predisposto- un corpo. San Tommaso dice che si può interpretare di uno u altro modo. Il testo ebraico parla chiaramente di ‘orecchi’: Gli orecchi mi hai cavato.

vv.8-9: Allora dissi: «Ecco, vengo! Nel rotolo del libro per me c’è scritto; che faccia la tua volontà». Alcuni vorrebbero applicare queste parole a Davide; si applicano invece, interamente a Cristo, come lo fa l’Apostolo nella lettera agli Ebrei (10,7).[11] L’Apostolo ripeterà tutte e due versetti del salmo ancora in Eb 10, 8-9. San Tommaso aggiunge pure che perfino quell’ «allora» (tunc in latino) ha un significato speciale; designa la causa e necessità della venuta di Cristo, dal momento che i sacrifici non erano più gradevoli a Dio, come dichiarato da Eb 10,4: È impossibile infatti che il sangue dei tori e dei capri tolga i peccati.

* Il Salmo 49 parla – di accordo a San Tommaso – del giudizio di Dio secondo la lettera: Viene il nostro Dio e non tacerà; fuoco divorante va davanti a lui e tempesta possente gli sta tutt’intorno (50 [49],3). Secondo San Tommaso, questo si applica alla seconda venuta di Cristo.

* Sal 21: Di questo salmo San Tommaso dirà specialmente che “eccede la virtù delle cose accadute storicamente”: «quae excedunt quasi virtutem historiarum». E poi, aggiunge: «E tra le altre cose, in particolare, questo Salmo si occupa della Passione di Cristo. Ed allora, questo è il suo senso letterale. Questo motivo particolare, questo è il salmo nella sua passione quando ha chiamato a lui: Eli, Eli, lamma sabactani: che è la stessa che: Dio, mio ​​Dio, e così via, mentre inizia il salmo. Di conseguenza è lecito pensare che figurativamente questo salmo parla di Davide, tuttavia è soprattutto alla lettera si riferisce a Cristo».

            Tutto porta a San Tommaso a considerare questo salmo letteralmente come di Cristo, anche la condanna a Teodoro di Mopsuestia, che esponeva questo salmo come letteralmente di Davide.

           Fin dall’inizio la figura di David svanisce e risplende quella di Cristo, che sulla croce ha rivendicato per sé il ruolo di questo salmo: “Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Ma Cristo può letteralmente dire “abbandonato” dal Padre suo? Ario ha concluso che nella morte del Signore, la divinità viene separata dall’umanità. In realtà, spiega Tommaso, una persona può dirsi “abbandonata” da Dio quando Egli non è effettivamente presente per liberarla dal pericolo. Così Cristo si sente abbandonato perché Dio non gli ha risparmiato la sofferenza della sua carne.

v. 2b: tenendo lontano il mio grido d’aiuto, le parole del mio gemito. In latino, la Vg presenta: longe a salute mea verba delictorum meorum; parla cioè più di ‘delitti’ o ‘peccati’ che di gemiti o lamenti (viene dalla LXX, che traduce come paraptōma: trasgressioni). San Tommaso si domanda allora, come è possibile che un salmo applicato a Cristo di modo letterale, parli di ‘peccati’ o ‘delitti’ attribuiti a Cristo?

Ma Cristo – dice l’Aquinate – è uno con il suo Corpo, la Chiesa; dunque, esclama giustamente: “Longe delictorum meorum verba sunt” (v 2b); non essendo questi delitti i reati del capo, ma dai suoi membri peccatori. Accade che ciò che appartiene ai membri, Cristo lo dice di se stesso. Così Cristo e la Chiesa parlano come una persona. Analizza Tommaso l’intero salmo in riferimento alla Passione del Signore. In sue parole: «Appare tanto lucida (la Passione) in questo salmo, che può essere chiamato più ‘vangelo’ che ‘profezia’.[12]

Dal v.7 al v.19 Tommaso dice che in ogni passo la Passione è raccontata. Gli uomini deridono Cristo rinfacciandoli la sua speranza: «S’è affidato al Signore, lo liberi, lo salvi, se davvero gli vuol bene» (v. 8/9a), che si verifica sulla Croce, quando dissero a Gesù: «Ha confidato in Dio, lo liberi ora, se lo ama. Ha detto, infatti: “Sono Figlio di Dio”» (Mt 27,43), come dire: Se davvero attende in Dio questo lo libererebbe. Un’altra cosa che rimproverano a Cristo è che in realtà non è gradito a Dio: che lo liberi, se lo vuole bene (v. 9b), poiché si definiva un “figlio del Signore”. [13]

v. 15: Il mio cuore è diventato come di cera, tutto si strugge dentro il mio petto. Possiamo dire questo di Cristo? Secondo Agostino, no. Sebbene Cristo ebbe timore, non al punto “che si sciolga il cuore”; ecco perché dovrebbe invece dirsi dei suoi membri. Nel cuore del Signore si rappresentano quelli a lui più vicini, in particolare gli Apostoli. Loro sì, come sciolti dal timore sono fuggiti per paura nella Passione. Ma Tommaso dà un’altra possibile spiegazione: il versetto parla veramente dell’amore di Cristo, giacché per designare l’amore intenso, il Cantico 5,4 utilizza un’immagine uguale ed equa, perché ciò che si liquefa, si diffonde verso altri. Così Cristo Capo si scioglie di affetto per gli uomini e diffonde i suoi beni.[14]

      Tutto che in Cristo ha avuto bellezza sfiorisce e marcisce. Prima della Passione fiorivano tre cose in Cristo: – i miracoli; – la dottrina; – la gloria verso il popolo. I miracoli non ci sono più perché «il mio vigore s’inaridisce come terra cotta» (v.16a), la dottrina che abbagliava prima la gente non si ascolta più, perché attaccata al palato è la mia lingua (v.16b), e nulla resta della gloria che gli tributavano nella Domenica delle Palme, perché in polvere di morte tu mi riduci (v.16c).

          Tommaso vede in questo salmo la storia della Passione, è per lui il senso ovvio, ed è a partire di esso che lui ammette certa allegoria che parla di qualcosa che non si vede con evidenza nel testo. Il v 19 dice, infatti: Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica, il che è accaduto alla lettera in Cristo, ma quella tunica indivisa, a sua volta, è un simbolo dell’unità della Chiesa, nella frase del Cantico: Una sola è la mia colomba … (6,9) .

Dopo che narra la Passione arriva alla preghiera e alla protesta sulla certezza di essere ascoltato. Cioè, nel profondo buio del Venerdì, l’alba della risurrezione si profila. Il salmista profeticamente vede come la gente viene a Dio.

v. 28: Si ricordino e al Signore ritornino tutti i confini della terra, perché gli uomini avevano la conoscenza naturale di Dio che si manifesta nella creazione, ma il peccato l’ha oscurata e li ha fatto “dimenticar loro”. Nell’era messianica sarà ricordato e “ritorneranno al Signore” per l’amore.

        Come si è visto, non c’è la minima allusione a Davide. Solo Cristo appare in questo salmo, o meglio Cristo e il suo Corpo Mistico. Nessuna meraviglia che il senso così fortemente cristologico sia riferito da San Tommaso; tutta la tradizione l’ha interpretato così ed i racconti della Passione fanno altrettanto.

[1] In Psalms Davidi expositio, Proemium (http://www.corpusthomisticum.org/cps00.html).

[2]  «Materiam prophetiae ostendit cum dicit, incerta et occulta. De his est prophetia, scilicet incerta et occulta, quae per sapientiam tuam comprehenduntur. In nobis est aliquid ignotum dupliciter, quod tamen est de Deo notum. Aut propter defectum est nobis aliquid ignotum, aut propter excessum. Propter defectum est nobis ignotum aliquod futurum contingens: quia nondum habet determinatam veritatem. Propter excessum est nobis ignota divina substantia, et quae excedunt capacitatem nostram. Utraque enim fuerunt revelata David per spiritum prophetiae». In Psalms Davidi expositio, Salmo L (http://www.corpusthomisticum.org/cps41.html). Cfr. anche S Th., IIª-IIae, q. 171, a.3.

[3] In Psalms Davidi expositio, Proemium.

[4] S Th., IIª-IIae, q. 174, a.4, ad 1.

[5] Anche San Paolo: Tutte queste cose accaddero a loro in figura e sono state scritte per ammonimento nostro (1 Cor 10,11).

[6] Cfr. Expositio

[7] Quodlibetali VII, q 6, a 2, ad 2.

[8] Così viene espresso il titolo nella edizione Vulgata: (39,1) In finem David psalmus.

[9] Cfr. Expositio, 300: «Melius est ut de humano genere expectante gratiam novi persona testamenti accipiatur».

[10] Invece orecchi si legge: mi hai perfezionato – o preparato- un corpo.

[11] Allora io dissi: ecco vengo, nel rotolo del libro è stato scritto di me, o Dio, per fare la tua volontà.

[12] Cfr. Expositio, 148.

[13] Cfr. Expositio, 220.

[14] Ct 5,4: Le mie viscere si sono commosse per lui.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Rispondi