LIBRI DEI GIUDICI e di SAMUELE

 LIBRI DEI GIUDICI e di SAMUELE

[esposizione Giornata biblica seminario San Vitaliano Papa, a Montefiascone (VT), il 9/5/2022]

           Possiamo iniziare il nostro studio sui questi libri cercando di spostarci in quel periodo del popolo Israele che costituisce l’ingresso degli ebrei in Palestina al XIII secolo avanti Cristo…, al tempo della morte di Giosuè, i Giudei dovevano ancora conquistare molta della terra promessa, e così si svolge un continuo sforzo dalla parte delle diverse tribù per occupare territorio. Leggiamo un brano del libro dei Giudici (2, 6-17).

        “6Quando Giosuè ebbe congedato il popolo, gli Israeliti se ne andarono, ciascuno nel suo territorio, a prendere in possesso il paese. 7 Il popolo servì il Signore durante tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che avevano visto tutte le grandi opere, che il Signore aveva fatte in favore d’Israele. 8 Poi Giosuè, figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni. 11 Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal; 12 abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto, e seguirono altri dèi. 14 Allora si accese l’ira del Signore contro Israele e li mise in mano a razziatori, che li depredarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno ed essi non potevano più tener testa ai nemici. 15 Dovunque uscivano in campo, la mano del Signore era contro di loro, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato. 16 Allora il Signore fece sorgere dei giudici, che li liberavano dalle mani di quelli che li spogliavano”.

Situazione delle tribù di Israele dopo la conquista

IL LIBRO DEI GIUDICI

LA STORIA RELIGIOSA DEL POPOLO D’ISRAELE

  1. Introduzione (4)

           Il libro dei Giudici (séfer shofetim) è un libro storico della Bibbia, un’opera anonima, scritta in ebraico, anche ben conservata. La narrazione del libro copre un periodo storico che va dal sec. XIII sino al sec. XI a C, cioè dalla morte di Giosuè fino all’istituzione della monarchia, quindi all’incirca dal 1225 al 1030[1], anno dell’elezione di Saul come re d’Israele, periodo che corrisponde pressappoco con la gloriosa epoca della conquista della Terra Promessa e l’inizio dell’esistenza di Israele in Terrasanta, circondati da nemici esterni ed interni di ogni genere. La conquista non è stata definitiva, e le popolazioni indigene cananee attendevano solo il momento della rivincita. Per questo, le singole tribù d’Israele vivevano e agivano spesso con indipendenza l’una dall’altra.

          Il metodo compilatorio utilizzato nel libro per calcolare il computo degli anni rende molto difficile stabilire una corretta cronologia del periodo dei giudici e del tempo di governo di ciascuno di loro. Si descrivono dei personaggi famosi, eroi e condottieri, apparsi non in serie continua; a volte molti di loro hanno vissuto perfino contemporaneamente, esercitando quindi la loro missione in favore soltanto di una o più tribù (5) La frase «tempo dei Giudici», rimarrà nonostante nel ricordo della tradizione biblica a testimoniare l’importanza di questo periodo esaltante della vita di Israele (2 Sam 7,11; 2 Re 23,22; Rt 1,1).

  1. Contenuto generale e composizione

           Il libro comprende 21 capitoli che descrivono la storia compendiata di dodici giudici (3,7 – 16,31), introdotta da due prologhi — uno di ordine storico-geografico (1,1 – 2,5) e un altro teologico-dottrinale (2,6 – 3,6) — seguita da due appendici (sezioni aggiunte in fondo al volume destinate a chiarire alcuni punti non trattati esaurientemente nel testo). Dai dodici giudici, la storia di sei di essi viene raccontata con un’ampiezza maggiore (i «giudici maggiori»), e per questo ne abbiamo più informazione; degli altri sei, invece, si parla in brevissimi quadri, da lì il nome il cui antico di «giudici minori».

         2.1 Composizione e genere letterario: Chi ha organizzato e composto questo libro?

          Dalle caratteristiche letterarie dell’opera si può dedurre il carattere antologico e sintetico del racconto (di ‘antologia’ che è una raccolta o insieme di poesie romantiche). Fra i critici ha prevalso l’idea che sia stato un compilatore deuteronomista a dare unità organizzativa e teologica, composto a partire da una tradizione formata da documenti antichi e singole tradizioni orali che riferivano episodi isolati dei diversi giudici. Per più diffusa come spiegazione, questa si mantiene sempre come un’ipotesi che non si può però imporre in modo assoluto.

          Il nome di questo o questi compilatori rimane sconosciuto. La tradizione giudaica e molti Padri lo attribuirono a Samuele oppure a un contemporaneo di Davide. Mentre I critici moderni collocano la composizione definitiva dell’opera verso la fine del regno di Giuda, il che è distrutto nel 587 a.C. quando il re babilonese Nabucodonosor conquistò Gerusalemme e deportò gran parte della popolazione ebraica.

          L’interesse storico del libro è certamente da valutare in funzione delle sue caratteristiche letterarie. Il libro dei Giudici appartiene ad un genere storico secondo il quale i ricordi riportati provengono da una tradizione popolare che si compiace dell’aneddoto, delle gesta eroiche, e che è segnata da preoccupazioni teologiche nonché consapevole della forza paradigmatica degli avvenimenti salvifici. Esso non trascura, però, il progetto di fedeltà storica, che si manifesta nel realismo dei particolari, nell’antichità dei documenti provenienti da fonti diverse (cc. 4-5), nei riferimenti continui ai dati conosciuti e in diversi altri particolari eventi storici.

  1. La chiave teologica dell’opera (7)

          Il libro dei Giudici non è una narrazione storica completa. L’agiografo ha voluto senz’altro illustrare «la storia dell’alleanza» fra Dio e il popolo d’Israele, ossia, quale fosse stato, dopo la morte di Mosè e di Giosuè, l’atteggiamento ambivalente di fedeltà/infedeltà del popolo nei confronti dell’alleanza stabilita sul Sinai. Perché ambivalente? Da una parte, Dio sempre si mostrò fedele alla sua alleanza nonché disposto a perdonare e a manifestare la sua misericordia; dall’altra, Israele visse purtroppo una storia di marcata infedeltà e di amaro pentimento quando il meritato castigo divino irrompeva sulla nazione. Viene riaffermata una importante verità del messaggio biblico: (8) senza la fedeltà non può essere operante l’alleanza con Dio, perché il peccato ostacola l’azione divina. Questa finalità teologica possiamo dire è resa esplicita riflettendo sui contenuti nei due prologhi introduttori, particolarmente nel secondo. (9)

  • Il primo, di carattere storico-geografico (c. 1), descrive la situazione di Canaan alla morte di Giosuè. Le vicende delle diverse tribù nell’occupazione dei rispettivi territori ebbero risultati diversi. Possiamo vedere sulla mappa che le tribù del sud (Giuda e Simeone) ottennero successi in montagna ma non nella pianura, mentre Beniamino non riuscì ad occupare Gerusalemme; al centro, le tribù di Efraim e Manasse non giunsero a conquistare le cinque importanti città cananee di Meghiddo, Taanach, Dor, Ibleam, Bet-Sean e neppure Ghezer; al nord ci furono parziali successi e altrettanti insuccessi. Il prologo presenta quindi un rapporto realistico di quanto era stato conquistato e di ciò che restava da fare. E questo serve molto di base alla riflessione religiosa contenuta nel secondo prologo.
  • Il secondo prologo, infatti, di carattere religioso-dottrinale (2,1 – 3,6), reinterpreta in chiave religiosa il periodo dei giudici, sot­tolineando l’ambivalenza della storia israelitica: da una parte, la centralità di Yhwh, che protegge e guida il popolo contro i nemici, dall’altra, l’infedeltà di Israele, che spesso rinnega i comandamenti dell’alleanza con il peccato d’idolatria, attirandosi così la punizione di Dio su di loro. È questo infatti il contenuto delle parole che Dio, per mezzo del suo angelo, rivolse agli israeliti a Bochim[2]: «Ora l’angelo del Signore salì da Galgala [3] a Bochim e disse: “Io vi ho fatto uscire dall’Egitto e vi ho fatto entrare nella terra che avevo giurato ai vostri padri di darvi”. Avevo anche detto: “Non infrangerò mai la mia alleanza con voi, 2 e voi non farete alleanza con gli abitanti di questa terra; distruggerete i loro altari. Ma voi non avete obbedito alla mia voce. Che cosa avete fatto?” 3Perciò anch’io dico: “non li scaccerò dinanzi a voi; ma essi vi staranno ai fianchi e i loro dèi saranno per voi una trappola”» (Gdc 2, 1-3).

           La dialettica teologica salvezza-punizione viene riproposta nei 12 quadri storici che raccontano la storia d’Israele sotto i 12 giu­dici. Ognuno dei quadri storici corrisponde ad uno schema che si sviluppa in quattro momenti. Il ciclo o situazione religiosa è così riassunta in Gdc 2, 11-19 (11):

  • gli israeliti facevano il male «agli occhi del Signore»: essi «servirono i Baal; abbandonarono il Signore». Il peccato d’Israele è presentato come prostituzione e adulterio (2, 17; 8, 27.33);
  • Dio allora puniva i loro peccati permettendo l’oppressione nemica. Leggiamo infatti: «Dovunque uscivano in campo, la mano del Signore era contro di loro, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato: furono ridotti all’estremo» (vv. 14-15);
  • Essi quindi invocavano Dio, chi inviava dei giudici che li salvavano dalle mani dei loro nemici: «Quando il Signore suscitava loro dei giudici, Egli era con il giudice e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice;
  • alla morte del giudice, però, «tornavano a corrompersi più dei loro padri, seguendo altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro, non desistendo dalle loro pratiche e dalla loro condotta ostinata» (v. 19).

        Lo schema che serve da paradigma alla struttura di tutto il libro, si articola dunque in quattro momenti principali: peccato – castigo – pentimento – liberazione, a cui se ne può anche aggiungere un quinto: la ricaduta nel peccato. L’ostinarsi nel peccato fa sì che il redattore concluda il secondo prologo del libro dei Giudici affermando che «l’ira del Signore si accese contro Israele e disse: “Poiché questa nazione ha violato l’alleanza che avevo stabilito con i loro padri e non hanno obbedito alla mia voce, nemmeno io scaccerò più dinanzi a loro nessuno dei popoli che Giosuè lasciò quando morì. Così per mezzo loro, metterò alla prova Israele, per vedere se cammineranno o no sulla via del Signore, come fecero i loro padri”» (Gdc 2, 20-22). (12)

4. I GIUDICI: La loro missione e gesta

a) Missione: (13)

            Il termine in ebraico Shofetim (radice šfaţ, che significa “rendere giustizia, vendicare un torto, liberare un innocente”), che di solito viene tradotto come «giudici» (2, 16-19), non corrisponde esattamente alla nostra nozione moderna (noi intendiamo colui chi è investito dell’autorità di giudicare in base alle norme vigenti del diritto). Nel contesto biblico, si tratta di uomini scelti da Dio (3, 9; 3, 15; 4, 6; 6, 11-24), dotati di un particolare carisma — ripieni dello «spirito di Yhwh» —, con il compito di liberare il popolo dall’oppressione nemica. Essi, quindi, realizzavano la giustizia nel senso che combattevano le battaglie del Signore per rivendicare i diritti della nazione. In tempo di pace, tuttavia, alcuni giudici esercitarono la giustizia ordinaria, stabilendo il diritto, davano le regole e governarono con autorità. La fisionomia quindi, del ministero dei giudici si può riassumere nel seguente modo: Bisogna dire che i giudici non furono capi della nazione, né delle tribù, né legislatori; chiamati invece per ispirazione divina, essi esercitarono un ministero limitato nel tempo e con un compito specifico, al cui termine cessava anche il loro ruolo. Soltanto Eli e Samuele, gli ultimi giudici, di cui parla il primo libro di Samuele (1 Sam), ebbero una missione più ampia, che sembra abbracciasse tutto Israele; essi però, a differenza degli altri giudici, non furono condottieri di eserciti.

           E da sapere che nel Libro del Siracide (greco: “sapienza di Sirach”; Ecclesiastico in latino) si parla dei giudici sottolineando una loro buona qualità, poiché si loda la loro fedeltà: «Quanto ai Giudici, ciascuno con il suo nome, coloro il cui cuore non commise infedeltà né si allontanarono dal Signore, sia il loro ricordo in benedizione! Le loro ossa rifioriscano dalle tombe e il loro nome perpetui sui figli, poiché essi sono già glorificati» (Sir 46, 11-12). I giudici, infatti, nonostante abbiano commesso talvolta azioni moralmente biasimevoli, hanno nonostante conformato le loro azioni alla missione ricevuta dallo spirito di Yhwh che irruppe su di loro (6, 34; 11, 29; 14, 6.19; 15, 14). Perciò vengono considerati modelli di fedeltà a Dio (Sir 46, 11-12) e testimoni di una fede viva (Eb 11, 32)[4].

b) Quadro dei giudici:

         Possiamo vedere uno schema che riassume forse la loro missione

I giudici di Israele per regioni ed epoche         Dai dati offerte dal testo biblico, possiamo vedere sulla mappa i nomi di tutti giudici e loro tribù di appartenenza (in asterisco, se è un giudice maggiore). 

c) I giudici maggiori

         Fra i giudici maggiori, le storie di Otniel (3, 7-11) e di Eud (3, 12-30) sono molto riassunte. La storia di Barak (4-5), con il cantico di Debora, di grande interesse storico-religioso, è invece più sviluppata. La critica letteraria ha riservato al cantico di Debora una particolare attenzione, considerando questa composizione lirica tra le più elevate della letteratura biblica. Debora è una profetessa e un giudice, quarta in ordine di tempo dei Giudici di Israele.

 

           

         

Barak y Débora         

        Debora funse da magistrato straordinario, avendo ricevuto una speciale ispirazione da Dio per chiamare un uomo di nome Barac e dirgli che il Signore Dio gli aveva comandato di radunare 10.000 uomini e di salire sul Monte Tabor. Dio avrebbe aiutato Barac e gli israeliti a sconfiggere Sisara, il comandante dell’esercito cananeo che da anni opprimeva Israele. Fu la fede di Debora a spingerla all’azione: mandò a chiamare Barac e in nome di Dio gli trasmise il compito di liberatore d’Israele. Barac, accetta a condizione che lei gli stia a fianco. L’ascendente di Debora era tale che anche altre tribù d’Israele parteciparono, oltre a quella di Barac. Fu Debora a ideare il piano militare, facendo in modo che i cananei si trovassero fra i due fronti, operando così non solo la sconfitta dei cananei, ma anche il primo importante raggruppamento di tribù israelite dal tempo di Giosuè. A festeggiare questa rilevante vittoria ci fu il cantico di Debora – Gdc 5, 1-31. 

         Segue una storia triste come quella di Iefte (11-12): scelto dagli uomini di Manasse come condottiero per lottare contro gli ammoniti (12, 7), Iefte fa un voto a Dio di offrirgli in olocausto la prima persona che sarebbe uscita da casa sua se gli avesse aiutato contro gli Ammoniti. Iefte vince la guerra ma disgraziatamente, ad uscire per prima e venirgli incontro è stata la sua unica figlia a chi lui doveva sacrificare in olocausto. Comunica il suo voto alla figlia, la quale accetta la volontà del padre, chiedendogli di essere lasciata libera per due mesi andando per i monti con le sue compagne a piangere la sua verginità. Il padre glielo concede. Tornata dopo due mesi, Iefte compie il suo voto sacrificando la propria figlia. È una storia drammatica. Il voto di Iefte era senz’altro invalido e illecito, perché contrario alla legislazione levitica. Il brano biblico, nel suo racconto tragico, fa intendere che il sacrificio umano, in uso presso i cananei, era una cosa inaudita in Israele e implicitamente lo deplora. La religione ebraica lo condannava (Dt 12, 31; 18, 10) e fu esecrato dai profeti (Ger 7, 31; Ez 16, 21). Probabilmente Iefte, nato da una prostituta, cacciato da casa dai suoi fratellastri perché non avesse eredità con loro e che conduceva una vita disonesta con alcuni sfaccendati dedicandosi a razzie, non era del tutto cosciente della gravità del voto formulato.

Gefte sacrificando sua figlia

(17) Per concludere tutto ciò che abbiamo detto finora, possiamo leggere l’undicesimo capitolo della Lettera agli Ebrei dell’Apostolo Paolo, dove lui analizza il valore della fede in Dio e della vita spirituale dei credenti, fornendo esempi tratti dall’Antico Testamento. L’autore descrive uomini e donne dell’Antico Testamento che sopportarono sofferenze e privazioni enormi pur di non rinnegare la loro fede. Nel capitolo si descrivono benedizioni materiali (terra, discendenza) e spirituali (risurrezione dei morti), che i credenti ricevettero in seguito alla loro fede.

“E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti; 33per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, 34spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.”

 

I LIBRI DI SAMUELE  [18]

L’ISTITUZIONE DELLA MONARCHIA IN ISRAELE

Introduzione (19)

a) Titolo del libro

           I libri di Samuele costituivano originariamente un unico volume, una sola opera nella Bibbia, un libro storico dell’Antico Testamento come i libri dei Re. La versione LXX (Septuaginta, versione greca del AT) divisero Samuele e Re in quattro libri (1- 4 Re), unificando Samuele e Re sotto uno stesso titolo, denominato «libri dei Regni». La Volgata seguì questa divisione, ma con più proprietà li chiamò «libro dei Re», in conformità alla tradizione ebraica che preferiva riferirsi alle persone piuttosto che al regno. Gli attuali libri di Samuele, quindi, erano designati come 1-2 Re, mentre i libri dei Re, come 3-4 Re. Oggi si preferisce la terminologia di 1-2 Sam e 1-2 Re, che segue la Nvg (Nova Volgata o Neovulgata)[5] e anche il TM (testo ebraico).

b) Composizione

            La tradizione ebraica attribuì questi libri a Samuele, e per il periodo posteriore alla sua morte, a Natan e Gad. Nondimeno, un’analisi critica più attenta rileva una lunga elaborazione testuale che ha conosciuto diverse tappe redazionali, non facili da definire con esattezza, essendo la tappa ultima quella deuteronomista, redatta durante l’esilio, che avrebbe inserito l’opera nella grande storia d’Israele compresa da Mosè fino all’esilio.

c) Quadro storico (20)

          Il quadro storico-politico che fa di sfondo alla storia raccontata in 1-2 Sam è il seguente. Si parla di un periodo di anno incirca dal 1100-970 a.C.

Imperi assiro, babilonico ed egiziano in Medio Oriente nel sec VIII a.C,

  • L’intero territorio medio orientale è dominato da due grandi imperi, l’Egitto e l’Assiria, che si trovano in piena decadenza.
  • L’Egitto appare indebolito da lotte interne (XX e XXI dinastia, ca. 1204-947 a.C.), mentre l’Assiria, sebbene ancora estende la sua egemonia su Babilonia, avverte i tentativi d’espansione dell’impero babilonese, che presto avrà il sopravvento nella regione.
  • In questo contesto di indebolimento generale, «i popoli del mare» vengono a stabilirsi in Canaan, e tra di essi in particolare i filistei. Questi appaiono alla fine del periodo dei giudici, verso il 1050, e penetrano nella Palestina durante il sec. XI costituendo una salda organizzazione sulla fascia costiera nelle cinque città (pentapoli) di Askalon, Asdod, Ekron, Gat e Gaza. Il loro arrivo coincide con l’inizio dell’era del ferro in Palestina, che probabilmente essi introdussero.
  • Durante l’espansione dei filistei, la tribù di Dan si trasferì verso il nord (Gdc 18); poi, i filistei dominarono gran parte del paese di Canaan fino alle montagne della Galilea.
  • Oltre ai filistei, un altro potente nemico per Israele in questo periodo è costituito dagli amaleciti, contro i quali dovettero lottare Saul e Davide.
  1. I protagonisti

           Sono diversi i personaggi di spicco che compaiono in questi libri. Ci fermiamo sulla persona di Samuele:

a) Samuele, ultimo dei giudici (1Sam 1-12)    

Vocazione di Samuele il profeta

         La figura di Samuele riveste un particolare ruolo in Israele. Chiamato da Dio con una speciale vocazione, il profeta deve esercitare la funzione di giudice e di sacerdote del popolo, nel passaggio al sistema monarchico, che sarà una forma di governo in cui la carica di capo di Stato sarà esercitata da una sola persona.

          La prima sezione di libro descrive la nascita miracolosa di Samuele da Anna, che era sterile (1-2). Anna si recò allora presso il santuario di Silo per pregare il Signore. Ottenne così miracolosamente di rimanere incinta di un figlio, che chiamò Samuele e che consacrò al Signore, con voto di nazireato, lasciandolo vivere presso l’anziano sacerdote Eli. Il libro para poi della gioventù di Samuele a servizio del santuario di Silo (3); questo riceve la vocazione a diventare giudice e profeta in mezzo al popolo ebraico. Segue poi l’attività di Samuele come giudice, in particolare nel periodo delle prime offensive filistee (4-7), e come profeta o mediatore, che trasmette gli ordini divini e che corregge le deviazioni del re o della nazione secondo i canoni dell’alleanza (cfr. 1Sam 13 e 15). Un evento molto importante nella storia d’Israele è stata la costituzione della monarchia nella quale Samuele ha svolto un compito molto speciale.

b) Istituzione della monarchia (1Sam 8, 1-22)

           L’istituzione del sistema monarchico in Israele costituisce un elemento di difficile comprensione, in quanto subentrano due tradizioni opposte, una prima antimonarchica e una seconda monarchica. La redazione finale della narrazione esprime la tensione che si diede fra le due volontà, quella di Dio e quella del popolo, e mostra che la fondazione della monarchia fu un atto derivato essenzialmente dalla decisione divina che stabilì di dare un re al popolo d’Israele.

          La richiesta di un re da parte del popolo trova lo spunto precisamente nel fatto che Samuele, già vecchio, non potendo più esercitare la sua funzione di giudice, aveva stabilito che i suoi figli divenissero i giudici d’Israele; ma questi «non camminavano sulle sue orme, perché deviavano dietro il lucro, accettavano regali e sovvertivano il giudizio» (1Sam 8, 3). Il popolo, scontento, domanda un re come avevano «tutti i popoli».

          Samuele si oppose perché vedeva nella richiesta del popolo un disegno opposto agli obblighi dell’alleanza. In virtù dell’alleanza, Dio si era acquistato un diritto su Israele (Dt 4, 20; 6, 21-25) e in virtù della sua elezione, Israele era diventato la «proprietà» di Dio fra tutti i popoli della terra (Es 19, 5), ed era vincolato a Dio come al suo sovrano e Signore. L’istituzione della monarchia sembrava il rifiuto della elezione di Yhwh, ponendo Israele sullo stesso piano di «tutti i popoli». La richiesta della monarchia, quindi, era implicitamente la pretesa di cercare una sicurezza nelle proprie forze, diffidando dell’aiuto divino e della forza onnipotente di Yhwh per salvare Israele come in epoche precedenti, non riconoscendolo più come il Dio d’Israele. Ciò viene esplicitamente indicato nelle parole che Dio rivolge a Samuele: «Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi» (8, 7).

         Dio quindi acconsente a malincuore (8, 7.9), consapevole dei limiti e dell’atteggiamento d’incredulità di Israele, e manda Samuele ad avvertire il popolo di tutti gli inconvenienti che monarchia avrebbe comportato (vv. 10-18). Il racconto dell’istituzione della monarchia si concentra sulla missione di Samuele.

          In un incontro fortuito con Saul che cercava le asine di suo padre (9, 1-26), Dio fa sapere a Samuele che è Saul colui che dovrà essere unto. Così Samuele unge Saul, della tribù di Beniamino, come primo re d’Israele (v. 10). L’elezione viene suggellata in una solenne assemblea a Mispah (10, 17-27). Lo stesso Samuele fissa in un libro i diritti della regalità israelita davanti a Yhwh (10, 25). Il lungo discorso di Samuele davanti a Saul e a tutto Israele (v. 12) segnerà definitivamente il passaggio dall’epoca dei giudici a quella della monarchia.

  1. La parola del Magistero

          In un testo di una udienza generale di San Giovani Paolo II, il Pontefice spiegava sulla importanza e l’interesse che dovevano suscitare i libri di Antico Testamento, in quanto ben sappiamo che la rivelazione è progressiva, e che le grandi verità di redenzione appaiono prima fiocamente nell’Antico Testamento, pur se gradualmente aumentano in chiarezza, trovando infine nel Nuovo Testamento tutta la loro pienezza.

          «Sono tutti sguardi sull’avvenire, squarci aperti sul mistero verso il quale sta avanzando la storia dell’Alleanza antica, che sembra ormai matura per l’avvento del Messia, che le darà compimento. Al di là degli enigmi, dei sogni, delle visioni, si delinea sempre più un “mistero”, verso il quale si appunta ogni speranza anche nelle ore più buie della sconfitta e addirittura della schiavitù e dell’esilio.

           Ciò che più suscita interesse e ammirazione, in quei testi, è che la speranza del Regno di Dio si chiarifica e purifica sempre più verso un diretto regnare del Dio trascendente. Noi sappiamo che tale regno, includente la persona del Messia e la moltitudine dei credenti in lui, previsto dai profeti, ha trovato sulla terra una realizzazione iniziale imperfetta nelle sue dimensioni storiche, ma in continua tensione verso un adempimento pieno e definitivo nell’eternità divina»[6].

Sem. Tadei Hanchak

[1] Le cifre sono approssimate, bassate sulla normale cronologia accettata tra gli studiosi. Esiste pure la cronologia alta, che suppone un periodo più lungo di tempo (dal sec. XV al sec. XI a.C.) forse più adatta alla durazione degli eventi tali come si raccontano nel testo biblico.

[2] Il nome della città significa: “quelli che piangono“, poiché verrà infatti riferito al v. 4 che “il popolo alzò la voce e pianse”.

[3] Galgala: era un’antica località di Israele situata in una zona non meglio precisata tra il fiume Giordano e Gerico.

[4] Eb 11, 32: Che dirò ancora? Mi mancherà infatti il tempo, se vorrò discorrere di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti.

[5] Moderna revisione della Vulgata, traduzione della Bibbia in lingua latina considerata ufficiale dalla Chiesa cattolica. È stata promulgata dal Sommo pontefice San Giovani Paolo II.

[6] SS. PP. Giovanni Paolo II, udienza del 7/8/1991 [https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1991/documents/hf_jp-ii_aud_19910807.html] (consultato 23/5/2023).

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Rispondi