LA TRASMISSIONE DEL TESTO BIBLICO e LA CRITICA TESTUALE

LA TRASMISSIONE DEL TESTO BIBLICO e LA CRITICA TESTUALE [1]

  1. Introduzione e premesse per la ricostruzione degli originali.

Dopo aver notato la nascita e accoglienza della Bibbia dei LXX, così come la redazione del testo masoretico e i loro rispettivi manoscritti più importanti ed anche i ritrovati del Mar Morto, ed esser passati per la storia della Volgata, mi accingo ad assolvere un compito necessario per la chiarezza dell’argomento.

Partiamo da una domanda. Vista la differenza del testo ebraico e greco, vista la grande quantità dei manoscritti e la grande quantità di varianti del testo, e vista la mancanza dell’autografo originale, come arriviamo al testo originale?

La risposta è nello stesso momento semplice e complessa, nel senso che alla risposta si arriva da una parte con il giudizio e tradizione della Chiesa – e questa è la parte semplice che ci dà criterio e sicurezza – e dall’altra con la critica testuale – e questa è la parte più delicata e complessa fatta di congetture ed ipotesi, comunque subordinata al giudizio della Chiesa.

a. Il giudizio della Chiesa   

I. La tradizione fino ad oggi

Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni (…) Gli apostoli poi, affinché l’Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «affidando il loro proprio posto di maestri»

Questa sacra Tradizione e la Scrittura sacra dell’uno e dell’altro Testamento sono dunque come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’egli è (cfr. 1 Gv 3,2)[2].

II. Importanza di questa Tradizione

Questa tradizione ininterrotta nella sua successione, ha conservato e trasmesso la predicazione apostolica. Ciò che poi fu trasmesso da loro è tutto ciò che la Chiesa è e tutto ciò che la Chiesa crede.

III. Sicurezza di questa Tradizione

Questa Tradizione progredisce sotto l’assistenza dello Spirito Santo ed è attestata dalle asserzioni dei santi Padri. Da questa Tradizione si tramanda alla Chiesa l’intero canone dei libri sacri[3].

Breve riassunto

Vediamo allora non solo come la Chiesa ha sempre tenuto in altissima considerazione il testo biblico per il fatto di essere ispirato da Dio, ma anche come Dio l’abbia assistita nel tempo per la custodia del testo sacro per la diffusione della rivelazione a salvezza delle anime.

Fin qui possiamo dire che il vero insegnamento rivelato, fatto di Libri Sacri e Tradizione viva, è stato ricevuto e trasmesso da una tradizione ininterrotta che parte dagli apostoli e arriva fino a noi.

  1. L’integrità di questi testi

A questo punto si concede una domanda. La Chiesa ha stabilito che l’ispirazione divina nei testi si trova in modo proprio negli originali nella loro forma finale, ma, ad oggi, l’originale non si possiede[4]. Come può allora la nostra fede avere un fondamento sicuro se il testo dal quale essa afferma di prendere tutte le sue certezze è un testo che non possediamo? Come avrete capito la risposta è semplice. Possiamo dire innanzitutto che la domanda non è esatta.

Non conosciamo l’originale, è vero, ma ciò che conosciamo, sono copie o traduzioni degli originali, i quali non sono materialmente l’originale, ma che in un certo modo lo equiparano. Certamente questo non significa che ogni manoscritto partecipa del carisma dell’ispirazione, ma piuttosto, che più il manoscritto è fedele all’originale, più possiede questa autenticità. Che poi in qualche modo equipari il testo originale lo conferma la Tradizione della Chiesa che fino ad oggi ha sempre affermato la canonicità di certi libri arrivando a dare, come vedremo in particolare, anche l’elenco dei libri e un riferimento materiale giuridicamente autentico.

Per questo motivo si deve dire che: se tuttavia è certo che non possiamo avere davanti agli occhi nessun testo materialmente autografo, questo non significa che non possiamo trovarli in nessun modo. Anzi, non solo è possibile ma piuttosto, questo lo si deve raggiungere in modo altamente soddisfattorio per dare basi attendibili alla speculazione teologica, per la quale si prova ad esporre armonicamente il sacro deposito della fede.

a. Gli originali autografi

Riguardo al testo autografo è necessario dire che è normale che gli originali antichi si perdano. Questo succede con qualsiasi letteratura. L’importante però non è tanto il suo supporto materiale sul quale fu scritto ma piuttosto il testo stesso ed il suo contenuto, il suo messaggio.

La carenza del foglio originale non separa necessariamente dai testi originali. Essi sono ’raggiungibili’ non in modo diretto e fisico ma intellettualmente attraverso i testimoni che di essi ci sono stati tramandati e attraverso il giudizio della Chiesa che li riconosce.

b. Riferimenti sicuri nella Tradizione, per l’identificazione dei libri e delle loro parti

Il problema dunque, di quali siano gli originali, non si pone nel suo complesso, ossia, domandarsi quali siano i libri o le sue parti, poiché la Tradizione non ha mai avuto dubbi sull’elenco dei testi sacri, sulla loro validità, sulle loro parti e sulla loro ininterrotta trasmissione.

La Chiesa si è espressa a tale riguardo, varie volte, nei concili di Ippona nel 393, nel III° e IV° di Cartagine negli anni 397 e 419, nel concilio ecumenico di Firenze del 1441 ed infine nel Concilio di Trento, quando, per difendere tale Tradizione dalle correnti scismatiche ed eretiche, credette sapientemente di fare l’elenco dei libri e di darne un riferimento ‘palpabile’ per dissipare le confusioni.

Il Decreto dice con tutta chiarezza: «Se qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si è soliti leggerli nella Chiesa cattolica e come si trovano nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni, sia anatema»[5].

Si vede esplicitamente citata l’antica Volgata latina, e corredata anteriormente da un elenco -che qui non riportiamo per motivi di brevità poiché è noto a tutti- di tutti i libri in essa contenuti.

I. Chiarimento sull’ispirazione dei testi

Non vi è dubbio allora che ad oggi la Tradizione continua ininterrotta e che si ha accesso a testi che ci conducono agli originali, ma si deve ribadire che questo giudizio dato dalla Chiesa non trasforma i testi in ispirati, ma li riconosce e trasmette come tali.

II. L’autenticità giuridica della Volgata

Riguardo poi alla canonicità della Vulgata si deve fare delle precisazioni: Il concetto di autenticità definito dal Tridentino non ha da intendersi come ‘critico’ ma piuttosto ‘giuridico’.

            Ciò significa che viene proposto il testo della Volgata come affidabile e di autorità per l’insegnamento pubblico e la difesa della fede. Ma come afferma Pio XII nella Divino afflante spiritu, la Chiesa «non pensò per nulla menomare l’autorità delle versioni antiche[6] adoperate nelle Chiese Orientali, di quella segnatamente dei LXX usata dagli stessi Apostoli, e meno ancora l’autorità dei testi originali, e resistette ad una parte dei Padri, che volevano l’uso esclusivo della Volgata come sola autorevole»[7].

            «Il Concilio anzi fu consapevole della necessità di una revisione e correzione della Volgata medesima, e ne rimise l’esecuzione ai Sommi Pontefici, i quali fecero, secondo la mente dei più autorevoli collaboratori del Concilio stesso, un’edizione corretta dei LXX (sotto Sisto V)[8], e poi ordinarono quella del Vecchio Testamento ebraico e del Nuovo Testamento greco, incaricando commissioni apposite»[9].

c. Breve riassunto

Fin qua allora abbiamo chiarito il rapporto che hanno le varie copie e traduzioni che fino ad oggi sono state tramandate nella Chiesa, e abbiamo anche visto come la Chiesa non nega la necessità di una attenta valutazione critica dei vari testimoni manoscritti per una sempre più precisa comprensione del testo biblico e come, nel definire l’ufficialità della Volgata non abbia negato revisioni di questo tipo, ma piuttosto abbia protetto il popolo di Dio da coloro che volevano modificare il canone e la Tradizione. Chiarito questo possiamo far ora un piccolo accenno al compito della critica testuale e vedere l’importanza e il procedere del suo lavoro.

  1. La critica testuale

La critica testuale entra in gioco precisamente su questo punto. Non è suo compito affermare quale sia o non sia il canone, i testi o gli autori, ma piuttosto aiutata dalle altre scienze riesce a fornire una certa precisione testuale per contribuire a fondare un’esegesi solida e sicura.

a. Il compito della critica testuale

Il compito della critica testuale è quello di occuparsi specialmente dei vari manoscritti che ad oggi si conservano di questa tradizione e attraverso questi testimoni e le loro varianti, risolvere problemi di filologia e letteratura[10] per arrivare ad offrire conclusioni importanti in vista del lavoro teologico ed esegetico serio. In questo modo, anche se non ci si presentano in modo diretto gli originali, ci portano molto vicini ad essi. Se da una parte è vero che grazie a questi metodi critici la Chiesa ha avuto la possibilità di affinare la precisione dei testi su cui si fonda la fede, e questo sicuramente anche grazie al progresso delle varie scienze, d’altra parte non bisogna dimenticare come all’inizio -ma anche oggi si vedono continuare gli strascichi di questa malattia– questi strumenti non furono usati sempre nel modo giusto. Per questo non sarà sbagliato ripercorrere almeno alcuni punti salienti del XX secolo, mostrando soprattutto i risvolti positivi che apportò questa disciplina utilizzata dalla Chiesa per compiere con l’antico desiderio della revisione critica della Sacra Scrittura.

b. L’importanza attribuitagli dai pontefici

I. Pio X e l’istituzione del Pontificio istituto biblico

Soltanto pochi mesi dopo l’elezione [papale], il 23 febbraio 1904, Pio X istituì i gradi di licenza e laurea in Sacra Scrittura, affinché gli studenti si dedicassero in modo speciale allo studio di essa. Non potendo poi, per mancanza di mezzi, fondare immediatamente un istituto di studi biblici come voleva, incoraggiò, nel 1906, l’insegnamento della Sacra Scrittura nel Pontificio Seminario Romano, e negli anni 1908 e 1909, approvò la creazione di un insegnamento superiore di Sacra Scrittura nella Gregoriana e nell’Angelicum, infine, creava nello stesso anno il Pontificio Istituto Biblico. Fu Pio X ancora che fissò le direttive dello studio della Sacra Scrittura – 1906 (Ench. Bibl., nn. 155-173) – e provvide all’applicazione di esse nei Seminari d’Italia.

 II. L’edizione critica della Volgata di San Girolamo.

Nel 1907 commissionò “ai monaci Benedettini l’incarico di fare ricerche e preparativi per una nuova edizione della versione latina della Bibbia”[11], volendo dare più solida base e maggior sicurezza a questa “faticosa ed ardua impresa”, eresse dalle fondamenta il monastero di San Girolamo in Urbe, interamente dedicato a quell’opera, e riccamente lo dotò di biblioteca e d’ogni altro mezzo di indagine (Const. Apost. “Inter præcipuas“, 15 giugno 1933; AAS, 1934, vol. XXVI, pp. 85-87). Questa edizione, curata fino al libro di Isaia, venne pubblicata poco dopo la fine del Vaticano II. Usciva così l’edizione critica della Vulgata (Stuttgart 1969, Editio Minor).

III. L’edizione critica della Volgata

Durante il Vaticano II, poi Paolo VI voleva che si arrivasse a una revisione critica della Vulgata stessa, rendendola conforme ai manoscritti antichi più autorevoli nel caso vi fossero state trovate parti in cui si era allontanata. Tutto questo lavoro si realizzò dopo non poche «tensioni»[12] della storia contemporanea, dove si vide spesso infliggere da parte di molti ‘studiosi’ ferite dolorose alla fede, per questo dopo sapiente riflessione, la Chiesa pubblicò alcune indicazioni e chiarimenti ai teologi e ai critici, che volendo o no potevano venir influenzati da varie correnti e visioni erronee.

Per realizzare con accuratezza tali traduzioni dai testi manoscritti, il lavoro non poteva ridursi a un’operazione puramente filologica e razionalistica, ed è per questo che la Chiesa ebbe molta cura nel commissionare ed orientare i lavori. L’operazione fu ultimata con la Vulgata Nova (Typis Polyglottis Vaticanis 1979; 1998), promulgata da Giovanni Paolo II come testo ufficiale della chiesa cattolica e proposta come modello per le varie traduzioni.

Da questo si vede come la Chiesa promosse lo studio biblico e incoraggiò l’uso dei moderni metodi di analisi dei testi biblici, e ciò non solo per evidenziare l’ispirazione del testo sacro e l’attività degli antichi agiografi nel loro contesto culturale ma anche per progredire nell’interpretazione della Bibbia nelle sue singole parti nella ben chiara unità teologica dell’A.T. e del N.T., nella centralità del mistero di Gesù Cristo, ma rese anche importanti chiarimenti e orientamenti agli studiosi.

Certamente fu fatto un grandissimo lavoro, tuttavia rimangono ancora molti e interessanti temi che con l’assistenza divina, il passare del tempo e la buona volontà di molte persone verranno chiariti.

c. Il lavoro della critica

I. Famiglie di testimoni

Diamo ora uno sguardo veloce per comprendere a grandi linee il lavoro affrontato dalla critica testuale sui testi antichi: Dalla grande molteplicità dei manoscritti rinvenuti, attraverso un attento lavoro testuale è possibile raggruppare tali testimoni sotto una certa famiglia comune dalla quale questi proverrebbero, per poi, analizzando le diverse varianti, determinare un testo affidabile di questa fonte secondaria.

→ Un esempio, prima di usare come fonte secondaria critica la Vulgata di San Girolamo, si deve valutare precedentemente gli 8.000 testimoni di quella famiglia testuale, al fine poi di usare la Vulgata come fonte critica secondaria.

Attraverso la comparazione di tutti questi manoscritti la critica riesce a stabilire quale sia il testo più vicino all’originale. E così va spiegando le varianti e i motivi per i quali le varianti vennero introdotte, sia di modo cosciente (e questo sia lecita o illecitamente; pensiamo ad esempio alla possibilità di applicare dei chiarimenti in ordine a far comprendere il testo in maniera corretta a chi manca della conoscenza necessaria, cosa senz’altro lecita) o incoscientemente (inversioni di lettere, parole, confusioni su suoni simili), seguendo dei criteri come la quantità, l’antichità e la qualità (condizione materiale del manoscritto, lingua, forma, origine e finalità).

Per una presentazione riassuntiva possiamo fare la seguente divisione:

1 – Greco:

– La Settanta: nome riservato per designare il testo greco di tutta la Bibbia (fonte secondaria con rispetto ai libri originali ebraici, primaria invece rispetto ai libri deuterocanonici).

2 – Latino:

Vetus latina: tutte le traduzioni latine prima della Vulgata. Sembrano tradurre dalla LXX.        – Vulgata: Traduzione latina dall’ebreo (A.T.) e dal greco (N.T.). Superiore a tutte le altre traduzioni antiche (secondo gli studiosi) pur se bisognosa ancora di revisione critica (Trento).

3 – Ebreo:

Testo Masoretico: la copia più antica risale solamente all’XI sec. d.C. (Codex Leningradensis)[13].

4 – Arameo e siriaco:

– Ci sono più di una versione ma segnaliamo solo la Peshitta del secolo V (del vescovo Rabula). Si tratta di una traduzione volgare della Bibbia, comprendente AT. e NT.

5 – Altre lingue: copto, gotico, etiope, georgiano, arabo…

II. Quadro approssimativo dell’influsso ed evoluzione delle varianti

Q

Influsso ed evoluzione delle varianti del testo

4. Applicazione allo studio di ambedue testamenti

I. Antico Testamento

Esistendo pochi esemplari ben conservati e complessivamente uniformi tra loro, la critica dell’A.T, partendo dal testo masoretico inizia la sua investigazione quando si trova davanti al testo, con una difficoltà testuale e poi, continuando attraverso i diversi indizi che possono fornire le varie scienze, cerca di congetturare quale sembrerebbe la lettura più autentica.

II. Nuovo testamento

Nel N.T. invece si presenta un testo critico dopo aver discusso e trovato le migliori varianti. Possiamo dire che per il N.T. la critica si focalizza sull’analisi dei manoscritti greci, per l’enorme quantità di testimoni e per essere la lingua in cui sono stati trasmessi tutti i libri[14]. In entrambi i casi non si toglie la certezza del fatto che la trasmissione del testo sia sostanzialmente integra, dato il fatto che, per la grande uniformità con la quale è arrivato fino a noi, la maggioranza del testo non è messo in discussione ed il resto ha una minima rilevanza teologica.

Ad oggi si possiedono, infatti, grandi edizioni critiche che, dopo aver comparato la maggioranza dei manoscritti presentano la lezione del testo più probabile, e riportano in modo metodico le varianti. Questo lavoro, ad oggi molto specializzato, dà una grande percentuale di sicurezza.

III. Esempi

Nel capitolo 41 di Giobbe, Dio spiega quanto sia impossibile per l’uomo dominare le grandi forze del male rappresentate da Behemoth e il Leviatano. Il v. 5 del testo ebreo presenta la lettura: chi penetrò sul suo doppio freno?

Questo ha portato a discutere i critici, per il fatto che il testo greco presenta una variante (nella sua doppia corazza chi può penetrare?), e per il fatto che non sembra esserci molto senso nel testo ebreo, considerando il contesto immediato. Alcuni dicono che il Leviatano ha una doppia fila di denti e quello sarebbe il senso del testo -al di là delle parole freno o corazza-. In latino (Vulgata e Neo Vg.) si traduce per bocca o mandibola. Tuttavia ci sono due argomenti di peso per inclinarsi in favore a una emenda del testo:

– Argomento esterno: la LXX parla di ‘corazza’ e si tratta di un manoscritto autorevole.

– Argomento interno: importanza del ricorso letterario chiamato parallelismo. Si nota come nella versione greca esiste una più corrispondenza concettuale tra le parti del versetto:

             [1] Ecco, la tua speranza è fallita, al solo vederlo uno stramazza.

            [2] Nessuno è tanto audace da osare. Eccitarlo e chi mai potrà star saldo di fronte a lui?

            [3] Chi mai lo ha assalito e si è salvato? Nessuno sotto tutto il cielo.

            [4] Non tacerò la forza delle sue membra: in fatto di forza non ha pari.

            [5] Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può penetrare?

            [6] Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi denti è il terrore!

Partendo da questi presupposti i critici propongono la soluzione:                                                                            Variante testo masoretico e Septuaginta per Gb 41 ,5

Invertendo, infatti, le ultime due lettere della parola ebraica, la parola ‘freno’ diventa ‘corazza’.

Si dovrebbe passare alla considerazione degli argomenti che sostengono il contrario. Evitiamo per il momento passare oltre[15].

  1. Conclusione

Vorremo semplicemente ribadire l’importanza della scienza critica per l’esegesi e la teologia. Di fatto offre, nell’ambito intellettuale, un solido fondamento per il suo lavoro specifico. Allo stesso tempo però, credo sia opportuno ribadire i limiti.

– Importanza della critica:

La scienza critica è oggi, anche se restano molte questioni aperte, molto sviluppata e matura, ed è in condizioni di darci alcune conclusioni generali di grande peso per ulteriori studi teologici. Essa ci fornisce alcune statistiche e conclusioni di grande peso:

  • Nelle edizioni critiche del A.T. il 90% del testo è fuori discussione[16].
  • Nel N.T. solo il 6% del testo è in discussione[17].
  • Delle 200.000 varianti, 200 modificano il senso, 15 hanno una certa importanza a livello speculativo, ma di queste 15 non vi è nessuna che comprometta la dottrina rivelata poiché lo stesso insegnamento che si offre in quei passi si ritrova in altri testi della Scrittura in modo chiaro e senza problemi significativi di critica testuale[18].

Con questi dati la critica testuale può solo che confermare la sicurezza del testo biblico, affermando che la Parola di Dio si è trasmessa sostanzialmente integra, incorrotta e inalterata lungo il corso dei secoli. Nessuna dottrina di fede dipende da una variante. Certamente il campo di studi è ancora aperto, per la risoluzione di difficoltà storiche, metodologiche, tecniche e teologiche.

Per questo è necessario avvalorare i risultati della critica testuale dando valore ai suoi dati, visto che con essi si contribuisce a dare un giudizio maturo su questioni molto complesse, ma allo stesso tempo bisogna tener sempre presente il suo vero posto, in mezzo alle altre scienze dalle quali è beneficata e alle quali presta servizio; sopravvalutarla, come abbiamo accennato condurrebbe ad errori metodologici gravi.

Finiamo con un testo di Pio XII: «tutti sappiamo che questo lungo lavoro di critica non solo è necessario a rettamente comprendere gli scritti divinamente ispirati, ma è anche imperiosamente richiesto da quella pietà che deve renderci sommamente grati a quel provvidentissimo Dio, che questi libri, a noi, quasi a propri figli, mandò quali paterne lettere dal trono della sua Maestà»[19].

«Perché oggi, non meno di ieri, importa che i sacerdoti e ministri della Parola di Dio siano ben preparati, e capaci di dare risposte soddisfacenti, non soltanto sulle questioni del dogma e della morale, ma anche alle difficoltà proposte contro la verità storica e la dottrina religiosa della Bibbia»[20].

Sem. Davide De Luca – A.M.D.G.

 

[1] Testo del mensile o presentazione culturale fatta dal seminarista Davide de Luca, del seminario internazionale San Vitaliano Papa, appartenente all’Istituto del Verbo Incarnato, tenuta a Montefiascone il 28/2/2024. Il seguente è il testo della seconda parte del mensile.

[2] Conc. Vat. II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 7.

[3] Cfr. Dei Verbum, 8.

[4] Cfr. R.P. Martin J. Villagrán, El texto bíblico: La crítica textual de la Biblia a la luz del concepto católico de revelación, VI Press, Neumarkt i.d. Opf, 2020, 94.

[5] Concilio di Trento; sessione IV – (8/04/1546) – Decreto 1°: Si ricevono i libri sacri e le tradizioni apostoliche.

[6] È un fatto documentato, che i Presidenti del Concilio ebbero l’incarico da essi fedelmente eseguito, di pregare a nome del Concilio stesso il Sommo Pontefice, che facesse correggere, quanto meglio si potesse, anzitutto l’edizione latina della Bibbia, e poi anche il testo greco e l’ebraico, da pubblicare quando che fosse a vantaggio della santa Chiesa di Dio (Conc. Tridentino, Decr. de editione et usu Sacrorum Librorum; ed. Soc. Goerres, t. X, p. 171; cfr. t. V, pp. 29. 59. 65; t. X, pp. 446 ss.).

[7] P.P Pio XII – Lettera Enciclica Divino Afflante Spiritu.

[8] All’interprete cattolico che si accinge all’opera di intendere e spiegare le divine Scritture, già i Padri della Chiesa, e in prima linea Sant’Agostino, grandemente raccomandavano lo studio delle lingue antiche e il ricorso ai testi originali (Cfr. per es. S. Hieron., Praef. in IV Evang. ad Damasum, PL XXIX, col. 526-527; August., De doctr. christ. II, 16; PL XXXIV, col. 42-43). Tuttavia tali erano a quei tempi le condizioni degli studi, che non molti, e quei medesimi soltanto in grado imperfetto, possedevano la lingua ebraica. Nel

medioevo poi, mentre era in sommo fiore la Teologia Scolastica, anche la conoscenza del greco era da grande tempo scemata in Occidente, sicché anche i più grandi Dottori di quel tempo nello spiegare i Sacri Libri non si potevano basare che sulla versione latina della Volgata.

[9] P.C.B. – Lettera agli Ecc.mi PP.DD. Arcivescovi e Vescovi Italiani – Un Opuscolo Anonimo Denigratorio.

[10] Perciò seriamente procuri di acquistarsi una perizia ogni dì maggiore nelle lingue bibliche, ed anche nelle altre lingue orientali, e rincalzi la sua interpretazione con tutti quei mezzi, che fornisce la filologia in ogni sua parte (Divino Afflante Spiritu § I – Ricorso ai testi originali, Studio delle lingue bibliche).

[11] Cfr. Lettera al Rev.mo D. Aidano Gasquet, 3/12/1907; Pio X Acta IV, pp. 177-179; Ench. Bibl. [285 ss].

[12] P.C.B. – Documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 4 (Punti di vista diversi e necessaria interazione)

[13] Per l’A.T. si considera di gran valore il codice Leningrado per il fatto di provenire da una tradizione di copisti che si collocano in una lunga e ferma tradizione, il cui unico ufficio era quello di copiare e trasmettere esattamente il testo sacro. Tuttavia vediamo come per chiarire il testo nei passi oscuri e per non poche altre questioni si utilizzi la LXX.

[14] Per il N.T, la coscienza dell’origine divina dei testi ha avuto senz’altro un notevole influsso nell’attenzione e zelo messi nel lavoro di trasmissione. D’altronde, non si cercano le relazioni tra il testo canonico e un manoscritto non canonico pur se simile, anche nel caso che sia ‘più primitivo’, in quanto non si tratterebbe dello stesso ‘testo’ preso in analisi, ma di una tappa precedente di composizione.

[15] Lo sviluppo completo in Cfr. RP. Martin J. Villagrán, El texto bíblico, 186-88ss., cui primo esempio fornito abbiamo ormai citato.

[16] Per l’A.T si possiedono testi tramandati da generazioni da attenti scribi più il riscontro della Volgata.

[17] Per ciò che riguarda il N.T. si ha una superiorità critica rispetto a qualsiasi altro testo del passato, greco o latini. Del testo del N.T. non solo contiamo con manoscritti molto vicini al tempo, cultura e contesto nel quale furono scritti gli originali, ma anche se ne possiede una quantità maggiore a qualsiasi altra opera scritta lungo la storia. Si contano più di 5.400 manoscritti.

[18] Per fare una comparazione: Il De Bello Gallico di Giulio Cesare è arrivato a noi con solo 9 manoscritti di buona qualità. Il più antico datato VIII secolo d.C.

[19] Pio XII – Lettera enciclica Divino Afflante Spiritu (§ I – Ricorso ai testi originali)

[20] Cfr. P.C.B. – Lettera agli ecc.mi pp.dd. Arcivescovi e Vescovi italianiUn opuscolo anonimo denigratorio.

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