IL LIBRO DI GIOSUE’

IL LIBRO DI GIOSUE

[esposizione Giornata biblica seminario San Vitaliano Papa, a Montefiascone (VT), il 9/5/2022]

  1. Breve Introduzione

         Il libro di Giosuè ha una strettissima connessione con i libri precedenti, vale a dire i libri che conformano il Pentateuco. Possiamo dire, infatti, che il Pentateuco sarebbe in un certo senso incompiuto senza il libro di Giosuè. Nei primi libri della Bibbia si vede che Dio sceglie Abramo per cominciare il suo piano di salvezza; Dio gli promette una discendenza numerosa come la sabbia sulla spiaggia o le stelle nel cielo. Ma Abramo non vede ancora il compimento di quelle promesse. Anche suo figlio Isacco dovrà ancora vivere nella fede mantenendo una ferma fiducia in YHWH. Soltanto quando il popolo di Israele si installerà in Egitto, questo inizierà a crescere, malgrado che saranno sottomessi al Faraone come schiavi. Ma Dio finalmente lo riscattò. Lo guiderà nel deserto per compiere le promesse fatte una volta a Abramo, il patriarca. E sarà in questo libro, il libro di Giosuè, quando il popolo Israele vedrà finalmente il compimento delle promesse fatte ai loro padri.

          2. Figura di Giosuè

         Giosuè in ebraico significa “YHWH è salvezza” oppure “YHWH salva”. In Greco, il nome si traduce come Iesoùs da dove si deriva Gesù. Lui appare nel Pentateuco come l’assistente di Mosè sia nelle situazioni militari che in quelle religiose (Es 17:8; 33:11). È stato mandato insieme con altri per esplorare la terra di Canaan. Costituisce pure un dettaglio interessante vedere che lui è stato con Mosè sul monte Sinai (Es 32:1–20). Lui è stato, accanto a Mosè, l’unica persona non implicata nel peccato d’idolatria del popolo Israele. Mosè prese con sé Giosuè e lascia Aronne e gli anziani giù con il popolo. Diventa così palese nei libri di Esodo e Deuteronomio, che Giosuè è stato un carattere importante dopo Mosè. Lui fu un capo fedele a Dio e alle istruzioni di Mosè, diventando, alla fine, il successore di Mosè (Num 27:18–23). Essendo stato così vicino a Mosè, era l’unico uomo capace di guidare il popolo Israele nella terra promessa perché si compiano le promesse fatte da Dio.

  1. Composizione del libro

        Il libro di Giosuè si può dividere in tre parti. Nella prima parte (capitoli 1 al 12), l’argomento principale è la conquista della terra di Canaan. Nella seconda parte, capitoli 13 fino al 21, si procede, da parte di Giosuè, alla divisione della terra tra le tribù. La terza parte consista di qualche discorso e cerimoniale con il Rinnovamento dell’Alleanza (capitoli 22 al 24).

  1. Terra di Canaan

        Canaan è il territorio che include Palestina, a parte di Libani e una parte della costa Siriana. Il confine esatto è difficile stabilire. In Canaan c’erano presenti tanti piccoli città-stato. I quali erano per di più sotto il controllo di Egitto. Al tempo dell’arrivo degli Israeliti, Dt 7,1 parla di sette popoli differenti che erano in possesso di Canaan. Questi erano i Ittiti, i Amorrei, i Cananei, i Gergesei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei. I primi tre e i Gebusei sono anche ben attestato fuori della Bibbia, gli altri soltanto dell’Antico Testamento.

        All’origine nel culto dei Cananei, il dio ‘El, raffigurato come un vecchio, è stato il capo degli dèi. Poi è sostituito da Baal, il dio della pioggia e delle tempeste. Baal insieme con Asherah sono i dei principali. Asherah è la dea della fertilità.

  1. Gerico

Antica città di Gerico

       La distruzione della città di Gerico significa l’inizio della conquista di Canaan. Per raggiungere questo scopo, Gerico è stato il primo ostacolo. Vedremo in qualche immagine come Gerico fu una città ben fortificata, una delle roccaforti di Canaan. Gli scavi archeologiche ci mostrano che la città era stata completamente distrutta verso la fine dell’età di bronzo. I muri sembrano stati distrutti da un terremoto e tutto il resto sarebbe stato bruciato. Hanno trovato anche approvvigionamenti alimentari di chi sono stati seppelliti, trovandosi questi ancora intatti.

Problemi

       I problemi sorgono soprattutto a causa del tentativo di stabilire una data specifica per le scoperte archeologiche. Alcuni, come Kathleen Kenyon e Finkelstein, pensano che la distruzione sarebbe stata intorno al XV° sec. A.C. Ci sono però altri, come William Albright, che fissano questa devastazione intorno al XIII° sec. A.C., essendo molto difficile trovare la data esatta perché ci sono diversi fattori che influenzano sulla datazione al carbonio (C14). Gli archeologi osservano che c’è stata una distruzione e che non è stato poi abitata per un lungo periodo, essendo così possibile che l’erosione abbia alterato il carbonio per la datazione. Altri metodi di datazione cronologica ci offrono un intervallo di tempo molto ampio allo scopo di poter indicare con esattezza una data specifica.[1]

  1. La conquista

       Ci sono diverse teorie della conquista di Canaan. Tanti studiosi dicono che la conquista, come raccontata dal libro stesso, sia probabilmente un’invenzione dal tempo post-esilico. Se seguiamo i dati ricevuti dal libro, si vede che la conquista si realizza in due momenti successivi: per primo, ha luogo sotto Giosuè una conquista fulminea della maggior parte del territorio; in seguito poi la conquista diventa lenta e faticosa; non riusciranno infatti, a sconfiggere totalmente i Cananei fino al tempo di Davide e Salomone.

        Un’altra teoria della conquista è quella di Martin Noth: Lui ha proposto il modello dell’infiltrazione pacifica. Affermava che prima c’erano i gruppi isolati e indipendenti fra di loro, che penetravano la terra di Canaan, e che si sono poi uniti in un secondo momento attraverso un patto federativo, attorno ad un santuario comune. Esiste anche la teoria di H.H. Rowley, che dice che la conquista israelita, come è presentata nella Bibbia è una fusione di due tradizioni, che corrispondono ciascuna ad una delle due ondate di tribù; vale a dire che ci sono stati due tribù diverse, una di loro che è entrata nel secolo XIV a.C. e l’altra che sarebbe entrata 130 anni dopo sotto la guida di Giosuè, che riuscì a conquistare la Palestina dopo aver attraversato il Giordano.

         Esistono pure diverse teorie basate fondamentalmente su convinzioni sociologiche, economiche e culturali. Da una parte sono riuscite a proporre un modello coerente di spiegazione, ma dall’altra parte sembrano di ignorare completamente il testo biblico, e non rispondono bene ai problemi posti dei dati archeologici. Fra questi ipotesi abbiamo:

a) il modello della ‘rivolta contadina’, basata sull’idea ideologica della lotta di classe. Dice che la formazione di Israele è stata la conseguenza logica di un conflitto tra il sistema feudale della città-stato cananee e i gruppi sociali oppressi della campagna. Loro si sarebbero uniti con un gruppo di prigionieri fuggitivi dall’Egitto con la stessa fede in Jhwh, avendo così causato una rivolta contadina.

b) il modello di ‘società segmentata’. A somiglianza di ciò che accade in alcune società africane, l’origine di Israele è considerata come un movimento di contadini cananei senza un potere centralizzato, che formavano piccoli gruppi autonomi, indipendenti sia dall’Egitto sia dalle città-stato di Canaan.

c) il modello della ‘complessità’. Questa teoria è un tentativo di applicare alle origini d’Israele ciò che si pensa costituisce l’origine degli stati moderni, e che si possono riassumere in tre elementi fondamentali: 1) una diversa distribuzione delle risorse per cui uno del gruppo riesce ad impossessarsene e ad amministrarle; 2) un’unificazione religiosa sotto il regime sacrale di un capo; 3) il fenomeno del clientelismo, per cui alcuni sono favoriti ed elevati ad un grado superiore.

d) il modello del’ ‘evoluzione progressiva’. I sostenitori di questo modello dicono che l’origine di Israele si spiega secondo una progressione in più fasi all’interno della società cananea: al crollo del sistema della città-stato cananee, segue una società organizzata secondo il sistema delle tribù, che dà luogo posteriormente alla formazione dello stato con l’ascesa di Davide e del suo successore Salomone.

Carattere storico del libro

         La Chiesa, sulle narrazioni presentate come storiche nella Bibbia, aveva chiaramente stabilito il seguente principio: ‘‘Non si può ammettere come principio di retta esegesi la sentenza che sostiene che i libri della sacra Scrittura considerati storici, nella loro totalità o in qualche loro parte, talvolta non riferiscano la storia propriamente detta e oggettivamente vera, eccetto il caso, che non si deve ammettere facilmente o con leggerezza, nel quale, senza opporsi al senso della chiesa e salvo sempre il suo giudizio, si provi con solidi argomenti che l’agiografo non intese riferire una storia vera e propriamente detta, ma sotto il genere e la forma di storia, intese proporre una parabola o una allegoria o qualche altro significato diverso dal senso propriamente letterale o storico delle parole”[2]. 

Rinnovamento dell’Alleanza

         Un altro fatto molto importante del libro di Giosuè è il rinnovamento dell’Alleanza. Giosuè richiamò il popolo Israele a convertirsi definitivamente, ricordando in primo luogo tutte le meraviglie operate da Dio nel passato, accentuando poi la necessità di un rinnovamento spirituale: “Ora dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore.  Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei’’ (Gios 24, 14-15). All’inizio del capitolo, Giosuè rammentava brevemente la storia d’Israele fin a quel momento, volendo mostrare, da una parte, la fedeltà assoluta di Dio, e dall’altra parte l’infedeltà di Israele. Infatti qualche versetto aggiungerà: «Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà» (Gio 24, 19-20). Ciononostante, il popolo rispose: ‘’Noi serviremo il Signore’’ (Gio 24,21).

         Questo testo ci mostra qualcosa molto importante, che consiste nello svelare un po’ cosa significherà il giogo della legge, e anche l’attesa di una alleanza dove sarà possibile servire il Signore con amore.

Compimento

          Come detto all’inizio, si può riscoprire nel libro di Giosuè il compiersi misericordioso di tutte le promesse e benedizioni donate da Dio al popolo. La benedizione prima era stata data ad Abramo nel suo spostarsi da una terra lontana e straniera (Gen 12,1). La benedizione ricevuta era certamente molto più grande ed eccellente che il dono della terra, ma questa esprimeva lo strumento in cui detta benedizione doveva attuarsi e concretizzarsi. Nel libro si vuole mostrare come Dio è stato sempre fedele alle sue promesse; è stato Israele a tradirlo e commettere idolatria. Da una parte, sì, conquistano una gran parte della terra di Canaan e in qualche misura godono di un certo riposo rispetto alle fatiche e alle lotte del deserto e della conquista. Ma d’altra parte appare anche l’annuncio di una ulteriore attesa. Ed è esattamente questo il messaggio spirituale che vuole dare il libro di Giosuè a Israele e alla Chiesa. Perché, in verità, il popolo non incontra mai veramente il riposo; ne conosce la promessa e la sperimenta per anticipo nel possesso della terra, ma in mezzo anche all’incertezza delle cose. Come nel libro di Giudici, pure qui si vedrà che la conquista in un certo senso è già tutta donata, e in un altro senso ancora tutta da realizzarsi. Perché ci rimane sempre l’attesa di un possesso definitivo.

Lettura Cristiana

         È interessante notare il modo in cui i primi cristiani vedevano il libro. Specialmente dell’origine si vede che l’incompiutezza delle promesse è già annunciata nel libro stesso.

         La conquista avviene attraverso una guerra condivisa da tutto Israele, ma è sostanzialmente combattuta da Dio[3]. Perché esiste un’enorme sproporzione fra Israele e le genti, e invece di eliminare questa sproporzione, il Signore chiede al popolo che la fede in lui sia così forte da trasformare la guerra in un rito, o in una liturgia, la quale dia modo a Dio di spiegare la propria potenza. Non sarà tramite un’strategia militare. Come si vede specialmente nella conquista di Gerico, tramite un rito speciale dato dal Signore, Israele poteva entrare nella terra promessa. Alla fine del libro si percepisce il dono divino assolutamente gratuito, e la grandezza di Dio che chiede a Israele la fedeltà[4]. Dio deve essere sempre più l’oggetto di una scelta definitiva da parte del popolo. E quella fedeltà deve culminare nell’amore[5]. L’unità è nella fede e nell’amore, che scacciano il timore e consentono di combattere le battaglie di Dio[6]. Quell’unità si vede specialmente nel rapporto tra il popolo e con Levi. Nel libro di Giosuè si può chiamare i leviti in un certo senso ‘‘l’anima’’ del popolo, perché esprimono la punta del servizio cultuale a cui tutto Israele è chiamato.

Conquista della Terra Promessa

Giosuè-Gesù

        Nei primi tempi della Chiesa, i Giudei hanno sofferto molto. 70 anni dopo Cristo il loro tempio è stato distrutto, sono dispersi in diversi paesi e cosi perdono Gerusalemme come capitale. E a partire da questi problemi che si pone la domanda: ci sarà un luogo per la restaurazione futura e per un regno messianico? Qualche secolo e mezzo più tardi, il magistero giudaico, la meditazione, la strutturazione delle stesse leggi orali d’Israele sono codificati dagli scribi per permetterli sopravvivere nelle terre dove sono stati dispersi. È giusto in questo tempo che arriva Origine che rapporta la lettura cristiana sul libro di Giosuè intorno alla meditazione sul nome stesso di Giosuè-Gesù. L’Antico Testamento pone l’attenzione sull’evento fondamentale legato alla figura.

          Chi introduce il popolo nella Terra promessa? È stato Gesù (Giosuè), non è stato Mosè. Cosa significa tutto questo? Propriamente che la guida definitiva del popolo per il passaggio nella terra è appunto Giosuè.

          Se è stato Gesù di Nave di introdurre il popolo nella Terra, si vede facilmente come la Legge di Gesù potrà diventare la nuova Legge rispetto alla prima, quella di Mosè. Gesù potrà apparire anzi come la pienezza di una Legge spirituale figurata nella Legge Mosaica alla quale succede; si tratta, più che di contrapposizione, di sviluppi. Queste sostituzioni appaiono anche in altri libri dell’Antico Testamento, si vede questo con Giacobbe che sostituì a Esau, Isacco a Ismaele.

Cristo è prefigurato da Giosuè anche in quanto il Cristo introduce nella vera Terra promessa. Il nome di Gesù che l’angelo Gabriele rivelò a Maria, è un nome di salvezza che allude direttamente a Giosuè-Gesù della storia antica.

La Terra Santa

La terra Promessa era per i giudei l’unico posto dove si poteva adorare Dio e più specificamente il Tempio. La terra, come appariva già da testi dell’Antico Testamento[7], era profezia incentrata nel mistero del Tempio, che tendeva all’unico luogo salvifico che è il Cristo. Dalla Incarnazione e dal mistero pasquale, il luogo dell’adorazione non è più delimitato nello spazio, ma il luogo vero è il Cristo, unico Mediatore, che assume in sé il Tempio.

Questo è già visto nelle letture dei primi Cristiani. Il passaggio del Mar Rosso significa l’uscita dalla tenebra del mondo nel peccato. Il passaggio del Giordano sarà l’ingresso nella Terra buona, cioè tramite il battesimo. Secondo quest’interpretazione, si potrà pure paragonare la guerra del libro con il combattimento di ogni anima: la vittoria è già in un certo senso ottenuta, ma anche resta tanto di combattere.

Willem Donker

[1] Informazione raccolta da http://www.ancientdigger.com/2011/12/walls-of-jericho-archaeology-that.html [consultata il 9/5/2023].

[2] http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_19050623_narrationibus_it.html  [consultata il 9/5/2023].

[3] Cf. Gios 2,9-24; 5,1ss.; 23,9s.

[4] Cf. Gios. 24, 14; Deut. 6,10-13; 8,17-18.

[5] Cf. Gios. 22, 5 con Deut 6,4ss.

[6] Gios. 1, 6-7.9.18.

[7] Cf. Re 5, 15-19.

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