L’OPERA DI UN PAPA MAGNO e UN FELICE ANNIVERSARIO

L’OPERA DI UN PAPA MAGNO e UN FELICE ANNIVERSARIO

            Pochi giorni fa un certo vescovo, visitando la Biblioteca del nostro seminario, vedendo che le opere biografiche di San Giovanni Paolo II, insieme a altri libri e commenti sulla figura di questo pontefice si trovavano in un armadio vetrato con l’iscrizione “San Giovanni Paolo Magno”, faceva il seguente commento: “Questo è un titolo riservato a pochi papi, che solo la chiesa può ufficialmente conferire”.

– “È vero”, bisogna rispondere, è vero che sono pochi i papi che l’hanno ricevuto ed è vero che è la Chiesa l’incaricata di concederlo ufficialmente, e di solito lo fa dopo esaminare molti elementi, come  un attento esame storico delle opere e lavori del personaggio in questione, e soprattutto se questo viene rinsaldato da un sentito parere quasi universale. Noi ci limitiamo a esporre alcuni delle ragioni per le quali il popolo cristiano, subito la sua morte, insieme a tanti altri personaggi di rilievo, perfino durante la sua vita terrena, si sono sentiti in sintonia per poter, in pieno diritto, chiamare il papa defunto con questo nome.

            Inoltre ricorrono oggi i 30 anni di un grandissimo anniversario, della confezione dell’enciclica Veritatis Splendor (“lo Splendore della verità”), vero faro che ha illuminato la teologia morale della Chiesa nell’ultimo trentennio, essendo oggi purtroppo, malamente contestata perfino da parti di coloro che dovrebbero difenderla.

 

1. La realtà di San Giovanni Paolo II come Magno

            San Giovanni Paolo II era Magno, cioè grande. Questa frase è stata detta e ripetuta da molti all’inizio, durante e soprattutto dopo la fine del suo straordinario pontificato durato 26 anni e mezzo.

            Per molte ragioni Giovanni Paolo II ha meritato il titolo di Magno. Personalmente appartengo a un istituto religioso nato sotto il suo pontificato e da lui ispirato, come cercheremo di sottolineare brevemente. Pochi anni prima della fondazione dell’Istituto, e due anni prima della sua prima ispirazione, quando il pontificato di Giovanni Paolo II era appena agli albori, padre Carlos Miguel Buela, sacerdote argentino, ordinato già da quasi otto anni, scriveva nel 1979 queste parole: “Per questo assicuro davanti alla Chiesa, alla storia e al mondo, che il Papa si chiami Giovanni Paolo Magno. Come i giovani polacchi, giuriamogli oggi una fedeltà indistruttibile – Pietro parla e opera attraverso la bocca e i gesti di Giovanni Paolo!”[1]. Il padre Buela è stato il fondatore dell’Istituto del Verbo Incarnato (IVE) nel 1984.

            All’inizio dell’articolo sopra citato, il giovane sacerdote scriveva: “In Piazza della Vittoria a Varsavia, nella Veglia di Pentecoste, è iniziata questa vittoria di proporzioni gigantesche[2]. Mi chiederete perché questa è la più grande vittoria della Chiesa in tutti i secoli? Perché è la vittoria sul nemico più crudele, sull’avversario più feroce, sull’antagonista più spietato, sul potere più perverso che sia mai esistito sulla terra, sul progetto più diabolicamente totalitario che la Chiesa bimillenaria abbia mai dovuto affrontare.

            Perché proprio lì, nella Piazza della Vittoria di Varsavia? Secondo me, perché il trionfo non è dovuto tanto all’accoglienza massiccia e apoteotica riservata al Papa da milioni di polacchi -malgrado tutti gli sforzi per impedire al popolo di avvicinarsi al Papa, ‘sporchi trucchi’ come li chiama l’episcopato polacco-, non è tanto il fatto di aver radunato “una moltitudine incommensurabile di folla” (stimata in 16 milioni nei 9 giorni), ma il fatto che abbiano spontaneamente, pubblicamente e unanimemente applaudito il Papa per 15 minuti quando ha detto che senza Cristo è impossibile capire l’uomo.

            Il popolo polacco “concentrato in silenzio (il silenzio di una folla che vuole ricordare per sempre)”, ha ascoltato il primo dei 264 Papi che è slavo dire nella sua omelia: “La Chiesa ha portato Cristo in Polonia, cioè la chiave per capire quella grande e fondamentale realtà che è l’uomo. Infatti, non è possibile comprendere pienamente l’uomo senza Cristo. Non può capire cosa è, né qual è la sua vera dignità, né qual è la sua vocazione, né il suo destino finale. Tutto questo non può essere compreso senza Cristo. Ecco perché Cristo non può essere escluso dalla storia dell’umanità in nessuna parte del globo e a nessuna longitudine e latitudine geografica. Escludere Cristo dalla storia dell’umanità è un atto contro la fame. Senza di Lui non è possibile comprendere la storia della Polonia e, soprattutto, la storia degli uomini che sono passati o stanno passando per questa terra”.

            Il Papa non ha potuto continuare. L’ovazione si trasformò in un applauso che durò quasi un quarto d’ora”[3].

Passati tanti anni, e dopo la morte del Papa, ancora molto ammirato a giudicare dalla reazione della gente prima e durante il suo funerale, scrisse ancora il padre Buela di perché Giovanni Paolo II doveva essere considerato un grande uomo: “È stato grande nel modo in cui ha accettato e affrontato la sua malattia. Era un grande comunicatore, come ricorda Elio Toaff, ex rabbino capo di Roma[4]. Giovanni Paolo II “è stato definito il primo ‘Papa televisivo’ della storia: con il suo sorriso e il suo sguardo sapeva arrivare al cuore dell’uomo”, ha detto Krzystof Zanussi, regista polacco[5]

            È stato grande per l’energia del suo lavoro, per la dimensione missionaria che ha voluto dare al suo pontificato predicando personalmente il Vangelo in centinaia di Paesi, come ha detto giustamente il cardinale Roberto Tucci, ex responsabile dell’organizzazione dei viaggi pastorali di Giovanni Paolo II: “Oggi un Papa che gira il mondo non sorprende più nessuno. Questa dimensione moderna del ministero petrino si è sviluppata con Giovanni Paolo II in modo così esteso da sembrare un aspetto centrale della sua missione apostolica”. È stato grande per la sua ferma difesa della vocazione e della santità della famiglia e della dignità di ogni vita umana dal concepimento alla morte naturale. È stato grande perché non ha mai diluito la proclamazione della ‘verità’ in formule falsamente compromettenti, ma l’ha proclamata in tutto il suo splendore, con tutte le sue esigenze: “Ha conquistato la fiducia del mondo perché ha sempre voluto e seguito la verità. Non ha cercato di compiacere gli uomini minimizzando le esigenze della giustizia o lo splendore della verità. Al contrario, ha sempre testimoniato, anche contro ogni logica umana […] in mezzo alla notte buia del mondo e alla tempesta in cui viviamo, la figura del Papa brilla più che mai, con tutta l’autorità morale che l’umanità gli conferisce” (cardinale F. X. Nguyen van Thuan, allora presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace). È stato grande per il suo magistero elevato e universale.

            È stato grande perché ha lavorato duramente per conquistare a Cristo coloro che sono il futuro dell’umanità e il futuro della Chiesa: “La lungimiranza apostolica di Giovanni Paolo II, illuminata dal suo grande amore per Cristo e per i giovani, è stata il mezzo di cui la Provvidenza divina si è servita per mettere nelle mani della Chiesa questo nuovo processo evangelizzatore [le Giornate Mondiali della Gioventù], così appropriato per le giovani generazioni degli ultimi decenni del XX secolo e dell’inizio del XXI secolo…” (Cardinale Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid). È stato grande perché è stato lo strumento efficace con cui il Signore ha chiamato migliaia di giovani, attraverso il suo esempio, a “lasciare tutto per seguire Cristo” (cfr. Mt 19,27). È stato grande perché ha affermato il primato dello spirituale, dei beni che non passano. È stato grande perché ha contribuito direttamente alla caduta del comunismo: “Oggi possiamo dire che tutto ciò che è accaduto nell’Europa dell’Est non sarebbe accaduto senza la presenza di questo Papa”, secondo le parole dell’ex presidente Mikael Gorbaciov. È stato grande perché ha insegnato alla Chiesa a respirare con i suoi due polmoni, sottolineando l’importanza delle tradizioni orientali e occidentali della Chiesa.

            È stato grande perché ha messo Gesù Cristo al centro della sua vita. È stato grande perché ha abbracciato la Croce di Cristo, che dà vita a tutto ciò che tocca”.

          Egli (Giovanni Paolo II) è stato infine nominato padre e patrono della nostra famiglia religiosa con decreto dell’allora Superiore Generale, R. P. Carlos M. Walker, il 20 febbraio 2012: “Ha effettivamente esercitato la paternità durante il suo pontificato in modo esplicito e verificabile su di noi […]. Pertanto, lo consideriamo il nostro benedetto protettore a causa della sua speciale relazione paterna”[6].

  1. Alcune frasi della Veritatis Splendor (trenta anni: 6/8/1993 – 6/8/2023)

– Sugli atti intrinsecamente cattivi:

             La parola definitiva è stata data dalla meravigliosa enciclica Veritatis Splendor di San Giovanni Paolo II. In essa, lasciando pure in chiaro il valore delle circostanze e delle intenzioni, si profila palesemente che la priorità l’avrà la determinazione che viene dallo stesso oggetto: «Sono gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati denominati “intrinsecamente cattivi” (intrinsece malum): lo sono sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. Per questo, senza minimamente negare l’influsso che sulla moralità hanno le circostanze e soprattutto le intenzioni, la Chiesa insegna che “esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto”». (S. G. Paolo II, Veritatis Splendor, 80, citando per l’ultimo paragrafo l’esortazione post sinodale Reconciliatio et Penitentia, dal 2/12/1984, 17.)

– Sulla dignità della coscienza morale umana insieme alla norma suprema che deve reggerla:

La dignità della coscienza razionale e l’autorità della sua voce e dei suoi giudizi derivano dalla verità sul bene e sul male morale, che essa è chiamata ad ascoltare e ad esprimere. Questa verità è indicata dalla «legge divina», norma universale e oggettiva della moralità.

«La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo; invece, in essa è inscritto profondamente un principio di obbedienza nei riguardi della norma oggettiva, che fonda e condiziona la corrispondenza delle sue decisioni con i comandi e i divieti che sono alla base del comportamento umano» [n. 60].

Solo nel mistero della Redenzione di Cristo stanno le «concrete» possibilità dell’uomo …

«Sarebbe un errore gravissimo concludere… che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo. Cristo ci ha redenti! Ciò significa: Egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere; Egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza.» (103).

Altri riferimenti in questo blog sulla questione della coscienza morale nel magistero di San Giovanni Paolo II:

       – Vecchi e nuovo relativismo in morale: https://bibbia.vozcatolica.com/2019/09/01/vecchio-e-nuovo-relativismo-in-morale/#_ftn8 

  

[1] Dal seguente articolo: R.P. Carlos M. Buela: Significato del viaggio del Papa in Polonia, Revista Verbo 195 [annus XXI], Buenos Aires (1979), 44-53. L’articolo è stato ristampato in: Diálogo 20 (1998), 25-38 [rivista ufficiale di divulgazione dell’Istituto del Verbo Incarnato di San Rafael, Argentina], e infine incluso nel volume completo – dello stesso autore -: John Paul II, Juan Pablo Magno, IVE Press, New York 2011, 177-191.

[2] Si riferisce al primo viaggio vittorioso attraverso la Polonia dopo l’elezione di Giovanni Paolo II a Papa nel giugno 1979. L’omelia in Piazza della Vittoria ebbe effettivamente luogo il 2 giugno 1979, alla vigilia della Pentecoste.

[3] Dall’articolo già citato (cfr. Carlos M. Buela, Juan Pablo Magno, 180-181).

[4] Citato da A. Izquierdo (ed.), El Pontificado de Juan Pablo II, Roma 2006, 46.

[5] Citato da M. Descotte, El legado de Juan Pablo II, Mendoza 2005, 152.

[6] Lettera circolare del Superiore Generale dell’IVE del 20/2/2012, a seguito della beatificazione di Giovanni Paolo II da parte di Papa Benedetto XVI.

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