UN GIOIELLO CHIAMATO EFESO: storia, cultura ed evangelizzazione

UN GIOIELLO CHIAMATO EFESO: storia, cultura ed evangelizzazione

Efeso – vista della via Curetes, principale dell’antica città.

Efeso (in greco: Έφεσος, Ephesos; latino: Ephesus; turco: Ephes) era nell’antichità una città dell’Asia Minore, nell’attuale Turchia (all’incirca tra le attuali città di Smirne e Aydın). Era una delle dodici città ioniche sul Mar Egeo, situata tra l’estremità settentrionale del Panayr Dağ (l’antico Monte Pion) e la foce del fiume Caistro, dove aveva un porto chiamato Panormo, collegato al mare da un canale artificiale. A est si trova la collina di Ayasoluk, con la valle ai suoi piedi, origine dell’attuale città di Selçuk. Tra i monti Pion e Coreso (l’attuale Bulbul Dagh), nella parte bassa, l’antica città era situata nella grande pianura alluvionale creata dal Caistro e circondata da tre grandi colline.

Importante e ricco centro commerciale, dal 129 a.C. fu capitale della provincia romana d’Asia. Tra le imponenti rovine, che ne fanno uno dei siti archeologici più noti del Mediterraneo, possiamo trovare il teatro, il piccolo Tempio di Adriano, la Biblioteca di Celso e i numerosi bagni pubblici. Solo i resti di quello che un tempo era il monumento più famoso di Efeso (secondo Pausania, l’edificio più grande del mondo antico) sono stati ridotti a un’unica colonna: il Tempio di Artemide, una delle sette meraviglie del mondo, raso al suolo nel 401 per ordine di Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli. È nota anche per essere luogo di nascita di Eraclito di Efeso, uno dei più grandi filosofi presocratici, e per essere una delle sette chiese dell’Asia citate nel libro dell’Apocalisse di San Giovanni (Ap 2, 1-6), dove lo stesso Apostolo morì a circa 98 anni e dove probabilmente fu scritto il Vangelo secondo Giovanni. Dal 2015 è Patrimonio dell’Umanità dichiarato dall’Unesco.

  1. Nome e storia

Secondo il poeta greco Criofilo, la città fu fondata, come indicato da un oracolo, nel luogo in cui “un pesce si sarebbe mostrato e un cinghiale li avrebbe condotti”.[1] Secondo l’Etymologicum Magnum, il nome di Efeso deriva da quello di un’amazzone lidia che per prima aveva onorato Artemide, chiamandola Efesia.[2] Secondo Pausania, Efeso era invece figlio del fiume Caistro che, avendo fondato la città, le aveva anche dato il suo nome. Esistono altre spiegazioni, come l’attribuzione ad alcune delle Amazzoni che si erano insediate nell’area di fondazione della città, come Smyrna Amazonica o Samorna, Ortygia, ecc. Da scritti di origine ittita del XIV secolo a.C. si hanno informazioni sul regno di Ahhiyawa, che si sa essere stato fondato nella zona di Mileto, sulla costa occidentale dell’Anatolia. Da queste informazioni risulta che una città importante del regno era Apasas. La breve distanza tra Efeso e Mileto e la somiglianza dei nomi (Apasas ed Efeso) dimostrerebbero, secondo alcuni, che Efeso era originariamente Apasas. Le ceramiche di terracotta, trovate nelle tombe del periodo miceneo, e i più antichi reperti storici di Efeso risalgono al XV e XIV secolo a.C. Ciò dimostrerebbe che gli abitanti di Micene avevano rapporti con Apasas. Strabone riferisce che Efeso fu fondata dagli Ioni spinti sulla costa anatolica da Androclo, figlio del leggendario re di Atene, Codro.[3]

La prima vera evidenza storica della città si ha dal momento che si parla da una guerra con i Magnesi (gli abitanti di Magnesia del Meandro), in cui questi ultimi furono vittoriosi. In seguito, la città sembra essere stata governata dai re di Lidia. Nel VII secolo a.C. (652), i Cimmeri invasero l’Asia Minore durante il regno del re lidio Ardis. Risalirono la valle del Caistro e devono aver raggiunto Efeso, ma non si sa nulla dei danni che causarono alla città. Nel VI secolo a.C., Creso, re della Lidia, sottomise gli Ioni e gli Eoli dell’Asia Minore assediando la città di Efeso. Erodoto racconta che gli assediati dedicarono le loro preghiere ad Artemide e collegarono il tempio e la città per mezzo di una corda.[4] Il re Creso trattò bene la città e cercò di ricostruire il tempio.

Nel secolo successivo (V secolo a.C.) la città passò sotto il dominio persiano, che assoggettò le città ioniche dell’Egeo e ne utilizzò i porti, pur godendo di una relativa indipendenza.[5] La liberazione dalla dominazione persiana giunse al termine delle guerre persiane (o mediche). Gli Ateniesi accettarono l’invito degli Ioni e si presentarono come liberatori, ma le incomprensioni causarono il ritorno del dominio persiano nel contesto delle cosiddette “guerre ioniche” (410 a.C.), anche se i Lacedemoni (sotto la guida dello spartano Lisandro) riuscirono a conquistare e governare la città nel 407, e almeno fino al 396 a.C.

Quando Alessandro Magno arrivò a Efeso nel 334 a.C., la città era in mano ai Persiani. Alessandro abolì il sistema oligarchico della città e instaurò una democrazia. Inoltre fece un sacrificio in onore di Artemide e decretò che le tasse precedentemente pagate ai Persiani fossero d’ora in poi depositate nel tempio di Artemide.[6] Uno dei generali discendenti di Alessandro, Lisimaco di Tracia, che regnava nella zona, nel 289-288 a.C. costruì le mura vicino alla città in un nuovo sito più favorevole, a 2 km a est del tempio di Artemide (dove oggi sorgono le rovine dell’Efeso greco-romana), e inondò il resto della città per costringere chi non voleva a spostarsi.

La città passò successivamente alla dinastia ellenistica dei Seleucidi e poi ai Tolomei d’Egitto. Fu nuovamente controllata dall’impero seleucide sotto Antioco III il Grande, che trascorse l’inverno del 197/6 a.C. nella città. Dopo la battaglia di Magnesia di Sifilide (tra i Romani e i re Seleucidi), Efeso fu consegnata ai Romani.[7] Dopo la guerra fu firmata la Pace di Apamea, con la quale i Romani cedettero la città a Eumenes II di Pergamo (188 a.C.). Nel 133 a.C., il re di Pergamo Attalo III morì e lasciò i suoi domini a Roma. Ci fu una ribellione, ma dopo che questa fu sedata, fu creata la provincia d’Asia, di cui Efeso era la capitale e la residenza del governatore.[8] Marco Antonio e Cleopatra sono stati a Efeso, dove eliminarono alcune sacche di ribellione e il partito anti-romano. Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), la città prosperò durante l’Impero romano. All’epoca di Strabone, la sua ricchezza si basava sul commercio e l’intera regione, fino alla Cappadocia, era piena di strade per agevolarlo.[9] La città aveva un “grammateus”, un funzionario comune a tutte le città greche, e un arconte che registrava i titoli. Tiberio volle togliere il diritto di asilo dal tempio di Artemide, suscitando l’opposizione degli Efesini, poiché fino ad allora era stato accettato da Persiani, Macedoni e Romani. Il diritto d’asilo era normalmente utilizzato dai criminali.

Efeso – Biblioteca di Celso

Intorno al 114-120 fu costruita la Biblioteca di Celso che, con una capacità stimata di 12.000 volumi divenne la terza biblioteca dell’epoca (dopo Alessandria e Pergamo).[10] Nel 262 d.C. la città e il tempio furono devastati dai Goti. Il tempio di Artemide fu distrutto e non fu mai ricostruito, anche se il culto fu mantenuto nelle sue rovine. In seguito, la città cadde in declino, accentuato dai terremoti del 358 e del 368, nonché dall’insabbiamento del fiume nell’area portuale e dalla mancanza di un adeguato sistema di drenaggio, il che causò crescenti difficoltà alle navi che arrivavano nel porto.[11]

  1. I cristiani in Efeso

Nella prima metà del primo secolo, la nuova religione cristiana si era già diffusa e Paolo di Tarso si trovò ad Efeso nell’anno 53, dove trascorse tre anni di predicazione. A quel tempo la città doveva avere una sinagoga (At 19, 1-22; 20, 31). Alla fine di questo periodo, i mercanti che vendevano statuette di Artèmide (Diana), incitati da un orefice di nome Demetrio, protestarono contro San Paolo, che predicava la vanità del culto degli idoli, e sollevarono un tumulto, gridando: “Grande è l’Artèmide degli Efesini!” (At 19, 23-40). Dopo questo episodio, San Paolo partì per la Macedonia, e poi tornò in Ionia, stabilendosi a Mileto (alcuni pensano che a Efeso abbia scritto parte delle lettere della cattività, ai Tessalonicesi, agli stessi Efesini, ma non è del tutto certo che sia stato in quel periodo). Dopo la morte di San Paolo a Roma, il capo della Chiesa di Efeso fu San Giovanni, al quale Gesù aveva affidato sua madre.

Basilica di San Giovanni (prospettiva)

Secondo alcune fonti, l’apostolo Giovanni visse e morì a Efeso; Maria sarebbe stata con lui finché non fu portata a Gerusalemme, dove morì. Questa ipotesi è stata smentita da alcune fonti, anche antiche. Durante il regno dell’imperatore Domiziano, San Giovanni fu preso, torturato ed esiliato sull’isola di Patmos, dove, secondo la tradizione, scrisse l’Apocalisse. Una delle “sette chiese” a cui sono indirizzate brevi lettere all’inizio del libro dell’Apocalisse è proprio Efeso, indirizzata all’“angelo” (vescovo) e alla comunità cristiana del luogo (Ap 2,1-6). Dopo la morte di Domiziano, Giovanni tornò a Efeso, scrisse il Vangelo, morì e fu sepolto, secondo la sua volontà, dove si trova la chiesa a lui dedicata (vicino alla collina di Ayasuluk, dove l’imperatore Giustiniano costruì una basilica nel VI secolo). Le tesi più autorevoli sulla storia delle Scritture concordano nell’identificare Efeso come il luogo in cui il Vangelo secondo Giovanni fu scritto tra il 90 e il 100 d.C. Anche Sant’Ignazio di Antiochia scrisse una lettera agli Efesini nel II secolo.

Nel 262, una flotta di 200 navi di Goti provenienti dalla Crimea passò il Bosforo, arrivò e invase Efeso, dove distrusse il tempio di Artemide bruciandolo. Il tempio, considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, fu in parte ricostruito dagli Efesini. Ma fu nuovamente distrutta, finché nel 401 completamente demolita per ordine di San Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli.

Efeso – Basilica del Concilio (presbiterio e abside)

Nel 431 si tenne il Concilio di Efeso, per volere dell’imperatore Teodosio II, per dirimere due fazioni opposte: la prima sosteneva che Maria fosse non solo la Madre di Cristo (Christotókos), ma anche la Madre di Dio (Theotókos), professando la doppia natura di Gesù, umana e divina; l’altra era convinta che Maria fosse la madre del solo uomo Gesù. Al concilio parteciparono duecento vescovi. Si tenne nella famosa chiesa di Santa Maria, di cui si conservano ancora i resti. Un altro concilio, per affrontare l’eresia del monofisismo, si tenne nel 449, noto come Latrocinium Efesi (‘brigantaggio di Efeso’), dichiarato nullo da papa Leone I.

Negli atti del primo e grande concilio risulta scritto che l’apostolo Giovanni prese con sé Maria, la madre di Gesù; venne a Efeso e si stabilì per un certo periodo a Museion, che si trovava proprio nel luogo oggi chiamato Meryem Ana o “casa della Vergine”. Nonostante l’età avanzata, San Giovanni viaggiò in tutta l’Anatolia per diffondere il cristianesimo, mentre cresceva l’ostilità contro i cristiani.

Efeso – Teatro e via Arcadia (al porto)

Efeso rimase la città più importante dell’Asia Minore bizantina durante i secoli V e VI. L’imperatore Arcadio innalzò il livello stradale tra il teatro e il porto. La città fu parzialmente distrutta da un terremoto nel 614, durante il regno di Eraclio il Grande.

  1. Trasferimento ad Ayasuluk e alla Casa della Madonna

Nel VI secolo, Giustiniano il Grande costruì una basilica dedicata a San Giovanni sulla collina di Ayasuluk, a testimonianza della tradizione del soggiorno dell’Apostolo a Efeso. La popolazione della città cominciò a spostarsi sulle pendici della collina perché il porto aveva perso la sua importanza (doveva essere dragato quasi in continuazione) ed Efeso stava declinando, mentre la collina aumentava di popolazione e di importanza, aiutata dalla costruzione della grande basilica che sostituiva la chiesa di Santa Maria. Nel VII e VIII secolo, le coste anatoliche furono oggetto di incursioni da parte degli arabi, che trovarono facile saccheggiare Efeso, approfittando dalla mancanza di unità politica in Anatolia. Dopo questi eventi, la difesa si concentrò sulla collina di Ayasuluk, che nel frattempo cresceva di prestigio mentre la vecchia Efeso giaceva in rovina.

Nell’XI secolo i Turchi Selgiuchidi presero il controllo del luogo, che era già privo di popolazione. In quegli anni, sia Venezia che Genova vi stabilirono i rispettivi consolati, diventando diocesi della Chiesa cattolica dopo la quarta crociata. I turchi chiamati Ottomani si impadronirono del luogo nel 1304, costruirono la moschea di İsa Bey e ribattezzarono il luogo Ayaslug. Le truppe del turco-mongolo Tamerlano (1402) rasero al suolo la Basilica di San Giovanni e la moschea, che fu ricostruita poco dopo.[12] Sotto il dominio ottomano, la città fu infine abbandonata.

A nove km a sud di Efeso, sulle pendici dell’antico Monte Solmiso, circondata da una fitta vegetazione, si trova una piccola cappella nota come ‘Casa della Madre Maria’ (Meryem Ana). Preceduto da un vestibolo del VII secolo, il piccolo edificio termina con un’abside conservata nel suo stato originale (IV secolo). La parte centrale è stata trasformata in cappella in un’epoca non identificata; tuttavia, diverse indagini archeologiche hanno dimostrato che, almeno nelle sue fondamenta, parte dell’edificio risale al I secolo d.C. Gli scavi iniziati nel 1898 all’interno della casa hanno portato alla luce pezzi di marmo annerito dell’antico pavimento e fuliggine indurita.

Casa della Madonna a Meryem Ana (attuale chiesa)

Le ricerche davanti al piccolo edificio hanno portato alla luce anche tre tombe, due delle quali contenevano uno scheletro completo con la testa ornata verso la cappella e con in mano monete di Costanzo (+350), Anastasio I (+518) e Giustiniano (+565). Intorno alla piccola chiesa, e soprattutto sul lato nord, gli scavi hanno portato alla luce un gran numero di ossa e resti di ceramica ellenistica (ancora in uso nel I secolo d.C.) e romana (I-II secolo d.C.), che indicherebbero l’esistenza di un insediamento permanente in quel periodo.

 

Altre ricerche suggeriscono che un monastero con sede a Meryem Ana esisteva già nella zona in epoca bizantina. L’interesse archeologico per questo sito risale alla fine del XIX secolo. Sulla base di alcune visioni di Caterina Emmerick (1774-1824), una mistica tedesca che descrisse al suo confessore Clemens Brentano momenti e luoghi della vita della Vergine Maria, è stata intrapresa una ricerca guidata da ciò che la suora tedesca aveva visto e descritto.

Meryem Ana – ingresso alla casa

I Padri Lazzaristi di Smirne affermarono che il ritrovamento corrispondeva alla descrizione fornita da Emmerick: la casa in rovina, la sua posizione sul pendio della collina, il mare di fronte ad essa. Già prima di allora, un gruppo di contadini ortodossi (Kirkindjiotes = dell’attuale Şirince), che viveva in un villaggio a 17 km di distanza, aveva l’abitudine, ricevuta dai genitori, di recarsi ogni anno a Meryem Ana per rendere omaggio a Maria nella festa dell’Assunzione.[13]

Nel 1896, a seguito di una consultazione che fece con gli esploratori il Papa Leone XIII, questi decise che la casa era un monumento da studiare. Affinché il sito diventasse un luogo di venerazione, la Chiesa cattolica lo ha riconosciuto come luogo di pellegrinaggio ufficiale nel 1951. In particolare, dopo la definizione del dogma dell’Assunzione nel 1950, Papa Pio XII ha proclamato la casa “luogo santo” (santuario), privilegio poi conferito in modo permanente da Papa Giovanni XXIII. Da allora è stata visitata dai Papi San Paolo VI (26 luglio 1967), San Giovanni Paolo II (29 novembre 1979) e Benedetto XVI (29 novembre 2006). Tuttavia, la Chiesa cattolica non si è mai pronunciata sull’autenticità della casa e difficilmente lo farà, a causa della mancanza di prove scientifiche. Una commemorazione speciale si tiene ogni anno il 15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria.

 

 

 

  1. Biblioteca di Celso e l’inculturazione del vangelo a Efeso

            Uno degli edifici più suggestivi da visitare a Efeso è senza dubbio l’imponente Biblioteca di Celso, che come abbiamo detto fu costruita per contenere un totale di 12.000 rotoli e come mausoleo per l’ex senatore di Roma, Tiberio Giulio Celso Polemiano. Fu costruito da suo figlio, l’ex console romano Gaio Giulio Aquila, tra il 117 e il 120 d.C. Celso di Efeso fu sepolto proprio sotto la Biblioteca, di fronte all’ingresso, dove si trova la statua di Atena, la dea della Sapienza.

Biblioteca di Celso (prospettiva facciata)

L’interno della biblioteca e le sue collezioni furono distrutti, a quanto pare da un terremoto o forse da un incendio, durante l’invasione dei Goti nel 262 d.C. Sopravvisse solo la facciata, che fu distrutta da un altro terremoto nel X o XI secolo, dopo il quale rimase in rovina per più di 900 anni. I resti furono scoperti durante l’esplorazione archeologica austriaca guidata da Rudolph Heberdey nel 1903, e poi nel 1908 l’architetto Wihel Wilber riuscì a fare una ricostruzione abbastanza accurata della facciata, anche se non “in situ”. Infine, tra il 1970 e il 1978 l’archeologo tedesco Volker Michael Strocka ha condotto una campagna di ricostruzione. Strocka ha analizzato i frammenti scavati dagli archeologi austriaci tra il 1903 e il 1904 e ne ha presi in considerazione altri perduti o acquisiti dai musei di Vienna e Istanbul. Nel processo, i frammenti mancanti o persi sono stati sostituiti da copie. Solo la facciata è stata ricostruita, mentre il resto dell’edificio è rimasto in rovina. Questo massiccio restauro è considerato abbastanza fedele all’edificio storico. La facciata anteriore è un esempio di architettura pubblica romana e servì da modello per altre biblioteche, meno ben conservate, in diverse parti dell’impero. La biblioteca è stata progettata secondo i principi dell’architetto romano Vitruvio. L’edificio è a un solo piano ed è rivolto a est, verso il sole del mattino, a beneficio dei mattinieri.

La biblioteca è costruita su una piattaforma con nove gradini, che si estendono per tutta la larghezza dell’edificio. La facciata in marmo è alta 17 m, larga 21 m e si sviluppa su due piani. Prima dell’ingresso, quattro coppie di colonne con capitelli compositi poggiano su piedistalli. Altre otto colonne corinzie si ergono direttamente sopra la prima serie, aumentando l’altezza dell’edificio. Dietro il vestibolo si trovano tre portali d’ingresso, di cui quello centrale è il più piccolo. Le coppie di colonne al secondo livello (piano) incorniciano le finestre, così come le colonne al primo livello incorniciano porte e finestre. Le colonne del primo livello creano nicchie che ospitano statue (quelle attuali sono copie degli originali) che personificano 4 virtù: la saggezza [Sophia], l’intelligenza (o “buon pensiero”) [Ennoia], l’eccellenza o virtù [Areté], la salda conoscenza (Episteme), tutte attribuite a Celso. Questo tipo di facciata, con cornici inserite e nicchie per le statue, è simile a quella utilizzata negli antichi teatri greci (sopra il palco, dietro l’orchestra, o skene).[14]

La Biblioteca di Celso: Faro Culturale dell'Impero Romano a ...Celso divenne console poco più di trent’anni dopo la morte di San Paolo, e quasi cinquant’anni dopo il periodo in cui l’Apostolo visse in quella città. Sebbene si possa ritenere che fosse un uomo dotato di doni particolari, la descrizione delle sue virtù è senza dubbio un riflesso fedele dell’atmosfera di grande cultura in cui si viveva, con particolare attenzione alla pratica delle virtù intellettuali e pratiche. Due delle virtù indicate nelle statue sulla facciata sinistra della biblioteca sono: la saggezza [Sophia], l’intelligenza (o “buon pensiero”) [Ennoia]. Sorprendentemente, San Paolo, nell’inno cristologico della lettera agli Efesini (scritta intorno al 56 o 61), afferma:

             In lui, mediante il suo sangue, otteniamo la redenzione, il perdono dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia, che si è generosamente riversata in noi con ogni sorta di sapienza e intelligenza (Ef 1, 7-8).[15]

            Pur se i termini non coincidano esattamente, troviamo una stretta approssimazione. Non si può dubitare che l’Apostolo fosse consapevole dell’amore per la sapienza e per la conoscenza da parte degli Efesini e che volesse applicare queste caratteristiche alla conoscenza e all’amore di Cristo per attirare l’attenzione dei cittadini. Questa intenzione è ancora più evidente quando leggiamo: “per ricondurre [ricapitolare] al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra” (Ef 1, 10). L’argomento della ricapitolazione, così comune nel mondo neoplatonico, concepito come il ritorno di tutte le cose all’inizio esemplare e primordiale, è già pienamente applicato a Cristo nel Nuovo Testamento, e in seguito lo sarà anche nella teologia cristiana. Un vero esempio di inculturazione che siamo chiamati a imitare. Una conoscenza approfondita dei luoghi e dell’atmosfera in cui il NT è stato elaborato può essere di grande aiuto a questo proposito.

Insomma, Efeso offre una serie di meraviglie di cui l’eredità cristiana non può fare a meno per una conoscenza approfondita delle sue radici, oltre che per l’elaborazione di un modello di azione apostolica e pastorale per il futuro.

[1] Kreophilos von Ephesos, FGrHist, 417, F. 1.

[2] Cf. Stephano Bizantino., s.v.‚ Efesos.

[3] Strabone, Geographikà, XIV 1,3 cc. 632-633.

[4] Erodoto, Storie, I, 92,1.

[5] Cf. Strabone, Geographikà, XIV 1, 5 c. 634.

[6] Cfr. Arriano, Anabasis di Alessandro Magno I, 17,10; I, 18, 2.

[7] Cf. Tito Livio XXXVI e XXXVII, 45; Apiano, Guerre siriane V, 27.

[8] Cfr. Plinio il Vecchio V, 120.

[9] Cf. Strabone, o.c., XIV, 1, 14.

[10] Fu costruita in onore al senatore, console e proconsole romano Tiberio Julio Celso Polemeano (completata verso il 135) dallo stesso figlio di Celso, Tiberio Julius Aquila Polemeano (console nell’anno 110). Celso era stato console nel 92, essendo dopo proconsole imperiale della provincia romana di Asia.

[11] Cfr. J. Rodríguez Cabezas, «La biblioteca de Éfeso», pp. 145-146, 151, in: Espacio, tiempo y forma, serie II, historia antigua, t. 13 (2000), pp. 141-157. Cfr. Ángel L. Vera Aranda, Breve historia de las ciudades del mundo clásico, pp. 268, Madrid: Nowtilus (2010).

[12] Cfr. A. Luis Vera Aranda, Breve historia de las ciudades del mundo clásico, pp. 271-272.

[13] Fonte: http://www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=article&sid=199 [consultata il 29/08/2022].

[14] Fonti: https://es.wikipedia.org/wiki/Biblioteca_de_Celso#cite_note-3 e https://sitioshistoricos.com/biblioteca-de-celso-en-efeso/ [consultado el 29/08/2022].

[15] Il testo paolino impiega sofīa, come primo termine, e phrónesei (da phrónesis), come secondo, passato in latino come prudentia, anche se la traduzione come “intelligenza” non è di per sé sbagliata, tenendo conto che si tratta di intelligenza pratica. Ennoia possiede probabilmente una sfumatura simile.

VIDEO DA SCARICARE per completare L’INFORMAZIONE (voce principalmente in italiano)

Efeso – via Arcadiana Efeso – biblioteca di Celso esterno
Efeso – il grande teatro Efeso – biblioteca di Celso interno
Efeso – Via Curetes (vista da sopra) Efeso – Basilica di San Giovanni Efeso – Basilica di San Giovanni – abside e tomba

 

 

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