RECENSIONE: TRASPARENZA E SEGRETO NELLA CHIESA CATTOLICA

RECENSIONE: TRASPARENZA E SEGRETO NELLA CHIESA CATTOLICA, di P. Jordi Pujol Soler e Rolando Montes de Oca; Marcianum Press, Venezia 2022, 253 pp.

Prof R. P. Jordi Pujol

Il lavoro di questi due sacerdoti, Padre Jordi Pujol e Rolando Montes de Oca cerca di sviluppare lo studio di due concetti che sono entrati in pieno nella vita della Chiesa Cattolica negli ultimi anni: il concetto di trasparenza e quello della segretezza.

Il libro è strutturato del seguente modo: I due primi capitoli vengono dedicati a quello che gli autori considerano vi sia sviluppato di fatto nella Chiesa durante un lungo periodo; un abuso della segretezza che si è dimostrato come “un forte alleato dalla corruzione” di ogni genere (p. 29), pur se gli autori convergono nell’importanza di proteggere gli spazi necessari di riservatezza e confidenzialità. Segue l’analisi del concetto di trasparenza (cap. dal 3 al 7) con tutte le sue sfumature, e il problema suscitato dall’incorporazione di questo concetto alla Chiesa come una norma considerata quasi assoluta. Qua viene abbordato un altro termine, oggi molto in uso, che sveglia anche tutta una problematica: la “tolleranza zero” come politica contro l’abuso, e il problema che questo pone al principio giuridico universale della “presunzione di innocenza” (cc. 5 al 6). Analizzerà posteriormente una proposta di trasformazione e comunicazione organica nella chiesa (cc. 9 e 10), per finire con un’appendice dove gli autori propongono un concetto che chiamano traslucenza (cap. 15), come alternativa per una politica ecclesiale onesta, più fondata sulla verità evangelica [p. 17].

Il problema risiede infatti nel mettere a confronto il fondamento dell’istituzione in questione – la Chiesa Cattolica – e l’applicabilità ad essa, di certe categorie moderne e accidentali. Il vangelo si fonda sulla verità, che si identifica con lo stesso Gesù (Gv 14,6); questa racchiude in sé un mistero e santità: va rivelata, ma non lo si può fare mai del tutto [p. 16]. La trasparenza invece, non è un concetto evangelico, neanche assoluto. È solo un mezzo, uno strumento che possiede i suoi limiti. “La trasparenza ha dei limiti imposti dalla dignità della persona umana e dal bene comune, per gli stessi motivi che rendono sana certi tipi di censura e necessaria la confidenzialità” [p. 145]. “Il problema è che la metafora della trasparenza non ammette limiti (ecco perché è stato inappropriato il suo utilizzo in certe problematiche morali, diciamo noi). La realtà o è totalmente trasparente o non è trasparente”. “Nell’opinione pubblica la trasparenza s’identifica con tutto ciò che è buono, e così gli abusi di questa pratica non sono solitamente percepiti come tali perché la trasparenza è stata canonizzata secolarmente” [p. 151].

Il concetto di trasparenza nella Chiesa si è applicato al caso di abusi sessuali tramite uno slogan, quello della “tolleranza zero”, che ebbe inizio in un celebre discorso di Giovanni Paolo II nel 2002, sebbene non sia mai stato il Papa a pronunciare letteralmente quella frase.[1] È una espressione usata per riferirsi, drastica e rigorosamente, al grado di flessibilità [zero] che verrà applicato a determinate comportamenti. Non si tratta di un concetto giuridico, ma di un’espressione dal forte impatto comunicativo” [pp. 109-110].

L’utilizzo di un’espressione di questo genere, secondo i nostri autori, ha dato origine a una pseudo trasparenza, che nel caso degli accusazioni contro membri del clero “entra in conflitto con il diritto ad essere ritenuti innocenti fino a prova contraria e con il diritto alla buona reputazione” [p. 112]. Inoltre, ha portato all’espulsione dallo stato clericale e a diffondere nell’immaginario collettivo profili negativi e falsi di persone religiose (…) La trasparenza illimitata però, non porta alla giustizia né al servizio della verità; è una comprensione facile ma errata della “tolleranza zero”, una sorta di “giustizialismo” e persino di “giustizia spettacolarizzata” [cfr. p. 114].

Una delle conseguenze più grave di questo capovolgimento giuridico è stato quello che i nostri autori, citando altri fonti, chiamano un ‘cambio di paradigma etico’, quello della giustizia per quello della vergogna: “Nel paradigma della giustizia, il giudizio etico porterebbe a dire: «hai commesso un cattivo atto» o «hai torto», mentre nel paradigma della vergogna si dice: «sei una persona cattiva». Nel primo caso, il principio morale da giudicare è oggettivo (giusto o sbagliato), nel secondo è più arbitrario ed emotivo (la persona è buona o cattiva), seguendo gli standard delle percezioni sociali” [p. 105]. Ecco perché il paradigma della vendetta, con social media, viene riconosciuto come una “enorme regressione sociale” [p. 106].[2] “La vergogna online non è regolata dal sistema legale: invece di essere puniti da un’autorità pubblica in modo affidabile, avviene un linciaggio pubblico senza limiti. Non si tratta più di una giustizia procedurale e imparziale, deliberativa e neutrale, tipica di una società liberale e democratica” [p. 107].[3]

L’altro principio giuridico fondamentale, sancito già nel diritto anglosassone come in quello canonico – e in tutti i sistemi giuridici – è quello della presunzione di innocenza, la grande perditrice di questa politica debole di tolleranza zero: “Si tratta dunque di un attacco alla presunzione di innocenza a cui ogni persona ha diritto, aggravato dalla mancata carità, vincolo che dovrebbe unire coloro che fanno parte di un’istituzione che si definisce «comunione»”. “La ragione più ovvia per tutelare il principio della presunzione di innocenza è che si tratta di uno strumento essenziale per proteggere gli innocenti da condanne ingiuste (…) È interessante notare come il criterio della necessità di prove per la condanna sia entrata nel diritto civile, perché già esisteva nel diritto canonico” [cfr. p. 114].[4]

La pseudo trasparenza non tiene neanche in conto le conseguenze di una tale politica riguardo le attuali mass media, che impongono sì una rilettura dei dati che non costituiscono ancora una prova, godendo di un influsso a grande scala sulla massa sociale, a scapito tante volte della stessa verità: “Pubblicare dati, tra cui i nomi degli accusati, sapendo che questo li farà percepire come colpevoli e verranno giudicati come tali dall’opinione pubblica, pone il problema della fedeltà alla verità” [p. 115].

Prof R. P. Rolando Montes de Oca

I nostri autori forniscono tantissimi esempi di quanto detto, sviluppando un serio lavoro di ricerca. Scegliamo solo due, a modo di mostra: uno dei più famosi nella Chiesa è stato il caso di Marik Lisinski, una presunta vittima di abuso sessuale al quale il Papa ha baciato la mano e la cui foto ha fatto il giro del mondo. Il sacerdote accusato, don Zdzislaw Witkowski, punito con il divieto di esercitare il ministero sacerdotale, fu ritenuto colpevole da parte del suo vescovo diocesano e dalla Congregazione per la dottrina della Fede nel Vaticano. La storia raccontata da Lisinski risaliva agli anni 1980-81 quando era chierichetto nella sua città natale e sarebbe stato abusato dal prete in questione, ed è stata considerata credibile. L’inchiesta giornalistica ha portato alla luce che nel 2007 Lisinski ottenne dal sacerdote un prestito dal valore di quasi 5000 mila euro per la cura della sua moglie, malata di cancro. Più tardi, il sacerdote chiese indietro il denaro. Nel 2008, Lisinski promise di restituire ma rispose con una minaccia: “Se non ti calmi, Padre, so come impigliarti”.

Nel 2010, dopo aver studiato su Internet come mettere in scena un’accusa credibile e chiedere risarcimento, Lisinski scrisse una lettera al vescovo di Plock, ma gli esperti del tribunale ecclesiastico diocesano stabilirono che non c’erano elementi per andare avanti con questa accusa, opinione corroborata anche dallo psicologo responsabile. Tuttavia, il clima in Polonia era cambiato, ed era stata lanciata una forte campagna mediatica indicando la Chiesa come una grotta di pedofili, ed era stata creata la fondazione ‘Non aver paura’ della quale Lisinski divenne rapidamente presidente. In questo contesto, il vescovo ha voluto apparire come un esempio di ‘tolleranza zero’, mostrando un atteggiamento decisamente combattivo contro gli abusi. La storia di padre Witkowski, il presunto aggressore, è stata l’occasione perfetta.

Il vescovo, non indagando i numerosi testimoni a favore del sacerdote, impose sanzioni contro il presunto abusatore, tra cui il divieto di esercitare il ministero sacerdotale per tre anni, sanzioni confermate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede su notizie inviati dal vescovo. Ci sono arrivati lettere al cancelliere della curia chiedendo ‘risarcimento finanziario’ per l’equivalente di quasi 47mila euro. È stata scoperta anche una mail inviata all’organista della parrocchia di don Witkowski, in cui si chiedevano 35mila euro alla curia e si chiudeva con l’espressione “c’è molto che può essere addebitato … il sacerdote della curia è così spaventato che farà di tutto per convincermi a non andare dei giornalisti, ma tu rimani in silenzio …”. Infine, quando Lisinski ottenne dal vescovo la copia del decreto vaticano contro il sacerdote, andò dritto in tribunale chiedendo alla Chiesa 235 mila euro come ricompensa per aver ritirato l’accusa. Witkowski cercò di intentare una causa contro Lisinski, ma l’allora cancelliere – a nome del vescovo – chiese che il sacerdote ritirasse immediatamente l’accusa contro Lisinski, un’indicazione che il sacerdote eseguì in spirito di obbedienza.

Per Don Witkowski non è esistito il diritto alla presunzione di innocenza, né all’ascolto (…) Fu condannato dall’ambizione sfrenata dalla sua falsa vittima e anche dal cattivo giudizio del suo vescovo [cfr. pp. 129-132].

Un altro esempio, fornito dagli autori, è costituto dalle parole dello stesso Papa Francesco su perché abbia accettato immediatamente la dimissione dell’arcivescovo di Parigi Mons. Aupetit, poiché il Papa dichiarò, tornando dalla Grecia: “Quando il chiacchiericcio cresce e cresce e ti toglie la buona fama di una persona, quell’uomo non potrà governare, perché ha perso la fama, non per il suo peccato, ma per il chiacchiericcio delle persone responsabili di raccontare le cose. Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. È questo è un’ingiustizia. Per questo ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia” [p. 120].[5] Di fatto, i nostri autori non molano in ribadire come il papa Francesco afferma di difendere in questi casi, la presunzione di innocenza. In viaggio di ritorno dell’Irlanda, dichiarò pure che: “i sette u otto preti accusati di pedofilia a Granada, in Spagna, sono stati più di tre anni soffrendo l’odio, gli schiaffi di tutto il popolo e criminalizzati. Alcuni sono stati in carcere. Dopo tre anni e più, la giuria li dichiara innocenti tutti (…) e colpevole il denunciante (…) Quelli che informano devono sempre partire dalla presunzione di innocenza, dicendo le proprie impressioni, dubbi…, ma senza dare condanne” [cfr. p. 126].[6]

La presente opera costituisce un’indagine chiara, lucida, che occorreva e toccava fare, e la consideriamo molto valida. Esprimiamo nonostante una certa costernazione al riguardo, considerando sia un po’ paradossale che, nella prefazione [pp. 1-7], Russell Shaw, già direttore della comunicazione presso la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, e che ha scritto il famoso libro: Nothing to hide: Secrecy, Communication, and Communion in the Catholic Church, sembri sottolineare che il grande traguardo di quest’opera sia solo l’analisi e la denuncia dei vizi della segretezza, analisi che nel libro solo si sviluppa nei due primi capitoli. Ancora più ci sbalordisce che, nella postfazione fatta di Mons. Charles J. Scicluna, Segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede [pp. 237-243], si insista in modo positivo sul concetto di trasparenza come uno dei “traguardi culturali sui quali non si può tornare indietro” [p. 237], quando chiaramente scartato dagli autori stessi come un concetto auspicabile per risolvere il problema delle accuse per presunti delitti in materia sessuale.

Insieme agli autori concludiamo che la santità, alla quale il Signore chiama tutti i membri della sua Chiesa e per ragione della quale questa è stata fondata, non è una realtà che entri in stretto rapporto con la trasparenza, almeno tale e come questa la si capisce oggi perfino in ambito cattolico: “Il santo non è trasparente. Piuttosto, traccia una sfocatura misteriosa. Il prossimo regno di pace non sarà chiamato una società di trasparenza. Questo non è uno stato di pace”.[7] La trasparenza illimitata rende impossibile l’esperienza del mistero (misticismo e liturgia) e certamente la sua comunicazione (pastorale e teologia) [p. 146]

P. Carlos D. Pereira, IVE

 

[1] La frase letterale fu: “Non c’è posto nel sacerdozio e nella vita religiosa per chi fa del male ai giovani” (Giovanni Paolo II, Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla riunione interdicasteriale con i Cardinali degli Stati Uniti d’America, 23/4/2002). Reperibile in: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2002/april/documents/hf_jp-ii_spe_20020423_usa-cardinals.html [da noi consultato il 7/7/2022].

[2] Citando frequentemente l’opera del rabbino J. Sacks, Morality: Restorign the Common Good in Divided times, New York 2020, 216.

[3] Per approfondire rimanda anche all’opera di J. Ronson, So You’ve Been Publicly Shamed, Picador, London 2015, 63ss.

[4] E anche in Tommaso di Aquino (Somma Teologica, II-II, 70, 3), che cita le stessi fonte del diritto romano (Decretali di Graziano, II, tit. XXIII, c.16; Digesto: De poenis, Ulpiano, 1, 5) ed ecclesiale (Gregorio Magno): “de quolibet praesumendum est bonum, nisi appareat contrarium”: “presumere il bene di tutti, eccetto che appaia il contrario”, pur avvertendo che “si applichi purché non provochi il pericolo di terzi” (ad 2).

[5] Cfr. Francesco, Conferenza stampa durante il volo di ritorno dalla Grecia il 6/12/2021, disponibile su: https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/december/documents/20211206-grecia-volodiritorno.html  [errore sul libro; consultato da noi il 6/7/2022].

[6] Cfr. Francesco, Conferenza stampa durante il volo di ritorno dall’Irlanda il 26/8/2018: disponibile su: https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/august/documents/papa-francesco_20180826_irlanda-voloritorno.html  [consultato da noi il 6/7/2022].

[7] Cfr. B-C. Han, La sociedad de la transparencia, Herder, Barcelona 2018, 38 (traduzione dagli autori del libro).

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