II. Criteri per conoscere l’esistenza dei libri ispirati

Inspiración

      La prima questione che ci proponiamo di risolvere è quella riguardante il fatto dell’ispirazione dei Libri Sacri. Per questo motivo, è necessario in primo luogo considerare quale sia il criterio che permette di “conoscere con certezza”. Questo porta a dover trovare un ‘criterio oggettivo’ di distinzione, cioè, una regola che ci permetta di differenziare quando si può parlare di un libro ispirato e quando no. La questione non verte sul criterio di canonicità che fa riferimento al modo e al processo storico con il quale si è giunti ad includere questi libri nel “canone” della Chiesa.

            Il criterio che in definitiva serve per distinguere i libri ispirati da quelli che non lo sono deve includere le seguenti condizioni:

1. Essere adatto a manifestare questo fatto.

2. Pienamente infallibile.

3. Valido per tutti i libri biblici.

4. Valido ed accessibile a tutti.

I criteri sono di due tipi: interni, originati cioè, dall’analisi del libro o dell’autore; ed esterni, ovvero fondati sull’attestazione di un’autorità che garantisce estrinsecamente la condizione d’ispirazione di questi testi.

1. Criteri interni

A) Criteri da parte del libro:

A -1) In ragione del contenuto e della forma dei libri: criterio oggettivo

Questa è la posizione, tra i molti, di John Wyclif (Wycliffe). Per lui, l’attestazione stessa della Scrittura è il criterio per attestare la canonicità di un testo, e quindi della sua condizione di ispirato. Essa (la Scrittura) è aperta all’intellezione degli uomini, perfino dei più semplici, per quanto concerne le cose necessarie alla salvezza. Identica ne sono le posizioni di Jan Huss e Martin Lutero; questo ultimo aggiunge, come ulteriore criterio d’ispirazione, l’intensità con cui si predica Cristo mediatore, e la manifestazione, nel Nuovo Testamento, della dottrina della giustificazione per mezzo della sola fede.

A -1.1) Critica

a) Sono criteri non accessibili a tutti, poiché esigono una conoscenza del testo ed una certa valutazione del medesimo.

b) Non è un criterio universale applicabile a tutti i libri né a tutte le sue parti; perché infatti non tutti hanno la stessa eccellenza e maestà nel contenuto, né tutti raccontano miracoli, né sono tutti profetici, né tutti parlano della giustificazione attraverso la fede.

c) Confonde le qualità di uno scritto con l’origine dello stesso, e dunque, con questo criterio, molti altri libri dovrebbero essere ritenuti ispirati.

d) Si tratta di un criterio soggettivo ed arbitrario: non c’è a priori relazione di necessità tra questo criterio ed il fatto che Dio abbia ispirato questi libri.

A -2) Criterio oggettivo – soggettivo: gli effetti religiosi del libro

Il libro che produce effetti religiosi e salvifici manifesta che ne contiene, e pertanto è ispirato. Dice Calvino: “La Scrittura ha un perché per farsi conoscere, così come le cose bianche hanno un perché per mostrare il loro colore, e le cose dolci ed amare il loro sapore”. Questo fa sì che l’ispirazione di questi libri venga conosciuta ad un primo sguardo. Questo è stato un criterio comune tra i protestanti ortodossi fino al secolo XVIII.

A -2.1) Critica

a) Si tratta di un criterio soggettivo ed oscillante, mentre quello che cerchiamo è un criterio oggettivo. Non sempre i libri biblici producono il gusto e la commozione religiosa, effetti che dovrebbero prodursi sempre se si pretendesse di rendere certo questo criterio. Sappiamo che alcuni libri non producono gusto o diletto, ad esempio le liste genealogiche del Levitico e delle Cronache. In questo modo, si potrebbe arrivare alla conclusione che uno stesso libro nello stesso tempo sia e non sia ispirato, perché a volte produce l’effetto e a volte no.

b) È un criterio che potrebbe essere applicato in egual misura anche ai libri non biblici.

c) Non c’è relazione di necessità tra questo criterio e l’ispirazione: né a priori, né a posteriori, poiché ci sono libri che producono questi effetti e non sono ispirati, come ci sono libri ispirati che non producono questi effetti.

B) Criteri basati sull’autore umano:

B -1) Testimonianza dell’autore umano:

            Questo criterio afferma che non c’è migliore testimone di un’opera che colui che l’ha fatta o composta. Se il libro è ispirato, la migliore attestazione è quella dell’autore.

B -1.1) Critica:

a) È un criterio inefficace quando si vedono, per esempio gli autori apocrifi, che portano il titolo di profeti o apostoli.

b) Non è un criterio universale; sono infatti pochi quelli che ricevettero esplicitamente il mandato divino di scrivere. Nell’Antico Testamento abbiamo Mosè, Isaia, Geremia, e pochi altri. Nel Nuovo Testamento, San Giovanni; d’altra parte, il mandato di scrivere non include di per sé l’ispirazione.

c) Piuttosto alcuni libri sembrerebbero escludere l’ispirazione: Ad esempio II Maccabei è un riassunto (cfr. II Mac 2,24), e Luca, all’inizio del suo vangelo, parla di una ricerca e di confronto di fonti.

d) In realtà, ordinariamente l’ispirazione è inconscia all’agiografo.

e) Si corre il rischio di cadere in un circolo vizioso se si considera l’attestazione della propria ispirazione come ispirata. Ma se, d’altra parte, si prende come una semplice attestazione umana, non è concludente.

f) Non c’è relazione necessaria tra questo criterio ed il fatto dell’ispirazione divina in determinati libri.

B -2) Carisma dell’apostolato:

            Questa posizione parte dal fatto che Cristo promise l’assistenza dello Spirito Santo per rimanere e penetrare nel suo insegnamento. Questa assistenza, in modo specialissimo, si dava agli Apostoli, per permettere loro di compiere il loro mandato. E dal momento che l’insegnamento apostolico poteva essere orale o scritto, ad entrambi i modi si estende l’ispirazione. Chi sistematizzò questo argomento fu il teologo protestante J. Michaelis nel 1791.

B -2.1) Critica:

a) Si tratta di un criterio parziale, non universale. Non serve, in realtà, per i libri dell’Antico Testamento. Per superare questa difficoltà alcuni autori ricorsero al carisma della profezia, col quale abbiamo in realtà una pluralità non necessaria di criteri.

b) Questo criterio non risulta valido per tutti i libri del Nuovo Testamento: Marco, Atti, Luca.

c) Provoca una confusione tra rivelazione, infallibilità ed ispirazione. Tutti gli Apostoli, nella loro predicazione, trasmettevano la rivelazione pubblica, che finì giustamente con la morte dell’ultimo Apostolo, ed in quella predicazione godevano dell’infallibilità. Ma in riferimento all’ispirazione biblica, sappiamo che, in realtà, solo determinati Apostoli ebbero il carisma dell’ispirazione per determinati scritti. Non c’è pertanto, relazione di necessità, nemmeno affermando che il carisma dell’ispirazione fosse in realtà connesso estrinsecamente col carisma dell’apostolato. Così, di altri scritti apostolici persi, per esempio, la lettera di Paolo ai cristiani di Laodicea, e magari una lettera di san Paolo ai Corinzi, anteriore alla 1 Corinzi, non sappiamo se fossero ispirati.

d) Neanche i Padri arrivarono alla conclusione di essere ispirato un libro a partire dalla sola origine apostolica. Il criterio dei Padri, specialmente dal secolo II, fu non il carisma dell’apostolato, bensì la tradizione apostolica, cioè, la tradizione che risale agli Apostoli.

2. Criteri esterni

1) Criterio “privato”

         Questo argomento afferma che Dio testimonia immediatamente a chi legge la Scrittura la realtà dell’ispirazione del libro. È un criterio classico tra le Chiese protestanti storiche. “Lo Spirito Santo testimonia nei nostri cuori che essi [i libri sacri] derivano da Dio e che portano in se stessi la sua approvazione”. Sono canonici “non soltanto per il sentimento unanime della Chiesa, ma anche e principalmente per l’attestazione dello Spirito Santo e la convinzione che Egli dona interiormente, poiché Egli è Colui che fa distinguere la Scrittura dagli altri scritti ecclesiastici”.

1.1) Critica

a) È un criterio soggettivo e discutibile: Dio potrebbe illuminare certamente privatamente alcuni uomini, ma non è sufficiente per quello che noi cerchiamo.

b) Si presta facilmente a deformazioni e parzialità.

c) Si opporne all’esperienza, poiché in realtà nessuno l’ha percepito in modo esplicito e determinante. Tuttavia la discrepanza tra le confessioni protestanti, specialmente nei movimenti religiosi liberi di origine cristiana nei secoli XIX e XX negli Stati Uniti, è un’irrefutabile prova a sfavore di questa teoria.

2) Criterio “pubblico” intermedio: l’uso liturgico

            A metà strada tra l’attestazione privata al fedele immediatamente da Dio, e l’attestazione pubblica di un magistero normativo e vincolante, realizzato per un’istituzione che risale all’origine apostolica dei libri biblici, si colloca questo argomento che prende come criterio l’uso liturgico che fece la Chiesa primitiva di questi libri. I libri biblici, usati nelle assemblee liturgiche dei primi cristiani, erano considerati come normativi della fede e della vita cristiana, perché erano visti come ispirati da Dio.

2.1) Critica

a) Nella liturgia primitiva non si lessero sempre tutti i libri della Scrittura, per esempio i deuterocanonici.

b) Dei libri che si leggevano, non si leggevano tutte le loro parti, ma venivano selezionate secondo l’opportunità liturgica. Quindi, se il criterio per parlare dell’ispirazione è l’uso dei testi nella liturgia, allora non sarebbero ispirate le parti non scelte per la lettura. D’altra parte, se si pensa che basta l’uso di alcune parti di un libro per giustificare tutto, si tratta di un principio che è necessario dimostrare.

c) Nelle assemblee liturgiche primitive si leggevano anche altri scritti ecclesiastici: la prima Lettera di Clemente Romano, testimoniata da Eusebio di Cesarea, le “passioni” dei martiri, testimoniata dal Concilio I di Cartagine, la Lettera di Policarpo, testimoniata da San Girolamo, ecc.

3) Criterio “pubblico” definitivo: la Tradizione ed il Magistero della Chiesa

            Trattandosi di un fatto soprannaturale, l’attestazione deve farla Dio o chi prende il suo posto, cioè la Chiesa. Questo criterio è duplice: uno remoto e l’altro prossimo, e si completano perfettamente.

3.1) La tradizione

         È una delle fonti della Rivelazione. I padri, testimoni privilegiati di questa Tradizione, sono i garanti dell’ispirazione delle Scritture. Tra le innumerabili attestazioni, abbiamo:

a) Sant’Ireneo, nel Adversus Haereses: “Noi conoscemmo la disposizione della nostra salute grazie a quelli per i quali venne il Vangelo fino a noi; il quale ce l’annunciarono innanzitutto allora, e dopo, per volontà di Dio, ce lo consegnarono (tradiderunt) nelle Scritture”.

b) Clemente di Alessandria, respingendo una falsa sentenza di un vangelo apocrifo, argomenta nello Stromata: “Innanzitutto, noi abbiamo ricevuto questo nei vangeli che ci furono consegnati”.

c) Origene, trascritto da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica: “Io ricevetti come venuto della tradizione, in quello che si riferisce ai Vangeli che sono gli assoli incontestabili nella Chiesa di Dio… “.

d) San Cirillo di Gerusalemme, nelle sue Catechesi: “Medita solo e ripassa i libri che leggiamo nella Chiesa con certezza; molto più prudenti di te erano gli Apostoli e gli antichi vescovi rettori della Chiesa a cui essi li consegnarono; tu, pertanto, essendo figlio della Chiesa, non pervertire le leggi sistemate”.

3.2) Magistero

        Il riferimento alla Tradizione, sull’origine dei testimoni di questo insegnamento rivelato come garanzia sull’ispirazione, è in realtà, la norma remota della nostra fede. La norma prossima è il Magistero della Chiesa che conserva la verità nel deposito della Rivelazione. In questo modo, il deposito della fede diventa percettibile alla credenza con un valore infallibile di fede. Il criterio ultimo e prossimo perciò, che presenta l’esistenza dell’ispirazione biblica di determinati scritti alla coscienza dei fedeli è l’autorità infallibile del Magistero della Chiesa. Questa è stata storicamente istituita da Gesù Cristo con la finalità di continuare la sua missione che comprende, tra i principali elementi, l’insegnamento, ed è stata dotata con tutti i mezzi necessari per sviluppare questo mestiere, concretamente, un magistero autorevole ed infallibile. Questa propone, come dogma di fede, l’esistenza di un insieme di libri ispirati. Questo è quello che esprime Sant’Agostino dicendo: “Non crederei il Vangelo se non mi determinasse a ciò l’autorità della Chiesa cattolica.”

 

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