L’ISPIRAZIONE e IL MISTERO dell’ INCARNAZIONE. Il PARALITICO NELLA PISCINA DI BETESDA (Jn 5, 1-11)

L’ISPIRAZIONE e IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE. Il PARALITICO NELLA PISCINA DI BETESDA (Jn 5, 1-11)

[esposizione nella Giornata biblica del seminario San Vitaliano Papa, a Montefiascone (VT), il 25/4/2024] sem. Tadei Hanchak

INTRODUZIONE

            Nel nostro direttorio di Seminari Maggiori si dice che: “la Sacra scrittura si deve studiare con speciale diligenza per trattarsi “dell’anima di tutta la teologia”, che in quanto tale “deve informare tutta la totalità delle discipline teologiche”. La parola di Dio scritta è analoga all’Incarnazione del Verbo, per cui “studiare le Scritture è studiare Cristo”, e gli errori sulla natura delle Sacre Scritture sono analoghi agli errori sul Verbo Incarnato”[1]. Ecco perché supponiamo che, prima di iniziare l’esposizione, sarebbe utile chiarire due aspetti che sono in rapporto mutuo tra sé:

  1. Speciale rapporto tra l’ispirazione biblica e il mistero dell’Incarnazione
  2. L’importanza della retta l’esegesi, cioè della ricerca dell’autentico significato della Parola di Dio.

            Come guida per il compito proposto prendiamo l’insegnamento di papa San Giovani Paolo II e più precisamente alcune affermazioni nel suo discorso sull’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa, dal 23 aprile 1993. Perché è proprio lì che il Santo Padre ribadisce lo stretto rapporto che unisce i testi biblici ispirati al mistero dell’Incarnazione, citando l’enciclica “Divino afflante Spiritu” del papa Pio XII. Così abbiamo una formulazione che possiamo chiamare principio fondamentale di qualsiasi studio sulla Bibbia:

            «Così come la Parola sostanziale di Dio si è fatta simile agli uomini in tutti i punti, eccetto il peccato, così le parole di Dio, espresse in lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio umano in tutti i punti, eccetto l’errore»[2].

            Prosegue san Giovani Paolo II, dicendo: “È vero che mettere per scritto le parole di Dio, grazie al carisma dell’ispirazione scritturale, costituiva un primo passo verso l’Incarnazione del Verbo di Dio…. D’altra parte, è grazie all’aspetto profetico di queste parole che è stato possibile riconoscere il compimento del disegno di Dio, quando «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). Dopo la glorificazione celeste dell’umanità del Verbo fatto carne, è ancora grazie a delle parole scritte che il suo passaggio fra noi rimane attestato in modo duraturo[3].

            In questo discorso Papa indicava agli esegeti quale sarebbe la retta via che dovrebbero seguire nel suo arduo lavoro: “Le due encicliche («Providentissimus Feus» e «Divino Afflante Spiritu») richiedono agli esegeti cattolici di restare in piena armonia con il mistero dell’Incarnazione, mistero d’unione del divino e dell’umano in un’esistenza storica assolutamente determinata. L’esistenza terrena di Gesù non viene definita soltanto tramite luoghi e date dell’inizio del primo secolo in Giudea e in Galilea, ma anche tramite il suo radicamento nella lunga storia di un piccolo popolo del Vicino Oriente antico, con le sue debolezze e le sue grandezze, con i suoi uomini di Dio e i suoi peccatori, con la sua lenta evoluzione culturale ed i suoi mutamenti politici, con le sue sconfitte e le sue vittorie, con le sue aspirazioni alla pace e al regno di Dio”[4].

            E per questo motivo lui ribadisce: “La Chiesa di Cristo prende sul serio il realismo dell’Incarnazione ed è per questa ragione che essa attribuisce una grande importanza allo studio ‘storico-critico’ della Bibbia[5].

            E appunto a questo studio che cerchiamo di realizzare in queste giornate, in quanto lo scopo del metodo storico-critico è quello di mettere in luce, soprattutto in modo diacronico (il che vuol dire analizzando gli elementi linguistici nel loro sviluppo storico) il senso espresso dagli autori e redattori (la cosiddetta interpretazione letterale-storica). È proprio per questo che dobbiamo tener conto delle difficoltà che appaiono lungo tutto il processo, dalle quali si precisa questa:

            “Una falsa idea di Dio e dell’Incarnazione spinge un certo numero di cristiani a prendere un orientamento opposto. Perché essi hanno tendenza a credere che, essendo Dio l’Essere assoluto, ognuna delle sue parole abbia un valore assoluto, indipendente da tutti i condizionamenti del linguaggio umano”.

            Ne precisa ancora, spiegando espressamente la somiglianza esistente tra mistero dell’Incarnazione e ispirazione biblica: “Il Dio della Bibbia non è un Essere assoluto che, schiacciando tutto quello che tocca, sopprimerebbe tutte le differenze e tutte le sfumature. È al contrario il Dio Creatore, che ha creato la stupefacente varietà degli esseri «ognuno secondo la propria specie», come afferma e riporta il racconto della Genesi (cap.1). Lungi dall’annullare le differenze, Dio le rispetta e le valorizza (1Cor 12, 18. 24. 28). Quando si esprime in un linguaggio umano, egli non dà ad ogni espressione un valore uniforme, ma ne utilizza le possibili sfumature con estrema flessibilità, e ne accetta anche le limitazioni[6].

            E qua che si rivela e si nota molto bene la cosiddetta «condiscendenza» (in greco synkatábasis) dell’infinita Sapienza divina, notata già da S. Giovanni Crisostomo, principio che viene usato nella costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum:

            “Le parole di Dio, infatti, espresse con lingue umane, si son fatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbo dell’eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo”.[7]

            Dopo aver dunque illustrato questa intima unione tra l’ispirazione biblica e il mistero dell’Incarnazione, possiamo già approfondire meglio un evento molto peculiare nella vita del Nostro Signore Gesù Cristo, come è la guarigione del paralitico nella piscina di Betesda in sabato, descritto nel capitolo quinto del vangelo di San Giovanni.

            Prima di tutto ricordiamo che il nostro diritto proprio (dell’IVE come istituto religioso), seguendo l’insegnamento del Magistero della Chiesa, indica che: “si deve avere come modello e fonte dello studio della Sacra Scrittura San Tomasso esegeta, che fu colui che più penetrò il senso delle scritture[8]. Prendiamo dunque come guida principale in tutta questa ricerca il testo del commento al Vangelo di San Giovani scritto da Tommaso d’Aquino.

            Dunque l’evangelista, narrando la storia, precisò le seguenti tre cose:

  • In prima luogo descrive il luogo del miracolo compiuto;
  • In un secondo momento descrive la guarigione dell’infermità;
  • In terzo luogo ci trasmette la discussione di Cristo con i farisei riguardo il precetto sabatico.
  1. IL LUOGO DEL MIRACOLO

            Seguiamo medesimo l’ordine anche nella nostra analisi. E intorno al luogo del miracolo tratteremo su:

  • Significato del nome
  • Posizione geografica
  • Struttura o disposizione della piscina
  • Le virtù delle acque di Bethesda
  • L’interpretazione mistico – spirituale della piscina.

           1. La piscina di Bethesda

“Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.2A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici”

            L’episodio inizia con la descrizione dell’ambiente. Sembra una denominazione incompleta. A settentrione di Gerusalemme, immediatamente fuori delle mura, stava sorgendo un quartiere nuovo, e in questo quartiere, e precisamente vicino alla vecchia porta della città, chiamata «probatica» ossia delle pecore, esisteva uno stagno o piscina chiamata essa Bezetha, che aveva i cinque portici.

1) Significato del nome

 Il nome ebraico compare in varie forme e le principali sono:

a) Betesda, in aramaico: bêt-hesdâ’, «casa della misericordia», o da bēt-ašda, «casa della dispersione»; è proprio misericordia e guarigione che cercavano gli invalidi che qui si affollavano qui, presso la piscina.

b) Betsaida, da bēt-şaydä° o da bētşêdäli, «casa della pesca», forma mantenuta nella Volgata di Clemente VIII;

c) Betzaita, da bët zá yit, «casa degli ulivi», per la collina di ulivi sotto la quale si trovava la piscina;

d) Bezata o Bezeta, «incisione» o «taglio», dal verbo bāzā: «tagliare, incidere», a causa del profondo fossato che divideva la piscina dalla Torre Antonia[9].

e) Il nome specifico di «piscina probatica» viene dal greco πρόβατου che significa ‘pecora’. E in ebraico era Betsaida, ov­vero “casa delle pecore”. Ecco perché piscina probatica equivale a “piscina delle pecore”, e viene dal fatto che i sacerdoti lavavano in essa i corpi delle vittime, specialmente delle pecore, che per lo più veni­vano offerte nei sacrifici.       

Piscina di Betesda in Gerusalemme al tempo di Gesù

    Fra tutti questi possibili significati, ci aderiamo alla spiegazione di San Tommaso, che l’ultima di quelle presentate: Betesda (in greco Βηθζαθὰ (Betzathà) – nella Vg.: Bethsaida).

2)  Posizione geografica

            La piscina di Betesda (o probatica) era situata nell’angolo nord-est della città, vicino alla Porta delle Pecore (in greco: προβατική, dal πρόβατον = “pecora”), da cui il nome di probatica datole dal Vangelo. Secondo la Vg., proprio la piscina veniva chiamata Probatica. Ecco perché la ragione di questo nome è propriamente il luogo da dove entravano i greggi nella capitale. La Porta delle Pecore è menzionata nel Libro di Neemia. Alcuni biblisti hanno identificata la Betesda con la piscina di Siloe, perché la fonte di Gïhön che alimenta questa piscina è a regime interrotto, e pensavano in tal modo di spiegare il movimento dell’acqua di cui parla san Giovanni[10].

            Nel vangelo di San Giovanni è interessante e da notare che le parole finali di 5,3: “aspettando il movimento dell’acqua”, mancano in autorevoli documenti antichi. Anche più numerosi i codici -e meglio accreditati- che non riportano affatto (oppure lo fanno con importanti oscillazioni) il versetto successivo (v. 4): “poiché un angelo del Signore di tempo in tempo scendeva nella piscina ed agitava l’acqua allora, il primo sceso dopo l’agitazione dell’acqua, diventava sano da qualsiasi malattia fosse tenuto”. Si vedano nelle edizioni critiche le testimonianze pro e contro l’intero tratto[11].

Cartina attuale di Gerusalemme antica: sopra a destra, la piscina di Betesda; sotto a destra, la cosiddetta Città di Davide con la fonte di Gihon e la piscina dei Siloé.

3) Struttura o disposizione della Piscina

            Grazie agli scavi realizzati, si è dimostrato che la piscina di Betesda era di forma rettangolare, di circa 120 m di lunghezza per 60 di larghezza, di profondità 20 m, ed era divisa in due parti uguali da un muro, sul quale era situato un portico che con i quattro dei lati completava i cinque portici, tutti i dati che ben si adattano alla descrizione che della stessa che il vangelo di San Giovanni ci fa.

            I cinque portici corrispondono a una realtà storica. Una menzione di questo dettaglio non è necessaria nella narrazione se non per stabilire il rapporto tra il tempio e la piscina, dal momento che insinua un significato che trascende quello storico. In effetti, i cosiddetti ‘portici del tempio’ erano il luogo dell’insegnamento ufficiale della legge di Mosè, che faceva di Gerusalemme cittadella o baluardo del sapere teologico-giuridico, a cui accorrevano alunni da tutto il mondo conosciuto. Questo mostra che i cinque portici sono simbolo dei cinque libri della legge, sotto il giogo della quale il popolo viveva. San Tommaso nota che i “cinque portici” erano disposti in circolo in modo da permettere più facilmente a molti sacerdoti di lavare i corpi degli animali sacrificati.

            Vicino alla piscina venne edificata una chiesa dedicata dapprima alla Santissima Vergine e poi a sant’Anna, a ricordo della casa in cui, secondo la tradizione, nacque la Vergine Maria.

4)  La virtù delle sue acque.

5Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 6Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: “Vuoi guarire?”. 7Gli rispose il malato: “Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me”.

            Vi si raccoglievano le acque di una sotterranea fonte che, come quella di Gihon (Siloe) situata nello stesso versante della città, era irregolare, cioè scaturendo di tempo in tempo; a quelle acque si attribuivano particolari virtù curative, specialmente se un malato fosse riuscito a tuffarvisi, gettarsi appena avrebbero cominciato a gorgogliare per il nuovo afflusso. In quei portici giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, zoppi, rattrappiti, aspettando il movimento dell’acqua con la speranza di guarire dalle loro infermità o alleviare i loro dolori a contatto con quelle acque miracolose. E come noi sappiamo tra questi ammalati Gesù ne guarì uno che si trovava là da trentotto anni in attesa della guarigione. Un interessante fatto è: si ritiene che questa piscina dovette essere un luogo molto frequentato a chi andava chiedere le grazie anche dopo l’anno 70 si considerava curativa, per ex voti trovati negli scavi.

5) L’interpretazione mistico – spirituale della piscina.

8 Gesù gli disse: “Alzati, prendi la tua barella e cammina“. 9E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

            Ora procediamo insieme con il Dottore Angelico e scopriamo anche un senso più profondo, detto mistico, del luogo indicato. Prendiamo dunque il testo dal commento al Vangelo di San Giovani che fece Dottore Angelico.

            “In senso mistico, stando a Giovanni Crisostomo, questa piscina prefigurava il battesimo: il Signore, infatti, volendo prefigurare in cose diverse la grazia battesimale:

– Per prima cosa indicò l’acqua, la quale lava le impurità del corpo, contratte con il contatto di cose immonde, secondo la Legge.

– Secondo, diede una virtù speciale a questa piscina, la quale in maniera più esplicita di quell’acqua rappresenta la virtù del battesimo, col riparare non solo le impurità della carne, ma col guarire le infermità del corpo.

            Detta piscina raffigurava dunque la virtù del battesimo: poiché, come le sue acque, mentre lavavano i corpi ricevevano una virtù speciale da un angelo (non dalla propria natura) di guarire le infermità, così l’acqua del battesimo ha la virtù di guarire e di lavare l’anima dai suoi peccati.

            La piscina viene poi illustrata dalla sua virtù terapeutica; Tale virtù della piscina sotto qualche aspetto concorda col battesimo, e sotto qualche altro ne differisce.”

            Vediamo il mirabile rapporto di somiglianza tra la piscina e il sacramento del battesimo, che San Tommaso spiegò molto dettagliatamente.

            “Concorda per due cose: Primo, nella misteriosità occulta della virtù: infatti la virtù dell’acqua di questa piscina derivava non dalla sua natura, altrimenti avrebbe guarito sempre, bensì da una virtù occulta, ossia da un angelo, come leggiamo nel testo. Così pure l’acqua del battesimo: poiché l’acqua non ha di suo la virtù di purificare le anime, ma dalla virtù occulta dello Spirito Santo.

Secondo, concorda nell’effetto; poiché come l’acqua del battesimo guarisce, cosi guariva tale piscina. E il motivo per cui Dio diede all’acqua di questa piscina la virtù di guarire, fu quello di abituare gli uomini a cercare la guarigione spirituale nel lavaggio fatto per ottenere la guarigione corporale.”

Virtù occulta dell’acqua (causa invisibile)
Piscina: Angelo Battesimo: Spirito Santo

            Effetto

Piscina: guarigione corporale

(guarire le infermità)

Battesimo: guarigione spirituale

(lavare l’anima dai suoi peccati)

             

 

Il santo dottore indica anche le differenze che si riscontrano tra le virtù delle suddette acque.

  1. “Primo, differivano quanto alla causa della rispettiva virtù. Poiché l’acqua della piscina probatica conferiva la guarigione per virtù di un angelo; invece l’acqua del battesimo agisce per una virtù increata, non solo dello Spirito Santo, ma anche della Trinità.
  2. Secondo, quanto alla loro efficacia causale: poiché l’acqua della piscina aveva la virtù di guarire non di continuo, bensì «in certi momenti»; invece l’acqua del battesimo ha di continuo la virtù di purificare”.
  3. “Terzo, differivano quanto al numero dei guariti: poiché al moto dell’acqua di quella piscina veniva guarito un unico infermo, invece al moto dell’acqua del battesimo vengono guariti tutti” – e spiega San Tommaso: “poiché la virtù di quelle acque, essendo creata, era finita, limitata, e con un effetto limitato; invece nell’acqua del battesimo la virtù è infinita e capace di purificare un numero infinito di anime, qualora ce ne fossero”.

Causa della virtù

Angelo = causa creata, limitata Santissima Trinità= causa increata, infinita
Effetto (temporalità)
“in certi momenti” costantemente
Quantità di beneficati (estensione)
Uno solo infermo Tutti gli uomini

 

 

II. LA DISCUSSIONE RIGUARDO IL PRECETTO SABATICO.

            Per la questione del tempo omettiamo la seconda parte e passiamo alla terza che ci trasmette la discussione di Cristo con i farisei riguardo il precetto sabatico.

            Così continua il racconto evangelico:

“Quel giorno però era un sabato. 10 Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: “È sabato e non ti è lecito portare la tua barella”. 11Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina””. 12Gli domandarono allora: “Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?”. 13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù, infatti, si era allontanato perché vi era folla in quel luogo… 15Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.”

            In questo brano, dice san Tommaso vediamo che “L’occasione della suddetta persecuzione contro Cristo fu desunta dal fatto che egli guari il giorno di sabato[12]. Per quello è molto importante approfondire il senso di questo giorno e le sue speciali caratteristiche. Dunque seguiremmo il seguente l’ordine:

  1. Nome ed etimologia.
  2. Contenuto del precetto sabbatico. Proibizioni.
  3. Comportamento di Gesù.

1. Nome ed etimologia.

Il termine ‘sabato’ è la trascrizione dell’ebraico sabbat, sostantivo usato solo nel linguaggio religioso per indicare il settimo giorno della settimana, o l’intera settimana (un caso unico e dubbio: Lev 23, 15) e, per estensione, l’anno sabatico che ritorna ogni sette anni, (Lev 25, 2. 8.34. 35. 43). Qua viene adoperata una forma più lunga in gr. “sabbatōn” che significa il riposo obbligatorio (riposo di precetto), sia in certi giorni di festa, sia in giorno di sabato. Il termine al verbo ebraico sabat è impiegato spesso nel senso di “cessar di lavorare, riposarsi”. Tra gli Ebrei è il settimo e ultimo giorno della settimana, interamente consacrato a Dio con rigorosa astensione da qualsiasi lavoro.

2. Contenuto del precetto sabbatico. Proibizioni.

Il sabato ha preso un senso particolare e è diventato un’istituzione propriamente israelitica. La particolarità non consiste nella cessazione del lavoro, né nelle proibizioni ma nell’essere il sabato santificato dalla sua relazione col Dio dell’Alleanza, un elemento anzi costitutivo di questa Alleanza: il giorno “consacrato a Yahvé. Con l’esilio, quando il sabato diverrà segno distintivo dei Giudei in mezzo ai Gentili[13]: (Esodo 31, 12-17 “Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti, perché il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra, ma nel settimo ha cessato e si è riposato”), questo precetto acquisterà sempre più importanza e la sua osservanza verrà comandata con crescente rigore. Il Decalogo proibisce il lavoro in generale, senza entrare in specificazioni e limitazioni, sebbene altri testi ricordano lavori determinati. Dunque la rigorosa astensione da qualsiasi lavoro è diventa la caratteristica più notevole del sabato israelitico.

Secondo le parole dell’Esodo[14] questo precetto si fondava sul riposo di Dio al termine dell’opera della creazione. L’esempio più impressionante di rigorismo lo abbiamo durante la guerra dei Maccabei, quando un gruppo di uomini, donne insieme con bambini, rifugiati nel deserto, si lasciò uccidere dai Siriani al posto di violare il sabato, evitando di difendendosi con le armi[15]. Il rabbinismo, particolarmente la corrente farisaica, portò la legge del riposo sabbatico a un rigorismo estremo, ne abbiamo la testimonianza nei Vangeli. Interessante da notare che i giudei si scandalizzarono perché gli apostoli, per sfamarsi, strappavano delle spighe; perché un infermo, dopo essere stato curato da Gesù, portava il suo lettuccio e, in generale, perché il Maestro compiva le sue guarigioni di sabato.

La Misnah (ebraico: “studio a ripetizione”) è uno dei testi fondamentali dell’ebraismo, e designa l’insieme della Torah orale e il suo studio. Lì vengono enumerati trentanove (39) lavori proibiti al sabato: seminare, arare e raccogliere; fare fasci; battere e ventilare il grano; sfrondare, mettere il lievito, impastare e cuocere (il pane); tagliare, lavare, battere e tingere la lana; filare e tessere; montare due fili nel telaio, intrecciare e separare due fili, fare e sciogliere un nodo; far due punti con l’ago; prendere, uccidere, battere con il martello e caricare un oggetto per portarlo da un posto all’altro.

Si comprende bene che così la vita diveniva sempre più “complicata” e gli stessi maestri ricorrevano ai metodi a volte molto strane per trascurare le proibizioni. Secondo la regola generale, prevaleva sul sabato qualunque precetto il cui compimento si esigeva in un giorno determinato, come gli atti di culto nel santuario e la circoncisione. Si permettevano pure lavori necessari per evitare gravi danni materiali, come abbeverare gli animali ο salvarli da un grave pericolo. Divergenti invece le opinioni sugli atti di carità verso il prossimo. La scuola di Shammai, ad es., proibiva di uscire per consolare i tristi ο visitare gli infermi, l’altra scuola di Hillel invece lo permetteva.

3. Comportamento di Gesù.

Dai vangeli vediamo che Gesù Cristo riconosceva l’autorità della Legge mosaica e affermò categoricamente la necessità di adempierla, badando più di tutto a quell’autentico pensiero divino nascosto dietro la Scrittura, che Egli era venuto a rivelare e a inculcare. Ε’ questo il comportamento del Maestro nei riguardi del sabato: non lo disprezzò mai come istituzione, ma criticò l’esagerato legalismo e il rigorismo dei Farisei, soprattutto quando questi ponevano l’adempimento esterno del precetto al di sopra della legge della carità, come se l’uomo fosse stato fatto per il sabato e non il sabato per l’uomo[16]. La polemica rispetto al sabato fornì a Gesù l’opportunità per una delle più categoriche affermazioni della sua autorità divina: “il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato”.[17]

Riportiamo le parole di san Tommaso d’Aquino che commenta il comportamento di Cristo di fronte alle accuse. Disse dottore Angelico che il Signore per giustificarsi della violazione del sabato, si richiama all’esempio di Dio: “«Il Padre mio opera sempre e anch’io opero»; come dire: Non pensate che il Padre mio in giorno di sabato abbia riposato al punto da cessare ogni attività; ma come lui opera tuttora senza faticare, cosi opero anch’io. Esclude cosi la falsa idea dei giudei, i quali, volendo uniformarsi a Dio, in giorno di sabato non facevano nulla, come se Dio in tale giorno avesse del tutto cessato di operare. Realmente, invece, pur cessando dal creare in giorno di sabato nuove creature, tuttavia Dio continua sempre a operare fino ad oggi conservando le creature nel loro essere. Ecco perché di proposito Mosè ha usato il termine riposo, dopo le opere che Dio aveva creato e istituito; per indicare il riposo spirituale che Dio ha voluto proporre sull’esempio del proprio riposo, ai fedeli che avessero compiuto opere buone, promettendo loro un riposo di misterioso significato. Perciò si può dire che quel precetto era stato comandato sotto l’ombra delle cose future[18].

Cioè, come le altre promesse dell’Antico Testamento si realizzano non in un’istituzione ma nella persona del Cristo, in cui tutta la legge si compie, così la domenica cristiana è il “Giorno del Signore”, di Colui che a tutti affaticati da sollievo[19], per Cui, in Cui e con Cui noi entriamo nel riposo stesso di Dio[20].

4. Conclusione

 Per concludere dunque nostro studio esegetico, vorrei citare le parole del nostro caro padre spirituale San Giovani Paolo II: “La Bibbia esercita la sua influenza nel corso dei secoli…” – e aggiunge:

“Il radicamento del linguaggio biblico in una cultura antica provoca molte difficoltà. Bisogna dunque costantemente ritradurre il pensiero biblico in un linguaggio contemporaneo, perché sia espresso in una maniera adatta agli uditori. Questa traduzione deve tuttavia essere fedele all’originale, e non può forzare i testi per adattarli a una lettura o a un approccio in voga in un determinato momento. Bisogna mostrare tutto il fulgore della parola di Dio, anche si è espressa «in parole umane» (Dei Verbum, n. 13). Nella nostra epoca è necessario un grande sforzo, non solo da parte dei sapienti e dei predicatori, ma anche da parte dei divulgatori del pensiero biblico: essi devono utilizzare tutti i mezzi possibili – e ce ne sono molti oggi – affinché la portata universale del messaggio biblico sia ampiamente riconosciuta e affinché la sua efficacia salvifica possa manifestarsi dappertutto”[21].

Che la Vergine Maria ci serva da modello non solamente per la sua generosa docilità alla parola di Dio, ma anche, in primo luogo, per il suo modo di ricevere quello che da Lui aveva sentito perché da Lui detto! San Luca ci riferisce che Maria meditava in cuor suo le parole divine e gli avvenimenti che si compivano (Lc 2, 19). Che Essa ci insegni ad accogliere pienamente la parola di Dio, non solo attraverso la ricerca intellettuale, ma anche in tutta la nostra vita!

Tante grazie!!!

Sem. Tadei Hanchak, IVE

[1] Direttorio di Seminari Maggiori, [329]. Il riferimento è al chiamato ‘diritto proprio’ dell’Istituto del Verbo Incarnato (IVE). Ogni istituto o congregazione religiosa gode di la prerogativa di avere delle norme e regole proprie, vincolanti per i suoi membri dentro dell’ambito del cosiddetto diritto. In questo caso, il diritto del menzionato istituto religioso si compone delle Costituzioni o ‘ratio fundamentalis’, e di altre norme complementari chiamate ‘direttori’.

[2] Papa S. Giovanni Paolo II, Discorso sull’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 23 aprile 1993, 6. Questo discorso è stato pronunciato il venerdì 23 aprile 1993 durante una udienza commemorativa del centenario dell’Enciclica “Providentissimus Deus” di Leone XIII e del cinquantenario dell’Enciclica “Divino Afflante Spiritu” di Pio XII, entrambe consacrate alle questioni bibliche. Non confondere col documento della Pontificia Commissione Biblica, chiamato “L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa”, dal 15 aprile dello stesso anno.

[3] S. Giovanni Paolo II, Discorso (23/4/1993), 6 (cfr. https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1993/april/documents/hf_jp-ii_spe_19930423_interpr-bibbia.html).

[4] Papa S. Giovanni Paolo II, op. cit., 7.

[5] Per metodo “storico critico” si intende l’insieme di principi e criteri che cercano di risalire alla lezione originaria di un testo biblico, stabilendo per queste vie l’autenticità e la verità storica di quel testo.

[6] Papa S. Giovanni Paolo II, op. cit, 8.

[7] Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum (18/11/1965), 27.

[8] Direttorio di Seminari Maggiori n. 331

[9] La fortezza Antonia, o torre Antonia, era un edificio che sorgeva presso il lato settentrionale del tempio di Gerusalemme, sede della guarnigione romana che controllava la città

[10] La piscina di Siloè si localizza molto più al sud della città santa, e viene alimentata dalle acque della fonte di Gihon, l’unica fonte di acque della città. Non succede la stessa cosa per la piscina di Betesda o altre piscine. Se si cerca una spiegazione di questo genere, non resta quindi che scambiare una piscina per altra nel testo di Giovanni, cosa che risulta totalmente arbitraria e priva di ogni supporto testuale.

[11] L’edizione Neo Vulgata non include affatto il v. 4, rimanendo così: 3In his iacebat multitudo languentium, caecorum, claudorum, aridorum. 4 (…) 5 Erat autem quidam homo ibi triginta et octo annos habens in infirmitate sua.

[12] S. Tommaso, Commento a S. Giovanni, V, Lez. II

[13] Il Signore disse a Mosè: 13 «Quanto a te, parla agli Israeliti e riferisci loro: In tutto dovrete osservare i miei sabati, perché il sabato è un segno tra me e voi, per le vostre generazioni, perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica. 14 Osserverete dunque il sabato, perché lo dovete ritenere santo. Chi lo profanerà sarà messo a morte; chiunque in quel giorno farà qualche lavoro, sarà eliminato dal suo popolo. 15 Durante sei giorni si lavori, ma il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore. Chiunque farà un lavoro di sabato sarà messo a morte. 16 Gli Israeliti osserveranno il sabato, festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un’alleanza perenne. 17 Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti, perché il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra, ma nel settimo ha cessato e si è riposato».

[14] Cfr. Es 20, 8-11.

[15] 1Mc 2, 37; 2Mc 6, 11.

[16] Cfr. Mc 2, 27

[17] Mc 2, 28.

[18] S. Tommaso, Commento a S. Giovanni, V, Lez. II.

[19] Cfr. Mt 11, 28

[20] Cfr. Eb 4, 1.

[21] Papa S. Giovanni Paolo II, Sull’interpretazione della bibbia nella Chiesa, 15.

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