Citiamo in grande misura il capitolo introduzione del volume I vangeli sono dei reportages, di Marie-Christine Ceruti-Cendrier (originale in francese); ediz italiana pubblicata da Mimep-Docete, 2008, Pessano (MI), 368 pagine.
«I seminari sono vuoti. Di chi è la colpa? Un sacerdote di mia conoscenza mi ha detto che uno dei suoi amici (ma sono convinta che parlasse di se stesso) aveva indotto tre ragazzi ad entrare in seminario. Qui li hanno formati al simbolismo dei Vangeli, a un Gesù che è stato scambiato per Dio, all’inesistenza dei fini ultimi e a tutte queste sciocchezze. Entro un anno erano già fuori. E quelle religiose di cui mi ha parlato un seminarista? Sottoposte alla stessa cura di disintossicazione, hanno perduto la fede, e ora odiano Nostro Signore e la Chiesa per aver fatto loro sprecare la giovinezza e la vita intera.
E’ inutile dire “se la vocazione non resiste a tutto questo, se la fede non sopravvive, allora è una ben misera vocazione, una ben misera fede”. Ma per chi ci prendono? Per degli esseri privi di ragione che devono dire, alla maniera dei fideisti, “io credo, io credo”, quando la loro mente, la loro intelligenza sono in ogni istante martellate da attacchi contro questa fede – attacchi menzogneri, contro i quali non ci è fornita nessuna arma. Ci si premura, in effetti, di eliminare tutto ciò che può aiutarci a credere, tutto ciò che parla alla sensibilità ed all’intelligenza».
Per il contrario, il Vangelo stesso mostra come sia intenzione diretta, ben da parte di Gesù che dagli evangelisti, il presentare le profezie ed i miracoli raccontati nei vangeli come ‘prova apologetica’ della fede, vale a dire, ‘affinché si creda’, e si creda non in qualsiasi modo, ma si creda in Gesù come Messia (inviato) da Dio e come Figlio di Dio morto e risorto. Così lo esprime chiaramente la prima fine del vangelo di Giovanni: Gesù in presenza dei discepoli fece ancora molti altri segni, che non sono scritti in questo libro. Questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20, 30-31). In Giovanni particolarmente, il termine ‘segni’ designa i miracoli di Gesù – come a Cana di Galilea, “il primo dei segni” – e viene riferito espressamente che questi si rapportano affinché si possa credere. E’ naturale per l’uomo credere “a partire da” certi segni, benché questi, non essendo evidenti in modo assoluto per i lettori successivi, non eliminano né il merito né la necessità della Fede.
Altri testi: Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi. Ma se le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, così che conosciate e cominciate a comprendere che il Padre è in me ed io nel Padre (Gv 10, 37-38). E si sottolinea la responsabilità morale di credere che avranno quelli che hanno presenziato i miracoli e chi hanno rifiutato di credere: Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Poiché, se i prodigi che sono stati compiuti in mezzo a voi fossero stati fatti a Tiro e Sidone, da tempo in cilicio e cenere avrebbero fatto penitenza. Ebbene, vi dico che nel giorno del giudizio la sorte che toccherà a Tiro e Sidone sarà più mite della vostra (Mt 11, 21-22). Se in mezzo a loro non avessi fatto le opere, che nessun altro ha fatto, non avrebbero peccato. Ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio… (Gv 15,24)
Continua la professoressa Cendrier: «Noi che crediamo nella loro storicità siamo trattati al tempo stesso da esaltati e da pavidi. E’ bizzarro, ma è così. Dunque, ho deciso di dimostrare che la ragione e l’equilibrio sono da nostra parte; che quelli che ci trattano come fossimo vigliacchi, aggrappati, abbarbicati a dei valor dai quali non vogliamo staccarci, sono quelli che hanno veramente paura, in realtà, poiché non accettano di giocare con fair play. Giocano nascondino, usano frasi ambigue, per dire che una cosa può essere essa stessa e il suo contrario. E poi tremano davanti ai loro avversari. Non appena si leva la voce di uno di loro, fanno di tutto per farla tacere.
Posso affermare che in tutti i corsi di formazione per catechisti, e nei vari corsi di teologia ai quali ho partecipato, la tattica nei miei confronti è sempre stata quella di cercare di ridurmi al silenzio, o non dandomi la parola, o cercando di ridicolizzarmi, o cacciandomi via, o ingiuriandomi – ma più spesso trattandomi con disprezzo, essendo io “una semplice madre di famiglia, una casalinga, che naturalmente non può sapere niente di queste cose” (gli argomenti potrebbero comunque cambiare a seconda di chi sia necessario ridicolizzare – nota nostra). Ho potuto constatare e fare esperienza del fatto che non ero la sola a subire questo trattamento, che questa era la norma (…)
Se solo i nostri sacerdoti avessero accesso a una vera formazione; se veramente si insegnassero loro i dogmi come verità di fede alle quali si deve credere, e senza credere alle quali si può forse essere delle brave persone, ma non certamente dei cattolici; se solo si insegnasse come resistere alla “demitizzazione” … Ma cosa significa questa neologismo un po’ barbaro? Per i nostri avversari, le Scritture, Vangeli in testa, sono un tessuto di miti. Bisogna dunque “demitizzare” tutto, riscoprire la verità sotto questo ammasso di leggende. E’ evidente che la verità che ne viene fuori si riduce a meno di niente. Non bisogna sbagliarsi, dunque; quello che io chiamo (e non sono sola, utilizzo il loro vocabolario) un “demitizzatore” è, in realtà, un “mitizzatore”: vale a dire, un uomo, o una donna, che fa del Vangelo, e della Bibbia in generale, un cumulo di miti.
Un’altra cosa, non lasciatevi disarcionare: se il vostro interlocutore vi dice: “E’ una fortuna che non ci sia più l’Inquisizione, o mi avreste messo al rogo!” (o “avreste messo tutti al rogo!”), questo dimostra che sta sparando la sua ultima cartuccia, e non sa più quale argomento opporre. Lui sì, che vi metterebbe volentieri al rogo, ed è per questo che parla così.
Se alludono alla carità, di cui voi non dareste prova volendo rimettere le cose al loro posto, niente panico. Non ribattete parlando di travi e pagliuzze, sarebbe inutile. Dite loro che non potete mentire o fare gli ipocriti in nome della carità; che la prima carità è rispettare la verità, soprattutto quella che viene da Dio. E se vi chiedono: “Cosa è la verità?”, parlate loro di Ponzio Pilato …»
Aggiungiamo noi: E’ il nostro desiderio di presentare, in questa nuova sezione, mano a mano degli elementi semplici, che ci permettano di riassicurare, ancora una volta, la sotricità dei vangeli canonici, che i quattro sono delle testimonianza vere e storiche, di un Gesù che anche Lui vero e storico, e che ha compiuto tutto quello che ci è stato tramandato dalla storia, per noi e per la nostra salute. Non c’è altra via per quelli che l’hanno così conosciuto.