SAN PIER GIORGIO FRASSATI

SAN PIER GIORGIO FRASSATI : Biografia e spiritualità

Esposizione mensile di ricerca culturale tenuta il 5/11/2025 al Seminario San Vitaliano, dell’Istituto del Verbo Incarnato a Montefiascone (VT), Italia, dai seminaristi Antonio López e Guillem Baixauli.

BIOGRAFIA DI PIER GIORGIO

I – FAMIGLIA

Con il padre, la madre e la sorella

         Per vedere innanzitutto l’ambiente famigliare che circondava a Pier Giorgio. Cominciamo con la mamma del Santo: Adelaide Ametis. Era una grande pintora, professionista, con una formazione cristiana abbastanza solida. Educò i figli con certa rigorosità, nella disciplina e nel sacrificio, e godeva di una grande autorità su di essi. Attraverso, ad esempio, delle lunghe e impegnate uscite in montagna che faceva con il piccolo Pier, senza lamentarsi, oppure la proibizione dell’uso dei profumi o delle creme nelle donne, argomentando che “si deve presentare con la faccia con cui è nata”. Luciana, la sorella di Pier Giorgio, dice riguardo all’educazione: “imparavamo pazienza, disciplina, obbedienza, l’accettare continuamente dei sacrifici”. Anche seppe trasmettere l’amore e la sensibilità per la bellezza e per la contemplazione della natura, e le opere d’arte e di musica. Tutto aiutò a formare il temperamento forte, deciso, sensibile e nobile di Pier Giorgio.
         In lei e nella nonna materna, Linda Ametis, si trovano le radici religiose della famiglia. Secondo Luciana: “Lei (Linda) era molto religiosa. Tutte le notti pregava per i defunti, anche per quelli più lontani”. “Dovevamo seguire regole. Essere quieti in Chiesa, partecipare con devozione alla Messa, non mancare al precetto.”
        Riguardo a Alfredo, il padre di Pier Giorgio, si deve dire che era un uomo molto lavoratore e giusto, di buona fama e buon posto nella società. Lavorava come un semplice giornalista nella Gaceta Piemontese, fino a che nel 1900 riesce ad acquistare tutto il giornale, facendosi il direttore, e chiamandolo ora come “la Stampa”, di orientamento liberale. Nel 1913 entra nel senato italiano e pochi anni dopo sarà nominato ambasciatore d’Italia a Berlino. Era buono e affabile con i figli, giocando nella stessa direzione della Stampa, o per le strade di Torino. Anche, pur non condividendo l’ideale politico e religioso di Pier Giorgio, lo rispetterà sempre. Alfredo era agnostico.
         Per ultimo, dobbiamo parlare della già menzionata sorella del Santo, Luciana. Un anno e mezzo minore di lui, avevano un buon rapporto e si consideravano imprescindibili a vicenda. Esempio di questo lo troviamo in una lettera di Pier a Luciana, quando essa si trasferì a Polonia dopo le sue nozze: “scrivimi spesso, così che almeno possa riempire il vuoto che hai lasciato fra di noi. Ho capito ciò che è una sorella ed il vuoto che la sua assenza può lasciare”.
         Osserviamo quindi, che Pier Giorgio nacque in una famiglia accomodata, senza problemi economici, e avendo un’educazione abbastanza rigida e solida. Anche, grazie alla mamma, trovò il cristianismo in casa propria e poté crescere nella relazione con il Signore e nella vita di grazia.
Tuttavia, la casa non era un paradiso. Pur educando nella religione, possiamo intravedere nella mamma certa superficialità e tiepidezza. E anche, il matrimonio dei genitori non andava abbastanza bene, e il rapporto fra di essi non era l’ideale. Addirittura, sappiamo che il mese prima della morte di Pier Giorgio, nel 1925, Alfredo era disposto a finire con il matrimonio, cosa che finalmente non succedette, supponiamo che per le difficili situazioni familiari del momento, come la morte del proprio figlio e della nonna Linda, che furono simultanei.

II – INFANZIA

           Come era Pier Giorgio da piccolo? Osserviamo che era piuttosto lento negli studi e nell’assimilazione dei concetti. Non era molto ordinato e aveva poca cura con la gestione del tempo. Era abbastanza lento, ma non per pigrizia; anzi, metteva molto sforzo nello studio, ma nonostante tutto ciò non conseguiva i risultati desiderati. Ancora peggiore era il fatto che suo padre era velocissimo e brillante, e desiderava che Pier Giorgio fosse un degno successore del suo giornale. Vediamo le parole di Alfredo, in una lettera scritta ad Adelaide, dopo i bassi voti dei figli: “finora, non avevo avuto notizia del fallimento totale, e mi dispiace tantissimo. Se si abituano a questo, non so che potremmo sperare di loro quando saranno grandi. Digli che papà ritarda l’arrivo ad Alassio perché è triste per i sospesi”. Piergiorgio veramente si sforzava, con il desiderio di accontentare ai genitori. In una lettera, con 12 anni scrisse al padre: “non sono nemmeno come scriverti. Ho visto il dolore della mamma e ho pensato nel tuo, tanto che non so in che modo chiederti una parola di perdono. Vedrai che con i fatti cercherò di dimostrare il mio affetto per te”.
          Il suo temperamento impetuoso si manifestava nelle reazioni violente nei giochi con i suoi compagni, quando vedeva costoro fare tranelli o dire bugie. Spesso tornava a casa con segni di colpi o violenza nella faccia. Ma lasciando da parte questi difetti, che ordinerà e lavorerà nel futuro, già nell’infanzia possiamo intravedere i dettagli delle sue virtù. Era molto attento e veloce per capire le necessità altrui. Alcuni semplici esempi che ci fanno capire il buon cuore che aveva il bambino Piergiorgio, che racconta Luciana: “un giorno chiamò alla porta della casa una donna povera con un bimbo scalzo, portato nelle sue braccia. Piergiorgio si tolse velocemente le scarpe e i calzini e glielo diede, chiudendo la porta in fretta perché nessuno lo potesse rimproverare”. Oppure, un altro esempio a Pollone, dove c’era la casa familiare di riposo. Durante la merenda che facevano i bambini, Pier vide uno isolato, lontano da tutti, perché aveva una grande eruzione nella pelle. Al punto si avvicinò e si mise a mangiare insieme a lui, prima di che nessuno, anche degli adulti, si rendesse conto.
         Secondo Luciana, era, già da piccolo, fedelissimo nelle promesse, e mai fu sorpreso in una bugia o una menzogna, e l’odio e l’invidia erano sconosciuti per lui. Adelaide era stata solida con i bambini nella loro educazione, senza consentire capricci e abituandoli alle piccole rinunce e sacrifici.
           Riguardo l’educazione cristiana che ebbe in questo periodo Pier Giorgio, inoltre all’ amore che cercava di insegnargli la mamma per le cose di Dio, contribuì un sacerdote salesiano. Costui raccontava passaggi dei Vangeli, e scene della vita di Cristo. Il santo godeva soprattutto dei momenti in cui Cristo faceva qualche miracolo, e perfino arrivava a piangere. Nel 1911, con 10 anni fece la sua prima comunione, con una maturità spirituale molto più sviluppata a quella naturale, senza superficialità. Ci racconta la sorella: “la fede di Piergiorgio fu un continuo, lento colloquio a sottovoce con il signore. Un colloquio fatto da piccole cose, così come da piccole cose fu fatta tutta la sua vita”. “Ogni giorno, durante anni, Messa e comunioni, quando nella nostra casa non si parlava troppo di queste cose. Io cominciavo ad interessarmi per i miei primi vestiti. Poi, per i problemi della mia femminilità, e invece lui cominciava e camminava per la strada della religione”. “Ma veramente lo commuovevano quei relati a Piergiorgio. Li facevano piangere. Mi obbligava ad ascoltare le sue storie sulla vita di Cristo mentre camminavamo per le strade di Torino”.

III – ADOLESCENZA

Pier Giorgio adolescente

         Sappiamo che l’adolescenza è una tappa importantissima e decisiva nello sviluppo della personalità. È un’epoca di conoscenza personale, alla cui si aggiunge il fattore dell’inesperienza. In questo senso, Pier Giorgio ebbe la grazia di trovare tanto a casa sua, come a scuola, persone che lo aiutassero a mantenere saldo il timone della sua anima, per non cadere nelle tempeste. Soprattutto, Pier trovò nel suo direttore spirituale, don Felice, i mezzi per stabilire un rapporto intimo di amicizia con Dio.
           Fu decisivo il trapasso all’Istituto Sociale de Padri Gesuiti, dopo di avere avuto un grande fallimento nell’ antica scuola, con i voti. Sarà proprio qui che Pier Giorgio troverà l’ambiente adatto per sviluppare il seme che la mamma e i sacerdoti avevano lasciato lungo l’infanzia nella sua anima. Ai 13 anni si iscrisse nell’ associazione del Santissimo Sacramento, e con 16 nella Liga Eucaristica. Sono sempre gruppi di detto Istituto gesuita, che avevano come finalità promuovere l’adorazione Eucaristica fra gli studenti. Anche si mise, con 17 anni, nelle Conferenze di San Vincenzo da Paoli, un’associazione che visitava, trovava e attingeva alle necessità delle persone più poveri e bisognose di Torino. Uscivano generalmente una volta in settimana, di solito il venerdì, e andavano ai quartieri più miseri, in gruppi di a due, cercando di capire il tipo di necessità che presentasse la persona e la famiglia, tanto materiale come spirituale. Questo fu il modo di Pier Giorgio di svolgere tutta la sua carità fra i poveri. E, veramente si diede interamente ad essi, nei cui, lui stesso diceva di vedere il Volto di Cristo, fino al punto di contagiarsi di poliomieliti in una delle visite, la malattia che lo portò alla morte.
          Intanto, la devozione Eucaristica del santo continuava a crescere. Il direttore dell’Istituto invitò Piergiorgio ad accostarsi ogni giorno alla comunione, elemento chiave della sua spiritualità. Implicava anche certo sacrificio, dato che in quel tempo, il digiuno eucaristico doveva cominciare la sera prima. Così, dopo ottenere il permesso di Adelaide, per insistenza, cominciò sin dai 14 anni a comunicare ogni giorno fino alla fine della sua vita. Il direttore racconta: “non dimenticherò mai la gioia del suo volto in quel giorno. Quando entrava alla mia stanza era come si entrasse il sole”.
        Sappiamo che in questa tappa della vitta è molto importante l’educazione dell’affettività, tramite l’esercizio delle virtù. In questo senso, Luciana ci racconta: “mai vidi nelle sue mani un libro sospetto. O un dizionario per satisfare una curiosità o un desiderio non onesto. Sarebbe bastato che sua madre segnalasse in qualsiasi libro affidato a lui un passaggio da ommettere nella lettura, perché lui facesse strettamente quella difficile consegna”. Poi dirà: “forse uno non valorava dovutamente la sua carità, pietà o intelligenza, oppure ignorava la sua oratoria, ma la sua purezza saltava alla vista dell’osservatore più distratto, ed era la sua virtù più visibile”.
Riguardo al modo di divertimento di Pier Giorgio, bisogna dire che piaceva dei giochi e colloqui con i compagni di scuola. Era un entusiasta dello sport, specialmente del calcio, dove giocava in attacco, e del ciclismo, e parecchie volte percorse la distanza da Torino a Pollone, circa 85 km. Godeva di montare a cavallo, e di guidare la macchina del padre.

IV – LO STUDENTE

           Nel 1918, con 17 anni, ingressò nel Politecnico di Torino in ingegneria industriale meccanica con la specializzazione in Mineraria. Questa scelta, lontana da essere a caso, era ben pensata e sorgeva dal desiderio di prendersi cura dai minatori, gruppo che lui pensava fossero i più svantaggiati fra tutti gli operai. Voleva mettere una soluzione pratica ai problemi sociali del suo tempo, sorti a Torino dopo la Prima Guerra Mondiale, e in pieno sviluppo industriale. L’industria era ormai una realtà nella società, e il santo voleva portare lì il Vangelo di Cristo, con la parola e con l’esempio, lottando contro l’influsso dei comunisti, e anche facendo trionfare la giustizia fra gli operai e i padroni. Succedeva che, in quel tempo, quella giustizia era stata ignorata ed i minatori era uno dei settori della società più calpestati, e anche i diritti più elementari venivano meno.
          Scelse questi studi, non mosso dalle finalità economiche o comodità, ma mosso unicamente dai principi cristiani. Lui stesso diceva: “sarò ingegnere in mineraria per poter consacrarmi a Cristo fra i minatori. Come sacerdote non potrei farlo, però come laico esemplare e veramente cattolico sì”.
          E Pier Giorgio mai ha pensato in una possibile vocazione religiosa? Certamente che qualche volta gli si passò l’idea del sacerdozio, ed egli stesso lo confessò alla sorella, dicendo che gli sarebbe piaciuto l’idea di fare il missionario. Il Santo meditò seriamente questa scelta, ma il signore gli fece capire che la sua vocazione non era quella del sacerdozio, bensì rimanere come laico e concretizzare così questo desiderio. Fu una decisione meditata, pregata e consultata con il suo direttore spirituale. Anche, bisogna aggiungere che, la mamma, Adelaide, pur essendo una donna religiosa non vedeva con buoni occhi che il figlio si andasse così spesso alla Santa Messa, o pregasse tanto tempo nella sua stanza. Di fatto, temeva che tutte queste cose accendessero il lui una possibile vocazione religiosa, e lei voleva un futuro ben diverso, di successo, nel mondo normale. Adelaide arrivò perfino a parlare con un sacerdote, affinché convincesse a Pier di portare una vita più normale. Nonostante tutto, il santo prese questa scelta di carriera e di vita con totale coscienza e libertà. Assunta davanti a Dio, nella preghiera e la riflessione, e sotto la direzione del suo guida spirituale. Diceva: “come ingegnere posso, dando un buon esempio, agire in modo efficace. Io voglio aiutare in tutti i modi possibili alla mia gente, e questo lo potrò fare meglio come laico che come sacerdote”.
          Già si è visto le grandi le grandi difficoltà che il santo aveva per gli studi. Perciò, solo Dio sa quanta fatica doveva fare per conseguire quel genere di lavoro. Ma Piergiorgio cercava di lavorare nella sua forza di volontà, e inoltre, veniva spinto dall’amore al prossimo. Una volta fatto il discernimento e la scelta, ma si tirò indietro né si penti, o ebbe indecisione. Si diede allo studio con impegno fino alla fine della carriera. Come scrive il santo a un amico: “mi sono proposto intensificare lo studio, e ho deciso che quando arrivi a Torino sarò morto per tutto, meno per le conferenze di San Vincenzo, e studierò dalla mattina alla sera”. “so che c’è bisogno di una grande energia, ma confido nella provvidenza di Dio e nelle preghiere dei miei amici. Chiedete perché il buon Dio mi dia una ferrea volontà che mai si pieghi o venga meno”.
       D’altra parte, Pier Giorgio era convito del bisogno di avere una buona formazione per difendere la fede, e lui stesso cercava di studiare l’apologetica cristiana, la teologia di San Tommaso, le Sacre Scritture e lo studio dei Santi Padri, in speciale Sant’Agostino. In una lettera scritta dal Santo, al gruppo milites Marie, esortava: “In questo momento grave attraversato dalla nostra Patria, noi cattolici e specialmente noi studenti, abbiamo un grave dovere da compiere: la formazione di noi stessi. Noi, che per grazia di Dio siamo cattolici, non dobbiamo sciupare i più belli anni della nostra vita, come purtroppo fa tanta infelice gioventù, che si preoccupa di godere di quei beni, che non arrecano bene, ma che portano per frutto l’immoralità della nostra società moderna. Noi dobbiamo temprarci per esser pronti a sostenere le lotte che dovremo certamente combattere per il compimento del nostro programma e per dare così in un non lontano avvenire alla nostra Patria giorni più lieti ed una società moralmente sana. ma per tutto ciò occorre: la preghiera continua per ottenere da Dio quella grazia senza della quale le nostre forze sono vane; organizzazione e disciplina per essere pronti all’azione al momento opportuno ed infine sacrificio delle nostre passioni e di noi stessi, perché senza di esso non si può raggiungere lo scopo”.

V – ASPETTI DIVERSI DEL SUO TEMPERAMENTO E VIRTU

Vediamo ora alcuni punti che spuntano dalla personalità di Pier Giorgio:
– Il temperamento: Sant’Agostino diceva che “la volontà e l’uomo”. Se la volontà è debole la persona sarà debole, se invece è firme ed energica la persona sarà decisa, gioiosa e generosa. Come ci diceva poco tempo fa il padre Tomás durante la conferenza dell’ultimo giorno del ritiro, “il segreto è mettere il cuore”. Ed è appunto ciò che faceva Pier Giorgio, volere veramente, davvero. Volere farsi padrone dei sentimenti e della sensibilità; mettere ordine nei sensi e nei pensieri. Lui possedeva un temperamento forte, deciso, attivo e coraggioso, e sopra quella base naturale, riuscì a dominarsi e orientarlo al servizio di Dio. Aveva una volontà energica, frutto di una lotta intensa per dominarsi, a base di abnegazioni, sacrifici e sana disciplina. Un grande ideale, como egli diceva in una lettera a un amico: “Poveri disgraziati quelli che non hanno una Fede: vivere senza una Fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere ma è vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere, perché anche attraverso ogni delusione dobbiamo ricordarci che siamo gli unici che possediamo la Verità, abbiamo una Fede da sostenere, una Speranza da raggiungere, la nostra Patria”. Alcuni fattori che aiutarono nella formazione ed educazione del suo carattere e volontà:
1) l’accettazione delle difficoltà e scomodità, come le lunghe giornate di cammino in montagna che faceva senza lamentarsi, anche da piccolo con la mamma, l’imposizione di penitenze e digiuni, come l’astenersi nell’inverno dell’uso del riscaldamento nella stanza o di mettere sopra il letto più di un numero determinato di coperte. Anche lo stesso studio,
scegliendo una carriera abbastanza impegnata, e avendo conto della fatica che faceva. Le conferenze di San Vincenzo da Paoli, sacrificando tempo, soldi, sforzi, salute.
2) L’inflessibilità nelle sue decisioni. Infatti, manteneva immutabilmente qualsiasi decisione presa dopo una matura riflessione. Il suo “no” e il suo “sì” erano assoluti. Questo lo abbiamo già accennato, vedendo come non ebbe mai dubbi sulla sua vocazione, carriera, ideale.
3) La preghiera. Nelle sue lettere agli amici, vediamo come chiede loro delle preghiere, affinché, nelle sue parole, “il Buon Dio mi dia una volontà ferrea che mai si pieghi né venga meno”. In un’altra lettera a un amico, osserviamo la lotta interna che aveva: “sono in attesa, giorno in giorno, di armarmi di una volontà che mi dia le forze per poter finire il mio ultimo sforzo. Tuttavia, i giorni si succedono, e io, più di notare in me un segno di migliora, vedo persistere la bestia che nella lotta vince sopra lo spirito. Nelle preghiere degli amici trovo l’unico potente aiuto per intraprendere con vigore la vittoria sulla mia animalità, e per questo confido nelle tue preghiere”. Oppure: “Mi raccomando vivamente che preghi, affinché sappia rafforzare la mia volontà, che è molto debole”. Due sacerdoti raccontano ciò che conoscessero su di lui durante la realizzazione di uni esercizi spirituali che fece Pier Giorgio. Dicono: “era, in tutta la forza del termine, un uomo. Aveva la serietà, maturità, energia, discernimento e volontà di uomo, e tuttavia era bambino riguardo al male”. “Si preoccupava forse per evitare quelle piccole debolezze di temperamento. Era severo e irreprensibile con sé stesso, non ammettendo giustificazione alcuna in suo favore. Si imponeva, anche per le sue mancanze minori, severe penitenze, e chiedeva il permesso del confessore per applicarle”. La risoluzione degli esercizi fu: “fortezza d’anima nella lotta contro sé stesso e contro il mondo”.
4) Il coraggio e l’assenza totale di rispetto umano. In Pier Giorgio, né i confronti, né i sorrisi, e nemmeno le critiche o gli scherni gli impedivano mai di mettere sopra tutte le cose il rispetto dovuto a Dio. Segno di questo, per esempio, lo troviamo durante le processioni Eucaristiche, quando lui continuava a partecipare devotamente in mezzo agli esterni insulti, minacce, e alcune volte, anche colpi. Oppure, quando, nei viaggi in treno osava a invitare tutti i presenti a pregare il Santo Rosario. Infatti, furono numerosi gli scontri a causa della fede, sia per le strade di Torino, all’università, o a casa. Un grande esempio del suo coraggio lo osserviamo nell’episodio che ebbe successo nel pomeriggio del 22 giugno del 1922, mentre Pier Giorgio e Adelaida pranzavano a casa tranquillamente. Dopo il suono del citofono, entrarono per forza quattro giovani fascisti, armati con bastoni. Con un colpo secco distrussero lo specchio dell’ingresso e cominciarono a spaccare tutti gli oggetti che trovavano. Lo scopo di questo assalto era infondere timore su Alfredo Frassati, per il suo giornale di orientamento liberale. Pier Giorgio, all’udire l’estruendo, si alzò da tavola è decisamente fu al loro incontro. Si mise a combattere apertamente contro di essi, e a colpirgli. A certo punto, quando Pier cercava di immobilizzare a uno di essi, la mamma, che era dietro, vide come quello cominciava a tentare qualcosa nella tasca, e pensando che fosse qualche arma, pregò al figlio di lasciarlo andare. Pier Giorgio lo lasciò e subito se ne andassero. Finito l’incontro, il Santo si pulisce le mani e si siede nuovamente a tavola per continuare a mangiare.
          Un altro esempio del suo coraggio, lo troviamo quando, nel 1925, vide nel Politecnico cartelli che diffamavano al rettore, e si mise subito a toglierli. Quando gli assalirono gruppi di studenti che volevano fermarlo, sotto il pretesto di rispettare la libertà di pensiero, Pier contestò: “lo sbaglio e la calunnia non hanno diritto, né libertà alcuna. Toglierò tutti quanti, senza lasciare nemmeno uno”. 

Pier Giorgio con gli amici

– L’allegria piena: diceva il padre Burla che l’allegria è il distintivo inequivoco del giovane di grandi ideali. Il giovane allegre è un giovane di grande anima. La sua gioia viene da Dio, e di essere cosciente della sua esistenza e amore. San Giovanni Bosco diceva, “il demonio non può resistere alle persone allegri”, oppure, “un santo triste è un triste santo”. Così, Pier Giorgio traboccava gioia per i suoi grandi ideali.
Segno di essa fu la fondazione della compagnia dei “Tipi Loschi” in 1924, composta dai suoi migliori amici della FUCI (la federazione universitaria cattolica Italiana). Lo scopo era fomentare uno spirito di sana ricreazione, fondata nella fede. Cercava di creare con essi un vincolo spirituale che durasse tutta la vita, e che favorisse la tendenza alla santità dei membri della compagnia. Egli stesso diceva: “quando penso nella nostra società, destinata a sparire come tutte le cose di questa terra, mi assale un sentimento di amarezza. Rimane, tuttavia, un legame che, speriamo con la grazia di Dio, ci unisca in questa terra e nell’altra a tutti noi, il sacro vincolo della fede, unico e potente vincolo, unica base sicura, senza il quale nessuna cosa si può intraprendere”. Infatti, il motto del gruppo era: “servire Dio in perfetta letizia”.
           Ma, la sua allegria era anche presente nei momenti di sofferenze, che abbondarono nella sua vita. Si sforzava per non mostrarla mai, e diceva “sempre sarò allegre esteriormente per dimostrare ai compagni che non condividono le nostre idee, che essere cattolico vuol dire essere giovani allegri, però internamente, quando sia da solo, sfogherò la mia tristezza”. Non dobbiamo pensare che la sua gioia venisse per la sua buona salute, stato fisico, posizione economica e sociale, o per una supposta assenza di preoccupazioni. La sua felicità procedeva della fede, e così faceva per rallegrarsi in mezzo alle sofferenze. In una lettera alla sorella, scrisse: “mi domandi se sono allegre. Come non potrei essere allegre, quando la fede mi dà il coraggio per quello? Sì, sono allegre, dato che la tristezza deve essere bandita di un’anima cattolica. Il dolore non è la tristezza, che è la peggiore di tutte le malattie, e quasi sempre frutto dell’ateismo. Il fine per il quale siamo stati creati ci invita a camminare per un sentiero seminato, senza dubbio, di tante spine, ma non triste. Ancora attraverso il dolore, questo sentiero è illuminato per l’allegria. Il dolore senza la Fede è insopportabile, invece, fecondato per essa, si trasfigura e rinforza l’anima per la lotta”. Come fedele devoto di San Paolo, aveva trovato l’allegria in mezzo alle croci. Dunque, non era un’allegria superficiale o mondana, ma scaturiva dalla sua intimità, fiducia e amicizia con Dio, di abbandonarsi alla Sua Provvidenza ed essere attento alla vita interiore.

– Amore per la bellezza: Sappiamo che, nei giorni odierni, il mondo si muove verso la bruttezza, che non smette di essere un modo di allontanarsi da Dio. San Alberto Hurtado diceva che, il giovane che percepisce nella sua anima la bellezza, sentirà pure il rifiuto del peccato e delle cose brutte, che abbassano la condizione dell’uomo e lo separano da Dio.

          Pier Giorgio sempre mostrò un amore per la bellezza, soprattutto per la natura, e si stupiva e si lasciava colpire della maestà delle montagne e della eleganza dei fiori, che tante volte raccoglieva e portava con sé, per dopo offrirli alla Madonna. Questo entusiasmo non rimaneva soltanto in un’ammirazione sensibile o superficiale, ma studiava i loro nomi in latino e le caratteristiche di ognuna. Altrettanto, godeva delle opere d’arte, di visitare musei e ammirare le grandi opere della pittura, e apprezzare la musica classica, soprattutto Verdi e Wagner. Anche si appassionava per la letteratura, sapendo recitare a memoria testi interi di Dante e poesia. Conosceva bene i classici greci e latini, e inoltre, nei suoi quaderni, si sono trovati studi di geografia, storia, matematica, latino e greco. In materia spirituale, piaceva la lettura di San Paolo, Sant’Agostino, San Tommaso, il Santo Vangelo, l’apologetica cristiana, e i documenti della chiesa, soprattutto l’enciclica “Rerum Novarum”, di Leone XIII, appunto dove si parlava delle condizioni dei lavoratori, assunto che, come abbiamo già accennato, preoccupava a Pier.
– Umiltà: viveva in assoluto distacco dalle cose materiali e disprezzava tutto l’onore e il successo mondano. Certo è che lui non ha conosciuto le grandi penitenze di altri santi, o lo stesso martirio, ma seppe vivere con semplicità e austerità di vita ciò che Dio gli chiedeva. Semplice, senza doppiezze. Pur essendo il figlio dell’ambasciatore italiano in Berlino, e avendo una posizione economica e sociale così grande, e tutte le sue qualità personali, faceva lo sforzo per nasconderlo nella misura del possibile, cercando che quelli che lo circondavano non avessero su di lui speciali considerazioni. Mostrava pure grande attenzione verso i lavoratori della casa, a chi trattava come ad altri membri della famiglia.
– Purezza: uno dei suoi amici racconta: “coltivava la purezza e voleva che gli altri la coltivassero. Mai si udì delle sue labbra una parola che non fosse casta, e non furono facili né brevi le lotte che ebbe di avere”. Un altro amico dice: “la castità ai 24 anni! Uno dei più belli spettacoli che si possono vedere sulla terra. Sia benedetto per sempre il suo ricordo fra noi, che viviamo qui in terra, e lottiamo per lo stesso ideale”.
Secondo Aristotele, la vera è perfetta amicizia era quella che si dà fra gli uomini virtuosi e che sono simili in virtù. Pier Giorgio ebbe pochi amici intimi veramente, ed era molto esigente con esse. Fondava l’amicizia nella fede.
      E come era il rapporto di Pier Giorgio con le donne? Le trattava con un rapporto semplice, cordiale, naturale e limpido. Nelle lettere alle amiche, inoltre a essere poche, si intravede che sono piene di delicatezza e rispetto, sempre sotto il tratto formale di “lei”.

– Militante cattolico: la lotta per difendere e propagare l’ideale di Cristo lo portò a realizzare diverse pratiche:

1) S’iscrisse nel Partito Popolare Italiano. Dopo la Prima Guerra Mondiale, nell’Italia regnava uno scontento generale, e i socialisti e i comunisti prendevano ogni volta più forza, e con loro si imponeva il disordine, presa delle fabbriche, rivolte. Il Partito Popolare Italiano fece contro e, pur definendosi indipendenti religiosamente, avevano uno sfondo chiaramente cattolico e concorde alla dottrina sociale della Chiesa.
2) Il circolo “Cesare Balbo”, che era la FUCI (la federazione universitaria cattolica Italiana) a Torino. L’ambiente in quel tempo che c’era nelle atmosfere universitarie, tanto nell’Italia come in tutta l’Europa, era uno laicale e contrario a qualsiasi manifestazione pubblica di religione. Lo studente che si proclamava apertamente cattolico doveva esporsi e scherni, insulti e persecuzioni delle autorità e delle istituzioni in questione. Così, la FUCI cercava di radunare agli studenti cattolici e fare contro all’influsso della massoneria e il pensiero laico che penetrava nell’educazione. Il Circolo fu il luogo dove Pier rafforzò la sua formazione, e anche si divertiva e passava sani momenti. Ne furono momenti di tensione con le forze dell’autorità del governo, come, nel 1921, dove era stato convocato un raduno di cinquantamila giovani cristiani italiani a Roma, per fare la Santa Messa al Colosseo, e contavano con tutti i permessi necessarie. Tuttavia, la sera prima, il ministro dell’Interno, il massone Nava, rimise i permessi, ma già era troppo tardi per avvisare a tutti i gruppi. Si succedettero manifestazioni che finirono con buona parte della massa dei giovani in prigione preventiva, all’interno del Palazzo Altieri, dove per forza fecero entrare a tutti, Pier Giorgio incluso. I giovani, incoraggiati dal sacerdote che li accompagnava, si mettono a pregare il Rosario per coloro che gli avevano colpito.
Oppure, un altro episodio che succedette nel 1922, quando il circolo aveva fatto un chiamamento agli studenti a radunarsi in chiesa per riparare e chiedere perdono contro le mancanze commessi durante il carnevale.

– Carità verso il prossimo: Pier manifestava la sua carità nel tratto con le persone, in parole, gesti e soprattutto, in opere. Buon esempio di questo furono le già dette Conferenze di San Vincenzo, provvedendo il necessario, tanto materiale come spirituale. Inoltre, faceva tutto questo a spalle della sua famiglia, e il denaro che somministrava ai poveri non lo prendeva dai genitori, sennò dalla propria tasca. Cosi, si asteneva tante volte di cose lecite cercando di risparmiare tutto il possibile, per poter consegnarlo. Anche chiedeva agli amici, trovandosi poi in debito.
Come abbiamo accennato, l’aiuto non era solo materiale, bensì voleva soprattutto di provvedere loro beni morali e religiosi. Diceva: “preferisco andare io stesso a portare i pacchi ai poveri, così posso infondere animo e speranze di che la vita cambierà, ma soprattutto convincerli perché offrano le sue sofferenze e vadano a Messa”. A un amico delle conferenze gli disse: “ricordati di dare, insieme all’elemosina, una parola di fede cristiana, e infondere speranza e vigore”.

VI – GLI ULTIMI GIORNI DELLA SUA VITA

        Il pensiero della morte era presente nella mente di Pier Giorgio, non come qualcosa di triste, ma come naturale, sereno e allegre. In una lettera a sua madre, diceva: “penso sempre alla morte, e non ho paura. La vera vita è quella di lassù, e dobbiamo meditarla spesso ed essere sempre pronti, perché Dio può chiamare in qualsiasi momento”.
       Il Santo mori il 4 luglio del 1925 a Torino, a causa della poliomielite che contrasse in uno dei suoi incontri con i poveri. Ma prima, attraversò una grande settimana di sofferenza e solitudine. Ci sono tante testimonianze che raccontano come fu questa settimana di dolore, e perfino Luciana ha scritto un libro su questo. Vediamo, quindi, le caratteristiche più importanti di ogni giorno:
– Lunedì 29 giugno: Pier Giorgio rimane più tempo al letto, cosa insolita dato che era inflessibile con i suoi orari e si alzava subito. Una lavoratrice della casa gli domanda se si trovava bene, ma Pier nasconde il dolore che cominciava ad avere nella schiena con scherzi e risposte di buon spirito: “io faccio quello che voglio. Lei vuole sempre saper tutto”.
– Martedì 30: Un’altra volta, rimane al letto fino a tardi. Poi, riesce ad alzarsi e va a Messa con la sorella. Lungo il giorno, visita a un amico del Circolo, il cui si rende conto di che qualcosa non va bene con Pier Giorgio, e gli consiglia di farsi vedere da un medico. Egli risponde in tono scherzoso: “i medici non accertano mai”. Torna a casa e si dirige subito alla sua stanza, senza fare la cena, per il grande dolore di testa che gli affliggeva. Anche, cerca di
non essere visto dalla famiglia, che passava le ultime ore con la nonna, Linda, la madre di Adelaide, e Pier Giorgio non voleva disturbare.
– Mercoledì 1° luglio: Il Santo si sveglia con febbre alta e, approfittando la presenza del medico nella casa, lo chiama e lo esamina. Costui gli dà semplicemente aspirine per il dolore, e Pier continuava ad avere febbre, mescolata con vomiti, prodotti per l’inteso dolore che sentiva. Tutta questa sofferenza la passa solo, nella sua stanza, e in silenzio, in attenzione a sua madre. Anzi, la stessa Adelaide disse a un lavoratore: “che prenda i rimedi che ha detto il medico e non complichi le cose in un momento come questo”. Avvisano a Pier Giorgio che la nonna stava morendo, e se voleva congedarsi da lei. Fece, quindi, un grandissimo sforzo per alzarsi e andare, sostenendosi con le parete. Davanti a Linda pregò il Santo Rosario. Nessuno di questi giorni poté dormire.
– Giovedì 2: Adelaide, addolorata per la morte della nonna Linda, solo riuscì a dire al figlio: “domani è il funerale della nonna e tu non ci sarai. Nei momenti importanti, sempre mi manchi”. “Non poteva scegliere un momento migliore per ammalarsi”. Furono parole che penetrarono fino in fondo del cuore sensibile di Pier Giorgio. Realmente, la madre era consumata dal dolore e non sapeva ciò che diceva. A certo punto lungo la giornata, Pier cade dal letto e non riusciva ad alzarsi. Il suo corpo stava già completamente rigido.
– Venerdì 3: La famiglia parte a Pollone per il funerale della nonna. Il medico visita un’altra volta al Santo, e ora capisce ciò che sta accadendo. Conferma la poliomielite, contratta nelle visite ai poveri. Adelaide, che era rimasta a casa, chiama velocemente agli altri, spiegando la situazione e chiedendo di tornare il più presto possibile. Come quel giorno era venerdì, e pertanto, il tempo di uscire con le Conferenze di San Vincenzo, pur stando così male, Pier Giorgio si ricorda dei suoi poveri, e della polizza e le iniezioni che doveva consegnargli. Chiama alla sorella, per poter scrivere egli stesso in un biglietto, l’informazione pertinente, affinché un suo compagno lo potesse fare al posto suo.
– Sabato 4: Viene un sacerdote ad amministrare gli ultimi sacramenti, e i medici non potevano fare già niente. Nessuno si era reso conto della gravità della situazione di Pier Giorgio. Così, alle sette di sera, moriva, salendo verso la cima più bella e alta della sua vita.

       È proprio in questo momento dove si scopre chi era veramente Pier Giorgio. La notizia della sua morte si fece pubblica velocemente nei giornali, attirando cosi a tante persone che, nei giorni successivi, venivano a visitare la casa. Persone sconosciute per la famiglia, procedenti da tutti i quartieri di Torino, soprattutto quelli più poveri. Durante il trasferimento del corpo, il lunedì 6, si presentò un’immensa moltitudine di persone, tanti di essi infermi e poveri, a cui Pier aveva aiutato. Egli offrì la sua vita per il matrimonio dei suoi genitori, e possiamo riconoscere che Dio gli concesse la grazia, dato che essi mai si separarono, essendo Alfredo disposto a finire con il matrimonio un mese prima della morte del figlio.
Adelaide, tiepida nella fede, cambiò radicalmente, e si mise ella stessa ad aiutare nelle Conferenze, e cominciò ad andare a Messa tutti i giorni. Invece, Alfredo, tanto contrario alla religione, durante la Messa del funerale del figlio, si confessò, comunicò e stette tutto il tempo in ginocchio.

Devozione all’Eucaristia

           Da dove traeva la forza per vivere di quel modo assai intenso? Molti di coloro che lo hanno conosciuto non esitano ad affermare, e in questo le testimonianze sono unanimi, che l’Eucaristia è stata il suo principale e continuo punto di riferimento, dall’infanzia fino alla morte. Afferma Luciana: «La forza di Cristo, che riceveva ogni mattina, è l’unica giustificazione che possiamo dare per certi atti eroici di sacrificio e carità, per il suo immenso spirito di umiltà e per la saggezza morale della sua vita».

La sua partecipazione alla Santa Messa

        «Cristo mi visita ogni giorno nell’Eucaristia e io cerco di ricambiare il più possibile, facendo carità». «Senza l’Eucaristia, la carità cristiana non può avere inizio», ha affermato. La forza di Pier Giorgio risiedeva nell’Eucaristia, ma soprattutto nella Santa Messa.
    A partire dall’anno scolastico 1917-1918, dopo l’incontro con Padre Pietro Lombardi, che gli instillò il desiderio di comunicarsi più frequentemente, decise di comunicarsi ogni giorno, facendo dell’Eucaristia il centro della sua esistenza, impegno che mantenne fino all’ultimo giorno della sua vita. Questo proposito comportò molti sacrifici e rinunce, ma fu il vero inizio del suo cammino verso la santità. Alcuni esempi di questo:
       Arrivato a scuola, attraversava l’atrio dove si riunivano gli studenti e proseguiva verso la cappella, salutando a malapena qualcuno. Spesso veniva preso in giro da chi voleva che rimanesse con loro per un po’.
        A quel tempo la Chiesa richiedeva che si osservasse il digiuno a partire dalla mezzanotte del giorno precedente. In molte occasioni ha dovuto rinunciare a piccoli spuntini con gli amici venerdì oppure sabato sera.
       Molte volte dovette annullare le sue gite in montagna. Il giorno prima, supplicava il parroco di convincerlo a celebrare la Messa prima, ma quando ciò non era possibile, molto rattristato ma fermo e determinato, annullava il viaggio.
       Quando la messa precedeva un’escursione in montagna, diversi testimoni lo ricordano entrare in chiesa con una corda sul petto, indossando scarponi da trekking, portando con sé un bastone da passeggio, una piccozza e un grosso zaino. Camminava rumorosamente fino alla sacrestia, lasciava lì la sua attrezzatura e assisteva alla messa. E lì, sembrava trasformarsi in un’altra persona.
        Sono innumerevoli le testimonianze del suo comportamento esteriore durante la Messa, e tutte concordano sulla pietà e la devozione con cui pregava e meditava ogni parola pronunciata durante la celebrazione. Faceva percepire la presenza viva e reale di Dio nella Messa, alimentando negli altri il fervore per la liturgia, soprattutto durante il ringraziamento.

La confessione

          La confessione frequente è certamente strettamente legata alla comunione quotidiana. Quando si raggiunge una certa sensibilità di coscienza, l’anima sente il bisogno di confessarsi, anche senza aver oltrepassato il limite del peccato veniale; queste piccole mancanze e imperfezioni sono motivo di rinnovare l’amicizia con Dio.
       Un amico di Pier Giorgio racconta che «si preparava alla confessione a lungo e con grande intensità, e che lo faceva con fermezza e dedicandovi molto tempo». Don Vassarotti, vicario di La Crocetta: “Quando Pier Giorgio era studente all’università, lo vedevo ogni mattina in chiesa. Due o tre volte alla settimana, uscendo da casa, andava in sacrestia e, rivolgendosi al sacerdote, gli chiedeva: ‘Vorrebbe essere così gentile da confessarmi?’. Riceveva la Comunione tutti i giorni. Non avendo nessuno ad assistere alla Messa, ne era quasi contento, perché si offriva spontaneamente di farlo.”
       Luciana scrive che “desiderava avvicinarsi più frequentemente a Dio, purificare la sua anima davanti a Lui; nelle parole del suo confessore trovava aiuto per una vita cristiana più intensa.
         In pace con il Signore era più facile soffrire, sacrificarsi, affrontare i silenzi quotidiani in casa e le dure prove della carità fuori”.
Padre Pietro Righini, lo incontrò una volta mentre si recava alla chiesa della Consolata per ricevere la comunione, il santo gli chiese di poterlo confessare lì per strada, senza alcuna cura per il rispetto umano. Questo era difficile per il sacerdote a causa delle persone che potevano osservarlo, ma Pier Giorgio era preoccupato solo di ciò che Dio avrebbe potuto pensare della sua anima. Il giudizio del mondo non lo toccava assolutamente.

Culto notturno

       Nel 1920 aderì all’Adorazione Notturna Universitaria, che aveva il turno di veglia la notte del secondo sabato del mese, dedicando alla preghiera quel tempo che tanti giovani usano per dedicarsi tante volte in occasione del peccato. Anche si mise la bella tradizione d’iniziare l’anno nuovo davanti al Santissimo Sacramento dopo aver cenato con la famiglia e brindato al nuovo anno.
           “I sovrani di notte assegnano turni di guardia nei loro castelli. E Gesù Cristo merita molto più onore di sovrani e re”, disse Pier Giorgio.
Non venne mai meno a questo impegno e divenne noto per la sua assiduità e per il suo spirito di fede, che impressionò molti per le lunghe ore che trascorreva davanti al Santissimo Sacramento, tra cui il vescovo ausiliare di Torino, monsignor Pinardi. Una volta lo vide trascorrere la notte in veglia e la mattina dopo, senza riposarsi, uscire per scalare le montagne. Egli stesso racconta come ardesse di fede e la sua anima traboccasse di gioia al pensiero che Gesù Eucaristia avesse regnato durante quelle ore benedette su tanti giovani radunati alla sua presenza.
       Di ritorno da una visita ai poveri delle periferie, insieme al confratello Mario Bergonzi, si stavano dirigendo verso un’adorazione, quando, all’improvviso, Pier Giorgio gli disse: “Caro Mario, se conoscessi il rapporto tra Gesù e me, saresti una persona migliore e crederesti di più senza impegnarti in tanti discorsi inutili. Non c’è grazia che chiedo che mi venga negata. Gesù Cristo, lo sento, è in me, è qui accanto a noi, è il mio amore, mi dice tante cose, mi ama, come io amo Lui. Vorrei ascendere, ascendere, al suo trono celeste per non tornare mai più sulla terra, dove vedo peccato e corruzione… la Vergine è nostra Madre. Mi prenderà presto e vuole che io faccia il bene affinché io possa ricevere la sua ricompensa.”

Gita in montagna

        In un’occasione, mentre il suo gruppo “La Montana Giovane” stava partendo per una delle loro gite, pensando che fosse stato assente, lo videro apparire gridando a gran voce alla stazione ferroviaria: “C’era una veglia notturna alla chiesa di San Segundo, ho potuto fare un’ora di adorazione prima di partire!” La provvidenza volle che Pier Giorgio morisse mentre i suoi compagni erano riuniti per una di quelle adorazioni notturne che tanto amava a motivo della sua agonia.

La sua devozione alla Vergine

         Accanto a questa devozione riscontriamo uno stretto legame con la sua devozione alla Vergine Maria. Pier Giorgio trovò conforto nella Vergine Maria nei momenti difficili; fu lei a dargli coraggio e forza per le sue lotte quotidiane. La sua devozione consisteva principalmente nella preghiera del Santo Rosario e nella visita ai santuari più amati dalla pietà dei cattolici.
        Tra questi santuari, il più importante è quello della Madonna di Oropa, in Piemonte. Fin da giovane, lo visitava spesso con i genitori o gli amici. Crescendo, quando andava da solo, amava percorrere a piedi gli otto chilometri che separavano la cascina di famiglia a Pollone dal Santuario. Usciva di casa cantando un inno alla Vergine Maria e arrivava in chiesa recitando il Rosario. Dopodiché, entrava in chiesa, dove si confessava e riceveva la Santa Comunione.
          Non mancava mai di inginocchiarsi ai piedi della Madonna Nera al ritorno da Pollone a Torino, affidandole i suoi studi, il suo apostolato e il suo lavoro. Un compagno di una di queste gite, non cattolico militante, ricorda questo ricordo:
“Di ritorno da un’escursione, passammo dal santuario di Oropa. Appena arrivati, ci sedemmo in un caffè. C’erano tutti, tranne Pier Giorgio. Lo trovammo nell’antico santuario in preghiera… Non lo disse a nessuno; si comportò come sempre, senza ostentazione, ma anche senza riguardo per il rispetto umano, nel modo più semplice. Certo, si preoccupò di far notare la nostra indifferenza, ma quanto più eloquenti di un rimprovero o di un’esortazione furono il suo silenzio e il suo esempio!”

Terziario Dominicano

       Il suo rapporto con Padre Felipe Robotti, frate domenicano, lo portò ad apprezzare le opere di ispirazione domenicana. Da qui nacque il suo desiderio di entrare a far parte della congregazione come membro del Terz’Ordine. Il 28 maggio 1922 divenne terziario domenicano e ricevette il nome di Fra Girolamo, in memoria del monaco Girolamo Savonarola, di cui era un entusiasta, per la sua audacia e il suo interesse sociale.     Scrisse Pier Giorgio a un amico: «Ammiratore appassionato di quel monaco morto sul rogo», «ho voluto prenderlo a modello diventando terziario, ma ahimè! sono ben lontano dall’imitarlo!»
       Raccontano i suoi amici: «Osservava scrupolosamente la Regola. Sebbene avrebbe potuto limitarsi a recitare solo cinque misteri del rosario, come gli altri, lo recitava per intero, alternandolo con l’Ufficio della Beata Vergine, secondo il rito domenicano».
Ammirava i grandi santi domenicani. Aveva già un progetto: nell’Anno Santo del 1925, una volta terminati gli studi di ingegneria, avrebbe trovato il tempo e una buona traduzione per studiare la Summa Teologica di San Tommaso d’Aquino. Ammirava anche la figura focosa e abbagliante di Santa Caterina da Siena, di cui conosceva le opere e la vita.

Il Santo Rosario

       Pregava il rosario nei luoghi più insoliti: sul tram, per strada, in treno, durante le gite in montagna e perfino nei commissariati che doveva visitare dopo gli scontri tra la polizia e i Fucini.
      Nei rifugi alpini, dopo la cena e un momento di eutrapelia, era solito invitare tutti alla recita del Rosario, guidandola lui stesso con la sua caratteristica voce profonda. Così, poiché portava sempre il Rosario tra le mani, un giorno decise di coltivare nel suo giardino una pianta con semi grigi, le “lacrime di Giobbe”. Le diede ad alcune suore perché realizzassero i grani del Rosario che poi regalò alle sue amiche, perché tra loro doveva esserci “un patto che non conosce confini terreni, né limiti temporali: l’unione nella preghiera”.
       Sua madre lo vedeva spesso inginocchiato accanto al letto a tarda notte, addormentato con il Rosario tra le mani. E quando lo svegliava per farlo tornare a letto, lui reagiva dicendo: “Solo una decina di Ave Maria… e un Padre Nostro…” mentre si addormentava.
      Una lavoratrice della casa ricorda che quando alcuni colleghi venivano a studiare con lui, la prima cosa che facevano prima di iniziare a studiare era recitare un rosario.
      Un compagno di conferenze di San Vincenzo, che era riluttante a pregare il Rosario, racconta che lo spirito mariano e lo zelo evangelico di Pier Giorgio lo convinsero della necessità di questa preghiera per l’anima e il progresso spirituale.
       Il suo grande amico, Marco Beltramo, affermava di non aver avuto dubbi che il mezzo fondamentale che lo aveva portato a creare un capolavoro costante di vita intimamente unita a Dio fosse stata la devozione a Maria.

La sua preghiera e altre pratiche cristiane

       La sincera pietà in un giovane si manifesta nelle sue azioni, soprattutto nell’adempimento del dovere, e nella gioia che trabocca dal suo spirito. Entrambe queste qualità risplendono nella vita di Pier Giorgio: la sua serietà e diligenza negli studi, nella pratica della carità e negli obblighi religiosi sono più che evidenti. E d’altra parte, vediamo il giovane come un uomo allegro, entusiasta, un compagno, un amico.
Da chi ricevette questa “formazione alla pietà”? Principalmente da Dio come un dono dello Spirito Santo. nella nonna materna.
       Anche dai primi sacerdoti che ne furono maestri, i sacerdoti salesiani, nella persona di don Antonio Cojazzi, e poi nell’Istituto Sociale, dei padri gesuiti, con la direzione spirituale di don Pietro Lombardi.
        Ma la fonte principale da cui scaturisce ciò che tanto ammiriamo risiede nel profondo della sua anima, nella sua vita interiore, nella sua vita di preghiera e nel contatto personale con Cristo e con sua Madre.

Preghiera

      Sua madre lo aveva abituato fin dall’infanzia a pregare in ginocchio, con le mani giunte. Mantenne sempre questa abitudine; e anche da studente universitario, pregava così la sera prima di dormire, senza alcun riguardo per gli altri. Un testimone racconta che durante un viaggio di studio gli disse:
“Ora dobbiamo darci la buonanotte, perché devo dire le mie preghiere.” Si inginocchiò accanto al letto. Quando mi addormentai, molto più tardi, lui era ancora inginocchiato, immerso nella preghiera”.
       Pier Giorgio non aveva alcun riguardo per chi compiva quelle azioni. Guardava solo a Dio e cercava con tutte le sue forze di compiacerlo. È veramente ammirevole in lui l’unità della sua vita, la serietà dei suoi giudizi, la naturalezza con cui passava dagli scherzi e dalla giovialità alla più dignitosa serietà e compostezza nel momento della preghiera.

Esercizi spirituali

        Era consuetudine di Pier Giorgio ritirarsi durante la Settimana Santa nel silenzio e nella solitudine di Villa Santa Croce , dove continuava le sue letture spirituali e i suoi studi, spesso interrotti dalle numerose attività quotidiane.
Godeva di quei giorni di ritiro… ma doveva anche trovare il suo posto, data la sua indole gioviale, visto che era spesso in compagnia dei suoi amici.          Aveva la capacità di trasformarsi all’istante da capobanda, da festaiolo e gioioso, a esemplare contemplazione nella cappella, dando l’esempio agli altri. Negli ultimi cinque anni della sua vita, dal 1920 al 1925, compì gli Esercizi Spirituali.

Lettura di San Paolo

       È San Paolo che porta sempre con sé in un taccuino, è lui che cita a memoria, che legge per strada e che indica come regola sicura per una vita cristiana. «San Paolo fu il suo primo nutrimento spirituale», afferma la sorella, «la fonte principale delle sue convinzioni religiose».
Era entusiasta e non perdeva occasione di leggere passi dell’apostolo ai suoi amici. Laura Hidalgo, che stava attraversando un momento difficile, ricorda che Pier Giorgio le regalò il volume delle lettere di San Paolo: “affinché mi fosse guida e maestro nel mio pellegrinaggio terreno”. Cercava la crescita spirituale della sua amica.
«La mente, immersa in tanta arida scienza», scrisse Pier Giorgio a un amico, «trova talvolta piacere, refrigerio e gioia spirituale nella lettura di San Paolo. Vorrei che tu provassi a leggere San Paolo: è meraviglioso, e l’anima è esaltata
da questa lettura, che ci spinge a seguire la retta via e a ritornarvi non appena ce ne allontaniamo per colpa».

Segno della croce

      Il segno della croce è un gesto piccolo e spesso istintivo. Tuttavia, chi lo vedeva rimaneva stupito dal gesto grandioso che compiva, ampio e sicuro. Era qualcosa di comune che mostrava a molti quanto fosse grande la sua fede e serviva loro da esempio. Era un vero segno della profondità della sua fede, e lui ne dava testimonianza senza alcun timore.
      Quando si trovava a Pollone, nella casa di campagna della nonna, ogni mattina andava a cavallo a cavallo, Parsifal. Era uno spettacolo vedere quando, passando davanti alla chiesa, il cavallo si fermava – un’abitudine che aveva adottato – così che Pier Giorgio potesse togliersi il cappello, fare il suo grande segno di croce, chinare il capo per toccare la criniera del cavallo e poi proseguire per la sua strada. La gente si meravigliava di questo gesto di devozione e molte madri che vi assistevano lo mostravano come esempio ai propri figli.

LA MONTAGNA

          San Giovanni Paolo II, durante la sua visita a Torino nel 1978, sottolineò l’amore di Pier Giorgio per lo sport, ma soprattutto per la montagna. Disse di lui: “Era un alpinista tremendo!”
        Pier Giorgio fu introdotto a questa passione per l’alpinismo dalla madre. Lui stesso confessa: “La mamma è molto felice di sapere che sono in montagna. Da bambino, mi faceva attraversare il passo Betta Forca in inverno e scalare il Castore nel massiccio della Rossa”.
        La sorella Luciana racconta:
“Il suo amore per la montagna era un segno di forza di volontà: una forza di volontà per l’ascesa spirituale, per il dominio di sé; Pier Giorgio non si lamentava mai della fame, della sete o della fatica. Si poteva vedere in lui un giovane alpinista che aveva imparato la lezione della madre: resistere con fermezza a tutto ciò che poteva sembrare debolezza o resa”.
       Per Pier Giorgio, l’alpinismo occupava un posto speciale nel suo cuore: “Queste ascensioni alpinistiche posseggono una strana magia che, pur ripetendosi più volte e a volte simili, non sono mai uguali. Lo stesso vale per l’eterno evento
della primavera: non ci annoia mai. Anzi, ogni anno ci riempie l’animo di una gioia e di una soddisfazione ineffabili”.
       Ma anche era per lui un esercizio di ascesi: “Non bisogna dimenticare che se gli esercizi fisici irrobustiscono il corpo, è necessario che altrettanto sani e forti principi morali affinino e irrobustiscano l’anima”.
        Organizzava gite con il suo gruppo di amici più cari, i soci della società I Tipi Loschi, ma faceva anche parte della “Montagna Giovane”, fondata nel 1914 con spirito cattolico, per offrire l’opportunità di praticare l’alpinismo e contemporaneamente assolvere al precetto domenicale.
Inoltre, nel 1918 si iscrisse alla Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano (SUCAI). Questo gruppo, che frequentava e con il quale compiva numerose escursioni, gli diede l’opportunità di svolgere un grande apostolato, non essendo un gruppo cattolico. Si assicurava che tutti potessero adempiere all’obbligo di partecipare alla Messa prima di partire, oppure si accordava con il parroco di uno dei villaggi visitati durante le escursioni in montagna per potervi partecipare. Chi non poteva partecipare perché troppo lontano, andava a prenderlo in macchina, lo svegliava e lo accompagnava in chiesa.
       Era consapevole che l’attività in montagna era pericolosa e voleva sempre essere preparato. “Bisogna avere sempre la coscienza pulita prima di partire”, diceva spesso, “perché non si sa mai…”.
       Nel corso della sua breve vita, Pier Giorgio partecipò a quarantaquattro ascensioni, trentanove delle quali negli ultimi quattro anni.

Iscrizione a Pico Lamelle con salmo De profundis

       L’ultima volta che andò in montagna, il 7 giugno 1925 alle Lunelle di Lanzo, i suoi compagni lo rimproverarono per essere arrivato un po’ in ritardo, al che lui rispose ridendo: “Cosa vuoi?”. “Mi sono svegliato tardi e ho avuto appena il tempo di ascoltare la Messa, ricevere la Comunione e mangiare un boccone”.
       Di quest’ultima salita si racconta il seguente aneddoto: giunti al momento più difficile, di fronte a una grande parete rocciosa, si assicurarono e iniziarono a salire. Allora Pier Giorgio vide la croce che era stata posta dove era morto qualche tempo prima un giovane alpinista di fama, e gridò ai compagni: “Pregheremo per lui lassù!”. Giunto in vetta, Pier Giorgio si inginocchiò in un posto appartato e, con le mani giunte e gli occhi rivolti al cielo, iniziò a recitare l’Angelus. Si stavano già preparando a scendere quando tutti si scordavano e Pier Giorgio ricordò loro: “E il De Profundis?”. E fecce pregare a uno dei compagni. Con questo atto di carità, salutò la montagna.
       È da quello stesso giorno, mentre si arrampica sulla roccia per raggiungere la vetta, con lo sguardo fisso al cielo: un’immagine che rappresenta la sua vita in ogni aspetto. Su quella foto, Pier Giorgio stesso scrisse: Verso l’alto.

Padre Buela e San Pier Giorgio

         Padre Buela conobbe il santo quando aveva vent’anni e apparteneva all’Azione Cattolica Argentina (ACA). Non era ancora stato beatificato, ma la fama della santità del giovane italiano aveva già raggiunto gran parte del mondo, compresa Buenos Aires, dove si trovava il nostro fondatore, che essendo già seminarista rimase affascinato dalla sua testimonianza, come egli stesso racconta:
        “Da quel momento Pier Giorgio fu per me un fratello, un amico, un modello da seguire, un protettore dal Cielo. Dopo, quando ho conosciuto più della sua vita, lui fu per me un esempio che mi aiutò a vivere con più fervore il mio cristianesimo, perché lui lo aveva vissuto in plenitudine. Il suo cristianesimo non era, per così dirlo, di scrivania o di tavolino, di burocrazia, ma il suo fu un cristianesimo veramente vivo e comunicava vita. Per dirlo con una parola, ho visto in lui un uomo con spirito di principe”.

Verso l’alto

         In San Pier Giorgio soprattutto: l’anima per le grandi azioni… Nobile: uomo di cuore, avere qualcosa per sé e per gli altri. Nato per comandare. Che mette stile nella propria condotta. Che si pone leggi e le compie… Che conosce in ogni istante le cose per le quali si deve morire. Capace di dare le cose che nessuno obbliga e astenersi dalle cose che nessuno proibisce. Che non smette di aspirare mai a una vita più santa e più perfetta, senza fermarci mai».
         Si riferiva a lui citando i due numeri 180 e 181 del direttorio di spiritualità che spiegano come la vera follia consiste nell’abbracciare le beatitudini, diventando “folli per Cristo”, che sono considerati deboli e antichi, ma che troveranno il Regno dei cieli. Questi individui si spogliano di sé stessi, amano senza limiti e benedicono chi li maledice, mostrando una pazzia dell’amore che supera ogni saggezza mondana.                      Diceva il padre:
“Pier Giorgio è per tutti noi esempio d’amore a Gesù Cristo. Lui mise in pratica il decalogo proposto da San Giovanni Paolo Magno per imitare Cristo: Unirsi alla sua persona, Avere il suo Spirito, Assimilare la sua dottrina, Compiere i comandamenti, Frequentare i suoi sacramenti, Imitare i suoi esempi, Stare in comunione con la sua Chiesa, Riconoscerlo nei fratelli, Vederlo nei suoi santi, Amare sua Madre.”

       Anche li piaceva ricordare un brano dell’omelia del sumo pontefice nel giorno della beatificazione:
«tutta la sua vita sembra riassumere le parole di Cristo che troviamo nel Vangelo di Giovanni: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23). Egli è anche l’uomo del nostro secolo, l’uomo moderno, l’uomo che ha tanto amato! Non è forse l’amore la cosa più necessaria al nostro secolo, dal suo inizio alla fine? Non è forse vero che soltanto questo resta, senza mai perdere la sua validità: il fatto che “ha amato”? Egli se ne è andato giovane da questo mondo, ma ha lasciato un segno nell’intero ventesimo secolo, e per l’avvenire. Egli se ne è andato da questo mondo, ma, nella potenza pasquale del suo Battesimo, può ripetere a tutti, in particolar modo alle giovani generazioni di oggi e di domani: “voi mi vedrete, perché io vivo, e voi vivrete!” (Gv 14, 19). Queste parole furono pronunciate da Gesù Cristo, mentre si congedava dagli apostoli, prima di affrontare la passione. Mi piace raccoglierle dalla bocca stessa del nostro beato, quale suadente invito a vivere di Cristo, e in Cristo. Ed è un invito valido tuttora, valido anche oggi, soprattutto per i giovani di oggi. Valido per tutti noi. Un invito valido che ci ha lasciato Pier Giorgio Frassati».

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