LA LEGGENDA NERA CONTRO SPAGNA e l’EVANGELIZZAZIONE DI AMERICA

LA LEGGENDA NERA CONTRO SPAGNA e l’EVANGELIZZAZIONE DI AMERICA

            La maggioranza di noi, a scuola, in televisione e reti sociali, e quasi dappertutto, ci hanno insegnato che l’opera del cristianismo lungo il Medioevo e anche negli anni posteriori è stato un succedersi di fatti di repressioni contro la libertà umana e di ostacoli al vero progresso dei popoli. Si considera specialmente riprovevole di tali atti alla Chiesa cattolica, quasi in blocco, e a molti dei suoi membri, specialmente a istituzioni come il tribunale della Inquisizione, sul quale si ne parla tanto e si conosce poco, e quel poco viene conosciuto male.

Tutto quest’insieme di mal informazioni si conosce con il nome di ‘leggenda Nera’, contro la Chiesa quando si tratta di accusazioni generiche contro il cristianesimo, contro il regno di Spagna in particolare, quando si tratta di accusazioni contro l’opera di evangelizzazione dell’America che è di solito il grande bersaglio che viene attaccato. Curiosamente, in quest’ultimo caso è Spagna in particolare quella che viene accusata, non tanto Portogallo, meno Francia e ancor meno Inghilterra, pur se la storia prova che tutte queste ultime tre (ai quali si aggiunge l’Olanda) sono stati i veri schiavisti, colonialisti mercantili e negozianti di tratta umana, inoltro ad aver praticamente estinto le popolazioni a loro sottomessi (in particolare l’Inghilterra). Non così la Spagna, le cui leggi erano ispirati in principi di protezioni e cura delle popolazioni sottomesse.

Questo discorso però risulta totalmente contro corrente, perché le ‘leggende Nere’ contro Spagna sono stati cognate in diversi paesi, tra quelli l’Italia, non accettando replica in contrario, nonostante la quantità di argomenti e dati sovrastanti che indicano che la Spagna è quella che più sforzi ha fatto per portare non solo il Vangelo, ma cultura e salute ai popoli da lei conquistate. La maggioranza dei libri che contestano queste ‘leggende nere’ si trovano oggi in spagnolo, frutto da un grande e forte risveglio revisionista degli ultimi anni.[1]

Con questa contribuzione, fatta da tre studenti del nostro istituto, cerchiamo pure di farlo conosciuto pure in italiano.[2]

I. LA LEGGENDA NERA

  1. Cosa si capisce per Leggenda Nera?

Marcello Gullo Omodeo, autore di Madre Patria: la leyenda negra contra España (2022)

La Leggenda Nera della conquista spagnola dell’America è un discorso storico diffuso da secoli che cerca di denigrare l’opera della Spagna nel continente americano attraverso la diffusione di idee, storie e miti poco fondati, decontestualizzati o del tutto falsi. Storicamente promossa da paesi rivali per indebolire la Spagna e attualmente da movimenti nazionalisti o di sinistra che cercano di destabilizzare gli Stati attuali.

Sulla leggenda nera si è detto molto negli ultimi decenni[3], e oggi è un argomento molto controverso; ma chiunque cerchi la verità e non sia condizionato da alcuna ideologia, potrà vedere che molti dei fatti narrati non corrispondono a quanto realmente accaduto.[4]

  1. Motivi della diffusione
  • Un motivo più superficiale. L’avidità umana.

Abbiamo detto che la leggenda nera fu diffusa principalmente dai nemici della Spagna, il che è comprensibile se si considera che nel XVI e XVII secolo la Spagna era un vero gigante nel mondo. Durante il regno dell’imperatore Carlo V (I di Spagna) metà dell’Europa era governata da questo monarca. Suo figlio, Filippo II, ereditò domini ancora più grandi, poiché il padre gli lasciò in eredità i territori spagnoli e la madre quelli portoghesi. Questa unione, tuttavia, non durò a lungo, poiché il Portogallo tornò indipendente nel 1640.

In seguito, i territori imperiali subirono pochi cambiamenti fino al regno di Ferdinando VII (1808-1833). Di fronte a questa realtà, i Paesi rivali cercarono di indebolire l’egemonia spagnola per poter trarre vantaggio dal continente appena scoperto. Una delle tattiche fu la battaglia ideologica, che cercava di creare nel popolo un’avversione per tutto ciò che sembrava essere spagnolo.

  • Un motivo profondo. La diffusione del Vangelo

Per noi, che siamo credenti e conosciamo i continui sforzi del diavolo per ostacolare la salvezza degli uomini e il regno definitivo di Cristo nella società, è impossibile non pensare che la straordinaria diffusione di una menzogna come quella di cui ci stiamo occupando non abbia come primo promotore l’eterno nemico. Se guardiamo la situazione con una visione soprannaturale, possiamo vedere chiaramente in tutta questa storia la sua coda serpentina, perché la leggenda nera non è solo un attacco all’opera della Spagna, ma un attacco alla fede e alla Chiesa.

È possibile che molti degli spagnoli che andarono nelle Indie avessero motivazioni puramente umane, ma questo non deve farci dimenticare che la motivazione principale di molti altri era puramente religiosa, e non parliamo solo dei consacrati, ma anche dei laici. Non dimentichiamo l’esempio della regina Isabella di Castiglia, che decise finalmente di finanziare la spedizione di Colombo pensando a tutte le persone che avrebbero potuto ricevere il messaggio di Gesù Cristo e alla difesa di coloro che lo avevano già ricevuto.[5]

Possiamo applicare l’argomento che tutti conosciamo: “un albero cattivo non può dare buoni frutti”. La Spagna ha dato grandi santi per l’America e l’America ha risposto dando grandi santi per la Chiesa. Durante i 500 anni di evangelizzazione, la Spagna inviò più di 250.000 missionari per impiantare il Vangelo in quelle terre (questo da una media di 500 missionari ogni anno durante 500 anni). La Spagna ha sanguinato per Gesù Cristo e la sua Chiesa. L’albero può avere rami malati o i vermi possono aver rovinato alcuni frutti, ma ciò non significa che l’albero non sia buono e che abbia prodotto frutti buoni e molto buoni.

  1. Origine secondo il paese

Adesso vedremo quali furono i principali agenti della diffusione della Leggenda Nera.[6]

  • Italia

Le manifestazioni più antiche della leggenda nera risalgono alla fine del XIII secolo, quando la Corona d’Aragona estese i suoi domini su Sicilia, Sardegna e Napoli. L’occupazione di questi territori non solo frenò gli interessi di altri Paesi nell’area, ma accese anche la rivalità tra i mercanti italiani e catalani. In seguito, il sacco di Roma (1527) alimentò i sentimenti anti-ispanici e servì come fonte inesauribile per propagare un’immagine negativa della Spagna.

Dopo la conquista dell’America, non mancarono autori italiani che scrissero opere che diffondevano falsità sullo sviluppo dell’impresa.

Girolamo Benzoni: Storia del Nuovo Mondo.[7] La sua opera dipinge un quadro desolante della conquista come campagna di saccheggio e sterminio. I conquistadores sono dipinti come crudeli e assetati di sangue, avidi e interessati solo ad arricchirsi, codardi, sporchi, traditori e responsabili della scomparsa della popolazione indigena. Anche i frati non sfuggono alle sue critiche; di loro dice che “di giorno fanno cose che altri si vergognerebbero di fare di notte”.

  • Spagna

La Spagna stessa ha dato al mondo il miglior materiale per la leggenda nera.

  • Reinaldo González Montano Esposizione di alcuni trucchi della Santa Inquisizione spagnola. È una narrazione in latino delle presunte pratiche del Tribunale dell’Inquisizione, pubblicato a Heidelberg nel 1567.
  • L’ex segretario di Filippo II, Antonio Pérez.[8] Le sue Relaciones (1594), pubblicate a Londra in spagnolo, contengono severe critiche a Filippo II
  • Alcuni cronisti, come López de Gomara e Fernández de Oviedo (pur se contrari a Bartolomé de las Casas) sono stati citati anche da propagandisti stranieri. Logicamente, sono stati selezionati quei passaggi in cui si criticavano le azioni di qualche conquistador.
  • Infine, l’autore più noto, il domenicano Bartolomé de Las Casas, con la sua Brevísima relación de la destrucción de las Indias (1552), diede il via a quello che sarebbe diventato il lato americano della leggenda nera. Quest’autore merita una menzione speciale.

 

Fra Bartolomé de las Casas o.p.

Il libro Brevísima relación de la destrucción de las Indias fu scritto da Fray Bartolomé in Spagna intorno al 1541 e pubblicato a Siviglia nel 1552. Dal 1579 al 1648,[9] nei Paesi Bassi furono stampate più di venti edizioni dell’opera di Bartolomé de las Casas, quasi tutte illustrate dall’incisore olandese Theodore de Bry, con tavole che esprimevano in immagini le narrazioni del domenicano sulle presunte atrocità compiute dagli spagnoli in America. E non solo nei Paesi Bassi, l’opera è stata oggetto di numerose edizioni in Francia, Inghilterra, Germania e Italia.

 

Fray Bartolomé è una figura controversa, con una storia complessa che rende impossibile dare un giudizio precipitato su di lui. È noto per la sua difesa degli indios e la critica alle azioni dei conquistadores. Fu ordinato vescovo di Chiapas (Messico), anche se l’ostilità degli indios lo fece tornare in Castiglia. In seguito, fu nominato Procuratore degli Indios, con la missione di trasmettere alle autorità i reclami della popolazione indigena in tutta l’America spagnola. Insoddisfatto dei risultati ottenuti e pronto a continuare a combattere, Las Casas pubblicò nel 1552 una serie di scritti critici, tra cui la Brevísima relación de la destrucción de las Indias. Per qualche motivo (chissà se per risentimento o per ottenere un maggiore effetto per le sue richieste) riempì l’opera di esagerazioni e falsità contro i conquistadores.

Ad esempio:

  • Si dice che Porto Rico e la Giamaica abbiano una popolazione di 600.000 abitanti, il che sembra chiaramente esagerato.
  • In un altro passaggio, arriva ad affermare che uno spagnolo uccideva 10.000 indios in un’ora con la sua lancia, ovvero 166 al minuto, o quasi 3 indios uccisi al secondo, quanto una moderna arma automatica.

L’opera di Las Casas non può essere considerata una fonte storica di qualità come la considerano i difensori della leggenda nera.

  • Paesi Bassi

Tornando allo sviluppo delle azioni svolte dalle diverse nazioni nella diffusione della leggenda nera, vedremo il perché i Paesi Bassi abbiano avuto un ruolo indiscutibile nel consolidamento della leggenda nera.

Guglielmo d’Orange, il principale leader della ribellione nei Paesi Bassi, fu il più attivo propagandista delle malefatte spagnole nel suo Paese. Nel XVI e XVII secolo, la Casa d’Orange, impegnata in una guerra totale contro la Spagna, decise di utilizzare il libro Brevísima relación de la destrucción de las Indias, del sacerdote spagnolo Bartolomé de las Casas, come strumento di propaganda antispagnola. Abbiamo già accennato quante edizioni del libro furono fatte nei Paesi Bassi in pochi anni.

  • Germania

In Germania, l’ispanofobia si cristallizzò nella cosiddetta Guerra di Schmalkald (1546-1547), quando Carlo V, Sacro Romano Imperatore, combatté contro i protestanti tedeschi. La leggenda nera tedesca si basava su un incipiente nazionalismo e su un esacerbato sentimento antiebraico e antipapale. Inoltre, tendeva a considerare gli spagnoli come una razza inferiore.

  • Francia

In Francia, gli scontri del re Francisco I con Carlo V e con Filippo II, così come la rivalità coloniale nel Nuovo Mondo, crearono le condizioni di base per lo sviluppo di una letteratura negativa nei confronti della Spagna, che raggiunse il suo apice durante il secolo dei Lumi (quand’anche una dinastia francese, i Borboni, era già sul trono spagnolo). Nel corso del XVII secolo, l’Illuminismo francese riscrisse e aggiornò i cliché della leggenda nera dei secoli precedenti e ne aggiunse di nuovi, come l’arretratezza e l’incapacità della scienza.

Soltanto è possibile comprendere il danno che la leggenda elaborata in Francia provocò in Spagna se si tiene conto che gli autori francesi erano venerati dalla maggior parte delle élite spagnole che accettarono placidamente la politica di subordinazione culturale ideata dai francesi per distruggere l’Impero spagnolo dall’interno.

Uso del teatro in un’opera antispagnola

Un’innovazione francese sarà l’uso del teatro come strumento del suo imperialismo culturale.[10] In queste opere, la storia della Spagna veniva apertamente falsificata e distorta. È incredibile, a questo proposito, che le stesse élite spagnole riempissero i teatri per vedere come gli autori francesi deridevano, screditavano e mettevano in ridicolo il proprio Paese, e più curioso è ancora che queste élite finirono per credere a una storia della Spagna che denigrava gli spagnoli. La diplomazia francese promosse anche opere per ottenere la subordinazione culturale della Spagna e dell’America Latina. Ad esempio:

  • Abrégé de l’Histoire de l’Espagne (1751), di Jean Baptiste Duchesne.
  • Storia generale dell’America dopo la scoperta (1768-1770)[11], di Antoine Touron,
  • Histoire philosophique et politique des établissements et du commerce des Européens dans le deux Indes, meglio conosciuta come L’Histoire des deux Indes[12], scritta dall’ex gesuita Guillaume Thomas Raynal nel 1770. Fu vietata in Francia, ma circolò liberamente nell’America spagnola.
  • Inghilterra

Possiamo dire che la Francia apparecchiò la tavola e l’Inghilterra ne mangiò la cena, poiché l’Inghilterra è stata la potenza che si è beneficiato maggiormente dell’indipendenza dell’America spagnola. Nacquero nuove repubbliche che in realtà non erano altro che semi colonie inglese.

Gli scontri tra Spagna e Inghilterra, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, di natura religiosa, politica ed economica, favorirono l’espansione della leggenda nera. Questo fu l’ingrediente principale dell’imperialismo culturale anglosassone per sconfiggere la Spagna e dominare l’America spagnola. L’élite britannica contribuì all’esportazione della Leggenda Nera perché portò inesorabilmente alla rottura del legame tra l’America Latina e la Spagna, cioè alla dissoluzione dell’Impero spagnolo, nemico strategico dell’imperialismo britannico.

E qui sta il genio, per così dire, degli inglesi; perché se la storia dell’America spagnola era quella predicata dai divulgatori della Leggenda Nera, allora, logicamente, recidere qualsiasi legame tra l’America spagnola e la Spagna sarebbe diventato un atto di giustizia storica.

L’Inghilterra non trovò strumento migliore per promuovere l’ispanofobia che la diffusione del libro di Bartolomé de las Casas. Grazie a questa diffusione, la Gran Bretagna riuscì a formare all’odio verso la Spagna numerosi giovani creoli idealisti, che divennero così vittime dell’imperialismo culturale anglosassone. Da quel momento in poi, fecero ciò che il governo britannico voleva; combattere cioè contro la Spagna per l’indipendenza dell’America spagnola, senza bisogno che la Gran Bretagna glielo dicesse direttamente.

Per consolidare il peso della leggenda nera, la Gran Bretagna continuò a promuovere e diffondere libri che denigravano la conquista dell’America (come la History of America, di William Robertson del 1777). Attraverso queste azioni, incoraggiò i movimenti separatisti.

  • Stati Uniti

Gli Stati Uniti cercarono di esercitare una maggiore influenza sul Messico, utilizzando la predicazione della storia leggendaria per promuovere l’odio verso la Spagna e ottenere l’indipendenza. In questo modo era più facile che venissero soddisfatti i suoi propri interessi nel Messico.

La politica americana di predicare e promuovere la leggendaria storia della conquista spagnola dell’America iniziò come politica statale nel 1822 con la prima visita in Messico di Joel Roberts Poinsett [13], agente speciale del governo statunitense. La predicazione di Poinsett pose le basi per un profondo odio verso la Spagna.[14] Aveva anche l’ambizione di incorporare i territori settentrionali di Texas, Nuovo Messico, Alta e Baja California, Sonora, Coahuila e Nuevo León. Al riguardo farà un primo tentativo di acquisto, che verrà respinto. Saranno infine annesse dopo una guerra con il Messico nel 1848. [15] In seguito, verrà scoperto l’oro in California, dando inizio la corsa per questo metallo.

Questa avversione per il lavoro spagnolo è ancora molto viva oggi. È comune vedere i politici messicani, ogni 12 ottobre[16], lamentarsi dell’oro che la Spagna ha loro “rubato”, ma nessuno di loro si lamenta dell’oro che gli Stati Uniti hanno rubato quando presero la California con la forza, né si lamentano dell'”oro nero” che gli Stati Uniti hanno preso quando hanno tagliato il Messico dal Texas. In questi momenti è anche comune sentire giornalisti e storici messicani ricordare i presunti massacri di indiani da parte di Hernán Cortés e dei suoi uomini, ma nessuno di loro osa ricordare che gli indiani della California (allora territorio messicano), a partire dal 1848, furono vittime di carestie, malattie e sistematici attacchi genocidi. Nel 1870, dei 150.000 indiani che popolavano la California nel 1845, solo 30.000 erano ancora vivi.

  • Comunismo contemporaneo

Non possiamo dimenticare uno degli attori internazionali più influenti della recente storia mondiale: il comunismo, con tutte le sue varietà e fazioni.

A questo proposito, possiamo affermare che l’Unione Sovietica, a partire dal 1920, ha utilizzato lo strumento di cui abbiamo parlato in queste pagine in America Latina per promuovere i movimenti indigenisti che avrebbero portato alla creazione di repubbliche indigene, frammentando così ulteriormente gli Stati attuali.[17]

Anche nella Cuba rivoluzionaria di Fidel Castro, gli organi dello Stato si sono fatti carico di promuovere, diffondere e divulgare in tutta l’America Latina qualsiasi opera letteraria[18], qualsiasi saggio storico, qualsiasi articolo che denigrasse l’operato della Spagna in America.

  1. La Spagna non ha mai considerato l’America come un bottino

Come ultimo punto di questa parte della conferenza, dobbiamo dire che la Spagna di Isabella e Ferdinando[19], di Carlo V o di Filippo II, non ha mai considerato le Indie né un bottino né una colonia. Quella Spagna era un impero e non un imperialismo.

L’impero spagnolo

Mª Elvira Roca Barea distingue questi concetti: Impero e imperialismo sono due movimenti di espansione completamente diversi.[20] L’impero è un’espansione inclusiva che genera costruzione e stabilità attraverso la mescolanza culturale e di sangue. Il colonialismo ha in comune solo il movimento di espansione iniziale. Non produce né mezzi sangue né stabilità. È escludente e basa la sua struttura su una differenza radicale tra colonia e metropoli. Invece, il progetto di un impero è diverso, tende a riprodurre la metropoli fuori mura: Roma replica Roma, come la Spagna replica la Spagna… Ma né il colonialismo inglese né quello francese hanno fatto prosperare un’altra Francia e un’altra Inghilterra.

L’industria tessile fiorì nel Nuovo Mondo e la Spagna, come vedremo nell’ultima parte, dotò l’America di chiese, ospedali, scuole e università dove studiarono creoli, meticci e indios.  La nobiltà indigena preispanica fu e in molti casi favorita dalla stessa corona spagnola. Alcuni di loro furono addirittura nominati Grandes de España (Grandi di Spagna).[21] C’erano migliaia di nobili meticci, molti altri ricoprivano importanti cariche politiche, c’erano sacerdoti, suore, rinomati ufficiali militari, ecc. La conquista spagnola dell’America è quindi un chiaro esempio di azione politica di carattere imperiale. Quando c’è incrocio di razze tra chi arriva e chi resta, e i figli prodotti possono diventare la massima espressione della cultura di quella società, allora non c’è un rapporto metropoli-colonia; non c’è imperialismo, ma impero.

  1. Conclusione

Concludiamo questa parte della conferenza riassumendo i punti più importanti che abbiamo esposto:

  • Abbiamo parlato di due ragioni per la diffusione della leggenda nera: una materiale, poiché gli Stati rivali della Spagna cercavano di porre fine alla sua egemonia e di trarre vantaggio dal Nuovo Mondo. È esistito anche un motivo spirituale, poiché l’impresa spagnola aveva come scopo principale la diffusione del Vangelo.
  • I principali attori della diffusione della storia negro-leggendaria furono i paesi che avevano ambizioni nei territori ispano-americani: Francia, Inghilterra, Stati Uniti e più recentemente il comunismo in tutte le sue forme (pure socialdemocratica).
  • Molti autori, volenti o nolenti, allontanandosi dalla verità storica, hanno fornito materiale ottimo per fomentare l’odio verso la Spagna.
  • In risposta a tutte le accuse, affermiamo che la Spagna non ha creato colonie, ma un impero. La Spagna replicò la Spagna nel nuovo continente. Fondendosi con le culture preesistenti ed elevandole ai massimi livelli di civiltà dell’epoca. E soprattutto facendo conoscere loro il messaggio di salvezza di Cristo, che l’America ha accolto con grande docilità, donando a sua volta alla Chiesa grandi e numerosi santi.

 

II. SPIRITO SPAGNOLO, CONQUISTA ED EVANGELIZZAZIONE DELL’AMERICA

  1. Spirito che ha inspirato la conquista ed evangelizzazione

Con la donazione pontificia, l’evangelizzazione divenne l’obbligo fondamentale dei monarchi in America e, teoricamente, subordinò il politico allo spirituale.[22] In pratica, l’unione tra Chiesa e Stato non fu priva di tensioni e rivalità. Conquistatori e missionari, tutti sotto l’autorità dello stesso re, perseguivano fini opposti. I cercatori d’oro e i cercatori d’anime mantenevano una fragile coesistenza, se non un aperto confronto.

C’era una chiara coscienza della protezione divina:

  • “E vedere che avevamo Dio dalla nostra parte e che nulla è impossibile per Lui” (Hernán Cortés)
  • “E grazie a Dio e a Nostro Signore Gesù Cristo che mi ha evitato di essere sacrificato agli idoli e mi ha liberato da molti pericoli” (Bernal Díaz del Castillo)
  • “Una cosa certa che sembrava più un miracolo che Dio ha voluto fare per noi per salvarci” (Francisco de Aguilar)
  1. La conquista

La conquista e l’evangelizzazione hanno contribuito a porre fine allo sviluppo stesso delle culture aborigene. La loro inclusione in un nuovo ordine politico e l’introduzione della religione cristiana modificarono profondamente il corso di quelle società. Da una parte abbiamo l’Europa, che esalta il “progetto civilizzatore” del vecchio continente, si contrappone all'”indianismo”, che difende l’indipendenza culturale e l’autonomia politica delle popolazioni indiane. La discussione nasce quando si tratta di interpretare questo evento.

  1. Alcuni lo vedono come un male necessario per gli stati indigeni in declino;
  2. altri lo vedono come un’opera evangelica senza precedenti;
  3. per molti è l’inizio dell’oppressione indigena, pur se, in questo caso, le informazioni che circolano sono chiaramente esagerate o semplicemente bugiarde.

I soldati della conquista rimasero impressionati dai progressi culturali degli indigeni, lodando la loro architettura, la loro organizzazione statale e il loro esercito. Tuttavia, il sentimento dominante era l’orrore per alcune pratiche, in particolare l’antropofagia e la sodomia. Alcuni, come gli Aztechi, lo facevano con i loro nemici sacrificati; altri, come i Tupi del Sud America, lo facevano con i morti del loro stesso clan per preservare il loro principio vitale. Hernán Cortés a Carlo V: “I più importanti di questi idoli e quelli in cui avevano più fede e credenza li ho rovesciati dalle loro sedie e li ho fatti buttare giù per le scale e ho fatto pulire quelle sedie dove li tenevano perché erano tutte piene del sangue che sacrificavano e vi ho posto sopra immagini della Madonna e di altri Santi”.[23]

I testi indigeni sono molto espliciti nel valutare la sconfitta che, secondo le loro strutture mentali, si identificava con la morte degli dei. Questa prova fu corroborata dalle azioni degli spagnoli che proclamarono il vero Dio e distrussero i templi e gli idoli.

Ci sono quelli che lo vedevano come un dovere di diritto naturale: “Per molte ragioni, dunque, e molto gravi, questi barbari sono obbligati a ricevere l’impero degli spagnoli, secondo la legge di natura, e deve essere ancora più vantaggioso per loro che per gli spagnoli” (Juan Gines de Sepulveda). Il processo di conquista, così inteso, non era riprovevole, ma era “un dovere dell’umanità” nei confronti di quelle culture, indirizzato a “sradicare i loro costumi così contrari al Diritto Naturale, far loro cambiare vita e adottare, almeno, gli obblighi del Diritto Naturale”.

Ci sono stati degli incontri bellici e alcuni molto sanguinosi. Ciononostante, È necessario superare i vecchi schemi che limitano la conquista dell’America a una successione di scontri bellici, dimenticando qualcosa di più trascendente: l’emergere di un nuovo sistema culturale, un processo di acculturazione.

  1. L’evangelizzazione

            All’interno della corrente che scredita l’azione spagnola in America, l’opera di evangelizzazione viene interpretata come una sistematica campagna di repressione religiosa, culturale e mentale, e il missionario come il suo fedele esecutore.

L’evangelizzazione delle Indie fu, fin dall’inizio, un’impresa statale. La Corona spagnola assunse tutti gli aspetti della sua direzione, organizzazione, guida e controllo. La base giuridica che permetteva ai re di svolgere questa missione è contenuta nelle Bolle Alessandrine del 1493 (Papa Alessandro VI, lo spagnolo Rodrigo de Borja), attraverso le quali il papato conferiva ai monarchi spagnoli l’impegno di evangelizzare i territori appena scoperti. In virtù del patrocinio reale, i monarchi erano obbligati a inviare missionari in America, a fondare chiese, a costruire conventi e a sostenere finanziariamente i culti. In cambio, ottennero il diritto di riscuotere e amministrare le decime delle Indie e, in particolare, il diritto di presentazione per la copertura di tutte le cariche ecclesiastiche, dignità e benefici in America.

Hernán Cortés

La sostituzione delle divinità preispaniche con simboli cristiani, insieme ai battesimi di massa, rivela chiaramente lo zelo missionario che muoveva quella generazione. Così, la conquista non riguardava solo l’incorporazione di nuove terre e delle loro ricchezze; riguardava anche le anime dei conquistati.

  1. Cortés, ad esempio, esalta l’organizzazione religiosa azteca, i suoi templi e i suoi funzionari. Ovunque passi si affretta a dire che i migliori edifici appartengono ai templi o alle case degli idoli. Sono le cerimonie e i rituali, invece, che non riesce a capire. Per lui, non meritano altra qualificazione che “qualcosa di orribile e abominevole e degno di essere punito” o “la cosa più cruda e terribile da vedere che abbiate mai visto”.
  2. Bernal Díaz del Castillo, che descrisse i templi indigeni come magnifici edifici all’interno dei quali, però, “c’erano molti idoli di argilla, alcuni con facce di demoni e altri di donne e altri ancora di altre figure malvagie, tanto che apparentemente praticavano la sodomia tra loro”. “Lo segarono”, scrive, “attraversarono i seni, e mentre gridavano gli tirarono fuori il cuore e il sangue e lo presentarono ai loro idoli, in nome dei quali fecero quel sacrificio e poi gli tagliarono le cosce, le braccia e la testa, e li mangiarono durante le feste e i banchetti, e la testa fu appesa alle travi”. …” (Bernal Díaz del Castillo sui sacrifici).
  3. Non aveva mai letto o visto “un modo di servire e adorare così abominevole come quello che questi facevano al diavolo”. E per quanto mi riguarda”, continuò, “credo che non ci sia stato nessun regno al mondo in cui Dio, nostro Signore, sia stato così meritato, e in cui sia stato più offeso che in questa terra, e in cui il diavolo sia stato più venerato e onorato” (Relación breve de la conquista de Nueva España – Fray Francisco de Aguilar).

Alcuni postulano un fallimento dell’evangelizzazione. È vero che, nei primi tempi, molti dei protagonisti si ponevano questo problema davanti alle grandi difficoltà trovate: Antonio de Zúñiga si rivolse al re Felipe II nel 1579, affermando che gli Indiani fingevano di seguire cerimonie religiose e che le loro pratiche erano esterne e forzate. Egli concluse che gli indiani non erano più cristiani rispetto al tempo della conquista.

La risposta di un grande studioso della materia, Pedro Borges, è la seguente: Se pretendiamo un cristianesimo puro a breve termine, può sembrare che l’evangelizzazione sia fallita. Se lo consideriamo come un seme, come una trasformazione, non ha fallito. Il motivo per cui oggi l’America è cristiana è soprattutto dovuto all’opera dei missionari che hanno educato i bambini al cristianesimo e hanno cercato di elevare umanamente gli indiani.

Il Secondo Concilio limense riconobbe implicitamente il parziale fallimento della prima fase di evangelizzazione, ammettendo che gli indiani cristianizzati “mantenevano i loro antichi riti clandestini e praticavano una dualità di culti cristiani e pagani”.

  1. Evangelizzazione della cultura

I primi anni di evangelizzazione portarono a una significativa distruzione di opere, codici e altri oggetti delle culture aborigene, tutti con il pretesto di essere legati a culti pagani o all’idolatria. Significativa fu la decisione di Fray Juan de Zumárraga, primo vescovo del Messico, di bruciare gli oggetti sacri aztechi nella piazza principale della capitale novo-ispanica.

Tuttavia, i frati si resero presto conto che il modo migliore per attirare gli indigeni non era quello di rompere violentemente con il loro passato, ma di avvicinarli con rispetto e con gli stessi strumenti della loro tradizione culturale. Iniziò così la predicazione nelle lingue native, che costrinse i frati a compiere un notevole sforzo per impararle. Allo stesso tempo, furono pubblicati sermonari e catechismi bilingui e trilingui, grammatiche e vocabolari indigeni. In breve, tutti i mezzi a loro disposizione – tra cui la pittura, la scultura, l’architettura, la musica, il teatro e così via – furono utilizzati per far entrare di forma profonda il messaggio cristiano.

La struttura di questi spettacoli era rudimentale, una semplice storia destinata all’indiano e recitata dall’indiano stesso nella lingua nativa. La danza e la musica sono state incorporate nelle cerimonie e hanno assunto un significato pedagogico. Nella Nuova Spagna furono create scuole per bambini, collegi per indiani. Anche le due università di Santo Domingo, quella del Messico e quella di Lima, erano gestite dalla Chiesa. Così, i frutti dell’evangelizzazione non si limitarono alla sfera religiosa, ma la sua influenza si irradiò con grande forza nel campo della cultura.

Chiudiamo questa sezioni con le parole di San Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio in Argentina, il messaggio nella città di Salta: «il mio ringraziamento a Dio per trovarmi tra di voi è, nello stesso tempo, ringraziamento per questi secoli di evangelizzazione dell’Argentina, che qui a Salta si rendono particolarmente visibili nella loro continuità con le origini. Negli uomini e donne di questa terra, nei loro costumi e nel loro modo di vivere, persino nella loro architettura, si scoprono i frutti di quell’incontro di due mondi che avvenne quando giunsero i primi Spagnoli ed entrarono in contatto con i popoli indigeni che vivevano in questa regione, e in particolare con la cultura quechua-aimará.

Da questo fruttuoso incontro è nata la vostra cultura, vivificata dalla fede cattolica che fin dall’inizio si radicò così profondamente in queste terre (…) Da allora, e grazie alla costanza dei primi evangelizzatori, la Parola e i sacramenti di Cristo non hanno cessato di edificare la Chiesa in Argentina. I discendenti degli abitatori di queste terre a poco a poco si convertirono e battezzarono in gran numero e si unirono ai figli di Spagna, che hanno lasciato in eredità le profonde radici cristiane della loro cultura».[24]

 

III. I FRUTTI DELLA EVANGELIZAZZIONE DELL’AMERICA

Dice Gesù nel Vangelo che ogni albero si conosce per il suo frutto; seguendo queste parole, per giudicare l’opera evangelizzatrice della Spagna nel continente americano, dovremmo vedere quali sono i suoi frutti.[25]

  1. Breve storia del continente americano

L’America precolombina

In primo luogo, dire che solo grazie all’influsso  spagnolo fu possibile il darsi una vera e omogenea unificazione culturale nel continente americano, la quale diede origine ad un’autentica nazionalità.

Per capire l’importanza di questo fatto, bisogna andare un po’ indietro ed osservare quale sia stata la storia del continente americano: Ecco che ci fu, in realtà, per quasi ventimila anni un’invasione di popoli originari dell’Asia verso l’America che impose, col trascorrere del tempo e delle divisioni geografiche, dei mosaici variopinti formati d’una quantità quasi innumerevoli di lingue e costumi diverse, realtà che praticamente non potevano comunicarsi tra sé. Soltanto nell’America del Nord si calcolano duemila lingue diverse, e circa novecento sei nell’Amazonas. Un tentativo d’imposizione unificatrice venne per opera e spada degli “Aztecas” in Mexico e degli “Incas” nel Perù ed in altre regioni di Sudamerica. Lo stesso si portò a compimento con una violenza inusitata, a prezzo di sangue versata della maniera più selvaggia e d’innumerevoli sacrifici umani, specialmente di bambini.

  1. L’impero e America

I vice regni in America

Il nostro autore sostiene che la Spagna costruisse un vero impero, e non un puro sistema coloniale o imperialismo, che fu, invece, più proprio di altri sistemi, come ad esempio, l’inglese. E questo è dovuto specialmente al fenomeno del meticciato (di meticcio; ibrido: la mischia di razze o culture). Dall’inizio la monarchia spagnola prese misure per promuovere il meticciato; le unioni interraziali furono frequenti nelle colonie. La corona le legalizzò e anche diede legittimità a molti di questi figli naturali. Nel 1503 la regina Elisabetta richiamò a Nicolas Ovando, governatore della Spagnola, per che fomentassi i matrimoni misti che, in parole della regina, “sono legittimi e raccomandabili per che gli indiani sono servi liberi della Corona Spagnola”. Spagna promosse il meticciato e concesse ai nativi lo stato di servi liberi della corona. Nel 1514 il re Fernando il Cattolico approvò una legge che dava validità a qualunque matrimonio tra spagnoli e indigeni. Si può vedere la differenza con altre metropoli che instaurarono la segregazione raziale come forma di governo. Un esempio; fu solo nel 1967 che gli Stati Uniti hanno tolto la proibizione ai matrimoni interraziali. Similmente in Sudafrica.

Il popolamento del Paraguay fu frutto d’il meticciato. Asunción, la sua capitale, fu fondata dall’alleanza degli spagnoli con gli indios “carios”, del gruppo dei “guarani”. Anche la città di Buenos Aires, capitale dell’Argentina, fu fondata nel 1580 per alcuni spagnoli e alcune famiglie dei guaranì, che venivano della città di Asuncion; dei 65 fondatori, dieci erano spagnoli e 55 meticci. E la simbiosi culturale, sulla base del “mestizaje” biologico, quello che diede la singolarità all’impero spagnolo.

Anche questa vera unione fra Spagna e America fu dovuta all’educazione d’altissima qualità che permesse ai meticci di spiccare come riconosciuti poeti, novellisti, storici, filosofi e militari. Esempi sono: l’inca Garcilaso (figlio di un alto funzionario spagnolo e di una principessa dell’impero inca), Martino Cortes Malinztin (figlio di Hernando Cortes e sua interprete, “La Malinche”), Isabel Moctezuma (figlia dell’imperatore azteca Moctezuma II, sposata con il militare Alonso de Grado, compagno di Cortes), Marina Malinztin (ambedue chiamate le “madri di Mexico”) e tanti altri casi.

Nel caso dell’Inca Garcilaso e di Martino Cortes, ambedue abitarono e combatterono contro i mori in Granada, come chi lotta per la sua stessa patria. E questo costituisce una prova di che la relazione tra entrambi continenti non era meramente di metropoli-colonia, ma si trattava di un vero impero.

Il grande poeta Garcilaso de la Vega, l’inca

2.1. Scuole, Università e Ospedali

L’autore dedica lungi capitoli a mostrare il “rosario” di scuole, università e ospedali che la Spagna fondò in America. Contro quello che dicono i coltivatori della “Leggenda nera”, la Spagna inviò i suoi migliori professori all’America. Più avanti c’è stato il caso di Australia, una colonia alla quale la metropoli inviava i suoi prigionieri. Un altro esempio, gli inglesi fondarono l’università di Harvard nel 1636, ottanta cinque anni dopo che la Spagna fondasse l’università di San Marco, nel vice regno del Perù. Un altro esempio; mentre il collegio massimo di San Paolo, a Lima, arrivò a riunire nel 1570 la quantità di quaranta tre mila libri, l’università di Harvard aveva soltanto quattromila.

a) Scuole ed università:

Le due prime scuole di Mexico furono fondate dai francescani: nel 1523 in Tezcoco e in Città di Mexico, per il frate Pietro di Gante, il primo maestro d’America. Nel 1536 si diede inizio al Collegio imperiale della Santa Croce, la prima istituzione preparatrice per l’università dell’America destinata agli indigeni. Anni dopo si fondarono i collegi di Puebla, Oaxaca e tanti altri.

Di una delle scuole di Pietro di Gante uscì il francescano Diego Valdés, il primo meticcio ordinato frate in America, che dominò lo spagnolo, il latino, il nahuatl, l’otomì e il tarasco e si dedicò alla missione fra gli indios chichimeca in Zacatecas e Durango. Arrivò a essere il primo teologo meticcio in Europa, essendo procuratore dei francescani davanti alla Santa Sede, ed è famosa la sua affermazione di che gli indios erano arrivati ad assimilare pienamente la fede cristiana e ad essere così buoni cristiani come gli spagnoli che gli avevano portato la fede, o ancora di più.

Pontificia università Tommaso di Aquino (Santo Domingo)

Nel 1568, i gesuiti fondarono il Collegio Massimo di San Paolo, a Lima, del quale abbiamo parlato in precedenza, i cui professori formavano un nucleo di eccellenza a livello mondiale, come mai più ebbe il paese in tutta la sua storia. Nel 1573 si dispose la creazione nel Peru di scuole e seminari per la nobiltà Inca.

In quanto alle università, dall’anno 1538, con la fondazione dell’università di Santo Domingo, la Spagna si lanciò febbrilmente alla creazione di nuove università nell’America; trenta due fra il 1538 e il 1812. Tante università europee furono fondate allo stesso tempo che Spagna le fondava in America, lungo il Seicento, e quelle fondate dall’Olanda, l’Inghilterra o la Francia nelle sue colonie furono molto più tardive.

La Reale Università di Mexico, anche chiamata di San Paolo, fondata dall’imperatore Carlo V nel 1551, destinata agli spagnoli, meticci e indios, aveva cinque facoltà; Teologia, Diritto Canonico, Diritto Civile, Medicina e Arti. Così come diverse cattedre libere di Matematica, Retorica, Gramatica e Lingue indigene (azteca e otomì). In questa università si studiavano le lingue indigene per che non cadessero nell’oblio.

b) Ospedali:

Furono gli ospedali dell’America il vero orgoglio dell’Impero Spagnolo. Gli ospedali gratuiti per tutte le razze furono una politica di stato, come dimostrano le leggi di Indie di 1541 (“Che si fondino ospedali in tutti i paesi di spagnoli ed indios”) e di 1573. Alla fine del Seicento, le scienze mediche spagnole, eredi delle tradizioni giudaiche ed arabi, erano all’avanguardia in Europa. Per esempio, il primo ospedale psichiatrico dell’Europa fu fondato a Valencia, nell’anno 1409.

Nel 1503, si fonda l’ospedale San Nicola di Bari, nell’isola della Spagnola, in Santo Domingo, (l’odierna Repubblica Domenicana), il primo in assoluto in America, costruito all’inizio in legno e paglia, venti anni dopo trasformato in un grande edificio di architettura gotico rinascimentista.

Ospedale di Gesù Nazareno – Messico

Nella Nuova Spagna (l’odierno Mexico), il primo ospedale, della Purissima Concezione e Gesù Nazareno, fu fondato nel 1521 dallo stesso Hernando Cortes, con fray Bartolomeo di Olmedo come primo direttore, lo stesso sacerdote che aveva celebrato la prima messa a Tenochtitlàn. Lì è nata la Facoltà di Medicina dell’Università Pontificia di Mexico. Questo ospedale fu mantenuto dalla rendita di Cortes e dai suoi discendenti fino all’anno 1932, e ancora oggi funziona, essendo uno dei dieci più antichi del mondo. Per i lebbrosi, si fondò in Mexico, anche per iniziativa del conquistatore, l’ospedale di San Lazaro, fra il 1521 e il 1524.

È anche doveroso parlare dell’Ospedale Reale dei Naturali che, fondato come una umile infermeria, dal frate Pietro di Gante nell’anno 1531, si edificò come un grande centro sanitario sotto il padronaggio d’il re o vice re, nell’anno 1553. Questo ospedale si dedicava soltanto agl’indigeni, ed era famoso per le sue cure ed alimenti, di una qualità eccellente; tre pasti al giorno; cioccolato nella colazione; brodo di agnello, gallina arrostita, riso, ceci, etc. Tutti gli indigeni di Nuova Spagna (Mexico) avevano diritto a ricevere cure nell’ospedale. Secondo una vecchia tradizione, anche i poveri che arrivavano in Città di Mexico potevano alloggiarsi nell’ospedale. Afferma l’autore che non è esagerato affermare che si trattasse d’il migliore ospedale del mondo nell’epoca o di uno dei migliori.

Nel Perù non fu meno prolifica la fondazione di ospedali; 59 ospedali fra il 1533 e 1792. Venti soltanto nella città di Lima, che aveva tanti ospedali come templi. La politica di protezione sociale andava al di là delle direttrici della Corona. L’ospedale di Santa Ana, per i nativi, offriva attenzione gratuita. Anche l’ospedale Reale di Sant’Andrea, iniziato dal frate Frances di Molina in 1552; che fu il principale di Sudamerica durante l’epoca del vice regno, e al quale veniva gente di denaro di Santiago de Chile, Buenos Aires, Quito e altre città. Nel 1559 si fonda l’ospedale di Santa Maria della Carità, il primo con attenzione a domicilio. In 1563, l’ospedale di San Lazzaro, per i lebbrosi. In 1593, per iniziativa dell’arcivescovo Santo Toribio di Mogrovejo (1583-1606) e d’il portoghese Francisco di Saldagna, si fonda la “Casa delle Divorziate”, per le mogli abbandonate dai suoi mariti. Il sistema sanitario della città di Lima ottenne che tutti i gruppi umani, senza distinzione, fossero in qualche maniera protetti di qualche modalità d’attenzione medica. Anche il “grande ospedale di Quito”, costruito nel 1534 e dedicato alla Santa Misericordia di Nostro Signore Gesù Cristo, attivo per 409 anni, dal 1565 al 1974.

Ospedale Sant’Anna – Lima (Peru)

 

 

[1] Alcuni libri ci sono sull’argomento, come quello di Jean Dumont, Il vangelo nelle Americhe, Effedieffe, Milano 1992, e quello di V. Messori, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Paoline, Milano 1992, e M. Hesemann, Contro la Chiesa: miti, leggende nere e bugie, Paoline, Milano 2009.

[2] Contribuzione degli studenti: Carlos Higueras, Jorge Chasco e Edgar Pera, del seminario San Vitaliano dell’Istituto del Verbo Incarnato (IVE) a Montefiascone (VT), Italia a decembre 2022.

[3] Nel 1992 ricorreva il 500° anniversario della scoperta dell’America e il tema è stato nuovamente aperto al dibattito.

[4] Ad esempio, lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, vincitore del Premio Nobel 2010 per la letteratura, commentava: “La leggenda nera antispagnola è stata un’operazione di propaganda messa in atto e alimentata nel tempo dal protestantesimo – in particolare dai suoi rami anglicani e calvinisti – contro l’Impero spagnolo e la religione cattolica per affermare il proprio nazionalismo, demonizzandoli fino all’estremo, privandoli persino dell’umanità.

[5] Stiamo parlando della difesa della cristianità. Aprendo una via verso ovest, sarebbe stato possibile attaccare l’accerchiamento islamico dell’Europa dalle retrovie. Ricordiamo che all’epoca dei Re Cattolici e negli anni successivi l’avanzata turca nell’Europa orientale era vista con grande preoccupazione: basti ricordare la caduta di Costantinopoli nel 1453 o l’assedio di Vienna nel 1529. L’avanzata turca costituiva un pericolo reale per tutta la cristianità.

[6] La maggior parte di quest’informazione va estratta da: Marcelo Gullo Omodeo, Madre Patria, Espasa, Barcelona 52021.

[7] Va notato che quest’opera è stata diffusa in Italia prima di quella del frate domenicano.

[8] Antonio Pérez, segretario del re Filippo II, è stato processato dalla magistratura spagnola con l’accusa di aver rivelato segreti di Stato e di aver offuscato le relazioni di Filippo II con il fratello Giovanni d’Austria.

[9] Questo periodo va dalla ribellione delle future Province Unite dei Paesi basi fino alla Pace di Westfalia.

[10] Alcuni titoli pubblicati all’epoca: – Alzire ou les américains (1736), di Voltaire; Fernand Cortès (1747), di Françoise de Graffigny ; Christophe Colomb ou l’Amérique Découverte (1773), di Bourgeois.

[11] In quest’opera, la Spagna è accusata di aver ucciso non meno di 14 milioni di indiani nel Nuovo Mondo.

[12] L’Histoire des Deux Indes e La ricchezza delle nazioni dello scozzese Adam Smith furono utilizzati da Simón Bolívar per articolare il suo pensiero politico. Così il giovane Bolívar fu ideologicamente subordinato all’imperialismo culturale francese e britannico.

[13] Poinsett – fortemente antispagnolo, discendente di una famiglia ugonotta fuggita dalla Francia – fu il principale promotore in Messico della leggenda nera e dell’ispanofobia.

[14] Secondo la sua versione, il conquistatore estremista Hernán Cortés fu la figura più esecrabile della storia americana e la conquista del Messico non fu altro che un bagno di sangue guidato dall’incontenibile avidità dei conquistadores spagnoli.

[15] Nel 1848, gli Stati Uniti si impossessarono di circa la metà del territorio messicano (2.378.539 km2). Questa violazione fu legalmente stabilita dal Trattato di Guadalupe Hidalgo dello stesso anno.

[16] Il 12 ottobre, giorno festivo in Spagna, si celebra il “Día de la Hispanidad”, ricordando che Cristoforo Colombo arrivò nelle Americhe proprio in quel giorno. Tutto il lavoro spagnolo nel nuovo continente è ricordato anche in generale.

[17] Ad esempio, hanno proposto di dividere il Perù in tre Stati per creare una nazione quechua e una Aymarà. Per la Bolivia la proposta era di dividerla in tredici Paesi indipendenti. L’URSS ha lavorato e fatto lavorare i suoi militanti per la balcanizzazione dell’America spagnola.

[18] Ha promosso in particolare il libro Le vene aperte dell’America Latina dell’uruguaiano Eduardo Galeano. Un libro di cui lo stesso autore si è lamentato anni dopo, nel 2014, dicendo: “Non rileggerei Le vene aperte dell’America Latina perché se lo facessi sverrei […]. Non sarei in grado di rileggere il libro, perché quando l’ho scritto non sapevo molto di economia e politica”.

[19] I monarchi cattolici adottarono molto presto misure per difendere gli indiani e promuovere la mescolanza. Esaminiamo alcune delle legislazioni dell’epoca: Nel 1495 la regina si oppose alla riduzione in schiavitù degli indios che Colombo aveva inizialmente attuato.

  • Nel 1500, i re proibirono la schiavitù degli indiani con un decreto reale.
  • Nel 1503, la regina ordinò a Nicolás de Ovando, governatore dell’isola di Hispaniola (Haiti e Repubblica Dominicana), di promuovere i matrimoni interrazziali “Casénse españoles con indias e indias con españoles” (sposare spagnoli con indiani e indiani con spagnoli).
  • Nel 1512, il re Ferdinando firmò le Leggi di Burgos, che riaffermavano il divieto di schiavizzare gli indios e la loro condizione umana. Permettevano che fossero costretti a lavorare, ma con una paga equa e a condizione che il lavoro fosse tollerabile.
  • Dopo la morte della regina, il re Ferdinando, seguendo l’esortazione della moglie, firmò nel 1514 un decreto reale che convalidava qualsiasi matrimonio tra spagnoli e indiani.

[20] Il libro di Ma. Elvira Roca Berea, Imperiofobia y leyendas negras, ed. Siruela, Madrid 2016, si colloca tra le migliore opere attuale in lingua spagnola circa le cosidette leggende nere contro Spagna.

[21] La Grandeza de España era la più alta dignità della nobiltà spagnola nella gerarchia nobiliare, essendo situata immediatamente dopo quella di Principe delle Asturie e di Infante di Spagna – il primo titolo riservato all’erede del Re di Spagna e il secondo agli altri suoi figli e figlie e alla discendenza del Principe delle Asturie. L’origine della “grandezza spagnola”, come oggi è conosciuta, risale all’inizio del regno di Carlo I di Spagna.

[22] Si riferisce alla bula papale Inter Caetera, documento emesso da papa Alessandro VI il 4 maggio 1493, che fissava i limiti marittimi fra i regni di Spagna e Portogallo e delegava in questi re la facoltà di conquistare le nuove terre scoperte allo scopo di evangelizzare i suoi abitanti e portarli alla Fede in Cristo.

[23] Cfr. la quarta lettera ‘di relazione’ di Cortes inviata a Carlo I di Spagna (Hernán Cortés, Cartas de relación, ed. Ángel Delgado, Castalia, Barcelona, 2016).

[24] [https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1987/documents/hf_jp-ii_hom_19870408_celebraz-salta.html]. Omelia di PP. Giovanni Paolo II a Salta, Argentina (8/4/1987)

[25] Seguiamo, in questa parte della conferenza, soprattutto, il libro Madre Patria, di Marcelo Gullo Omodeo, dottore in scienze politiche e professore, pubblicato nell’anno 2021 per l’editrice Espasa.

 

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