Si legge in Genesi 6,4 questa curiosa menzione su I giganti ed i figli di Dio che forse a molti lascia perplessi.
Gen 6,4 : C’erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s’accostarono alle figliole dell’uomo e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell’antichità.
Come spiegarlo? Chi sono questi ‘giganti’, questi ‘figli di Dio’ e quelle ‘figliole dell’uomo’. Perché diversi?
Innanzitutto crediamo che qua si pone il problema di interpretare la Scrittura (in concreto questo passo della Genesi) di modo letterale o di modo figurato, problema che è ricorrente in diversi passaggi dell’Antico Testamento.
St. Agostino ci riporta una regola (più di una volta) nella sua opera De Genesi ad Litteram, che è stata seguita da parecchi interpreti – tra qui il p. Castellani, gesuita argentino. Dice così: «Prima di spiegare frase per frase il succitato testo della Scrittura, credo opportuno ripetere qui l’avvertimento che credo di avere già fatto anche in un altro passo della presente opera, che cioè da noi deve esigersi di difendere il senso letterale dei fatti narrati dall’autore sacro. Se però tra le espressioni preferite da Dio e da qualsivoglia persona chiamata da Dio al ministero di profeta, se ne trova qualcuna che non può esser presa alla lettera senza che risulti assurda, non c’è dubbio che deve essere intesa in senso figurato, indicante qualcos’altro di natura simbolica; non è lecito tuttavia dubitare che [quell’espressione] sia parola di Dio. Ciò lo esige l’attendibilità del narratore e la promessa del commentatore» (De Genesi ad Litteram; Libro XI: 1. 2).
Orbene, in Genesi 6,4 si mettono due interrogativi:
- Il problema di quest’unione di “figli di Dio con figlie di uomini”.
- Il problema dell’esistenza o meno di questi “giganti”.
Alla luce di quanto detto di S. Agostino, il problema di interpretarlo letteralmente verrebbe di sapere se suppone un assurdo o meno.
Riguardo il primo, St. Agostino e San Tommaso interpretano letteralmente, però danno diversi significati sull’espressione “figli di Dio”. Riguardo il secondo, si inclinano perché “i giganti” siano esistiti, lo quale non suppone in se stesso un assurdo (dal momento che Dio poteva crearli).
- Agostino dice espressamente, sul primo: «Senza possibilità di dubbio la Scrittura attesta che (i cosidetti “figli di Dio”) non furono angeli di Dio nel senso che non erano uomini, come alcuni pensano (certi scritti apocrifi), ma che certamente furono uomini». E’ vero che in alcuni passi del AT gli angeli sono chiamati “figli di Dio” e che in alcuni apocrifi apparivano come generando figli con donne. Sant’Agostino dirà comunque che la Scrittura afferma anche che gli uomini erano considerati figli di Dio come possedendo il suo Spirito (allora, ‘quasi angeli’ e quasi “figli” suoi), che peccando però sono diventati “carni” (ossia carnali o puramente ‘figli dell’uomo’). Di fatto aggiunge: «Con lo Spirito di Dio erano diventati angeli di Dio e figli di Dio ma, decadendo ai beni inferiori, sono considerati uomini in termini di natura e non di grazia. Sono considerati anche carne perché avevano abbandonato lo Spirito e abbandonandolo erano stati abbandonati» (Città di Dio; cap. XV, n. 22).
In una parola, sta affermando che la Scrittura chiamava “figli di Dio” a certi uomini per motivo della grazia. Avendola perduta, li chiamava semplicemente “carne” a motivo della sua natura, che comunque rimaneva sempre.
- Riguardo ai giganti, dice espressamente: «Quindi secondo le Scritture canoniche ebraiche e cristiane non v’è dubbio che prima del diluvio vi furono molti giganti e che furono cittadini della città degli uomini generata dalla terra e che i figli di Dio, i quali discendevano secondo la carne da Set, abbandonata la giustizia, si aggregarono a questa società. E non c’è da meravigliarsi se anche da loro nacquero giganti. Non tutti furono giganti ma furono assai di più che negli altri tempi dopo il diluvio. E piacque al Creatore crearli affinché da questo fatto venisse dimostrato che non soltanto la bellezza ma anche la grandezza e forza fisica non si devono tener in gran conto dal sapiente, il quale ottiene la felicità con beni spirituali e indefettibili di gran lunga più nobili e sicuri e propri dei buoni e non comuni a buoni e cattivi». (Città di Dio; cap. XV, n. 23).
Come difesa di St. Agostino, possiamo dire che “giganti” non significa necessariamente, nell’uso della Scrittura, che siano uomini da cinque o sei metri o più. Ne abbiamo un esempio: quando tornano gli esploratori che Mosè aveva inviato alla Terra Santa per vedere se conquistarla o meno, questi – che erano impauriti dai i popoli che avevano visto e che volevano desistere della impressa – affermano: Num 13,33: « Abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, e ai nostri occhi eravamo come delle cavallette, così come lo eravamo ai loro occhi».
Ovviamente che la persona sta esagerando, e dobbiamo dire, sulla base alla inerranza della Scrittura, che il testo sacro ammette questo senso di “gigante” con una certa esagerazione. Se l’ammette qua, potrebbe anche ammetterlo altrove. Lo quale non è un ostacolo per dire che quei ‘giganti’ potrebbero essere stati uomini particolarmente alti e particolarmente forti e guerrieri, come certe razze lo sono o erano.
- San Tommaso tratta l’argomento, fondandosi in quel passo della Scrittura, nella Summa Theologiae, I, q. 51, a.3, ad.6, ed afferma questo: «S. Agostino insegna: “Molti hanno constatato, o affermano di aver sentito da quelli che l’hanno constatato, che i Silvani e i Fauni, detti comunemente incubi, sono stati sovente lascivi con donne ed hanno bramato e compiuto l’accoppiamento: sarebbe perciò poco serio negare questo fatto. Ma i santi angeli di Dio non potevano commettere una tale colpa (che sarebbe avvenuta) prima del diluvio. Per figli di Dio si devono perciò intendere i figli di Set, che erano buoni; la Scrittura invece chiama figlie degli uomini le donne della stirpe di Caino. Né c’è da meravigliarsi che da essi siano potuti nascere dei giganti: né i loro figli furono tutti giganti; questi tuttavia furono più numerosi prima che dopo il diluvio”.»
Ossia che San Tommaso segue St. Agostino in dire che sono stati gli uomini della discendenza di Set coloro che hanno preso quelle donne discendente di Caino (la Scrittura è molto scrupolosa in sostenere che, fino al diluvio, ambedue stirpe si distinguevano bene e allora, era diventato “raro” e notevole, il fatto che si unissero alla fine tra di loro).
- Ad ogni modo, sulla possibilità che i demoni (non già gli angeli buoni) si uniscano con donne o uomini, aggiunge: «Qualora però ci fossero dei casi in cui qualcuno fosse generato in seguito al coito dei demoni, ciò non potrebbe avvenire per mezzo del seme formato da essi stessi o dai corpi assunti, ma per mezzo del seme di qualche uomo da essi preso a tale scopo. Uno stesso diavolo, p. es., potrebbe fare da succube rispetto a un uomo e poi divenire incubo rispetto a una donna. Così infatti agiscono i demoni, come dice S. Agostino, quando prendono il seme di altre cose per ottenere la generazione di altri esseri. Chi pertanto viene generato in tal modo non è figlio del demonio, bensì di quell’uomo da cui fu preso il seme».
Quest’ultimo è importante, perché lascia in chiaro che “anche nel caso di azione succuba o incuba del demonio” (come si credeva communente nel Medioevo e alcuni esorcisti l’affermano), sarebbe sempre con del seme preso da uomini e dunque, sarebbero umani quelli generati.
Per concludere, la Scrittura afferma in altri passi l’esistenza dei giganti, ma non dice mai che siano stati dei giganti allo stile Hollywood o di fantascienza. Ad esempio:
Sapienza 14,6: Di fatto, anche in principio, mentre perivano i superbi giganti, la speranza del mondo si rifugiò su di una zattera che, guidata dalla tua mano, conservò al mondo il seme della generazione.
Baruch 3,26: Là nacquero i giganti, uomini famosi fin dal principio, di grande statura e addestrati alla guerra. (si dice che erano uomini).
Siracide 16,7: Egli non perdonò gli antichi giganti, che si ribellarono con la loro forza.