GIUSTIZIA DEGLI UOMINI E GIUSTIZIA DI DIO: Caso del Cardinale Pell

Cardinale George Pell

GIUSTIZIA DEGLI UOMINI E GIUSTIZIA DI DIO

 

 

Martedì 7 aprile 2020, nell’emisfero nord, appena all’alba, ci è giunta una notizia sorprendente, se qualcuna può essere tuttavia considerata tale in questo tempo di interminabili quarantene e pandemie che tengono sotto scacco tutto il mondo occidentale e dintorni. La notizia in questione è stata l’assoluzione giudiziaria da ogni colpa e accusa, del Cardinal George Pell, ex-arcivescovo di Melbourne ed ex-segretario alle Finanze dello Stato Vaticano, da parte del massimo foro giudiziario (Corte Suprema) d’Australia, suo paese natale. Pell aveva trascorso 405 giorni in prigione dalla prima sentenza di condanna, ordinando infine così, la Corte Suprema, la sua immediata liberazione.

  1. La successione dei fatti in questione

Pell ha svolto il ministero sacerdotale nella diocesi di Ballarat, in Australia, durante gli anni ’70. Fu una diocesi che conobbe eclatanti casi di abusi sessuali da parte di certi membri del clero in quell’epoca. Nel 1987 passò ad essere vescovo ausiliare della diocesi di Melbourne e nel 1996 iniziò come arcivescovo di detta diocesi. Anni dopo, nel 2002, fu nominato arcivescovo di Sydney. Lì dovette affrontare solo una prima accusa, da parte di un tizio, il quale sosteneva di essere stato da lui abusato negli anni ’60, quando Pell era seminarista. Un ex giudice dello stato di Victoria condusse un’investigazione giudiziaria indipendente, per cui Pell fu assolto da ogni accusa, e nonostante una forte risonanza mediatica (era il periodo in cui ancora apparivano scandalosi casi di abusi perpetrati dalla Chiesa cattolica in USA). Si seppe poi, a posteriori, che il personaggio accusatore di Pell era un delinquente noto, che truffava a nome di una mafia sindacale, già passato varie volte per tribunali. Pell fu eletto Cardinale della curia romana nel 2003.

Nel 2014 Pell fu chiamato al Vaticano come segretario delle Finanze (prefetto della Segreteria dell’Economia, da poco creata), e fu anche aggiunto alla commissione nominata da Papa Francesco per le investigazioni di abusi su minori (il famoso gruppo C9 dei cardinali della curia romana). Quello stesso anno, curiosamente, sorse una seconda accusa contro Pell, per insabbiamento di casi di abusi sessuali, in relazione a un sacerdote (Gerard Ridsdale) con il quale Pell aveva vissuto in qualche parrocchia della diocesi di Ballarat, come anche rispetto a qualche altro caso (Searson), della diocesi di Melbourne, a cui Pell intimò di dimettersi e di lasciare il sacerdozio dopo abusi comprovati, quando il primo era già arcivescovo di Melbourne.

In Australia si era formata una commissione speciale (Royal Commission into Institutional Responses to Child Sexual Abuse) per investigare casi del genere. Questa commissione interrogò Pell per due volte, in occasione di un viaggio a Sidney nel 2014 (oltre ad un’altra commissione parlamentaria dello stato di Victoria). La Royal Commission formalizzò le inchieste giudiziali a dicembre dell’anno seguente, e agli inizi del Marzo 2016 il cardinale si vide obbligato a rispondere direttamente a lunghe requisitorie e violente domande da parte di detta commissione, in video conferenza da un hotel di Roma per diciannove estenuanti ore. La Commissione dichiarò che il suo principale obiettivo era conoscere la testimonianza proprio da Pell e accertarsi fino a quale punto disponesse della gestione pecuniaria e di quali decisioni potesse prendere in qualità di segretario delle Finanze dello Stato Vaticano.[1]

Nell’Ottobre 2016 fu direttamente accusato di abusi sessuali in Melbourne. L’accusa divenne ufficiale nel 2017 e nel luglio di quell’anno il cardinal Pell lasciò i propri incarichi di responsabilità nella curia romana per ritornare in Australia e difendersi personalmente dalle accuse. Il Vaticano emise un comunicato in cui avvisava che “si concedesse a Pell un periodo di permesso e licenza dalle sue occupazioni per potersi difendere dalle accuse”.[2]

Nel maggio 2018, il porporato presentò un appello di “non colpevolezza” di fronte alla Corte dei Magistrati di Melbourne, che gli ordinò di comparire in giudizio. Lì, le accuse presentate diedero luogo a due processi: il cosiddetto “giudizio della cattedrale” e il cosiddetto “giudizio dei nuotatori”. Nel primo caso, il cardinal Pell fu accusato di atti osceni e di aggressione sessuale (uno con penetrazione) contro due ragazzi del coro (“altar o choir boys”) nella sacrestia della cattedrale di Melbourne, dopo una Messa domenicale di mezzogiorno, tra la fine del 1996 e l’inizio del 1997. Nel secondo caso, le accuse furono di aggressione sessuale a due ragazzi che lo avevano accusato di averli palpati mentre erano in una piscina alla fine degli anni ‘70.

Rispetto al giudizio della cattedrale, questo cominciò nell’agosto 2018, però una prima giuria (si suppone di dodici persone, come di solito) non pervenne ad una risoluzione per assenza di verdetto maggioritario. Si costituì una seconda giuria, stranamente di sole tre persone, la quale stabilì, l’11 dicembre di quell’anno, che Pell era colpevole di cinque accuse contro minori, succedutesi in due diverse occasioni (la seconda accusa era contro quattro persone, per “condotte inappropriate”), benché la sentenza non si sia conosciuta fino al 26 febbraio 2019, a causa del Suppression Order (ordine della legge australiana che impedisce ai mezzi di comunicazione di diffondere i fatti di un giudizio in corso), al fine di favorire un giudizio equanime, come “quello dei nuotatori”. Senza dubbio, nella stessa data menzionata si comunicava che si rigettava questo secondo giudizio per mancanza di prove plausibili.

Richiama fortemente l’attenzione il fatto che, prima che si conoscesse ufficialmente il verdetto in prima istanza, l’Ufficio stampa della Santa Sede, comunicasse per via del proprio direttore, Greg Burke, che già a fine ottobre il Papa Francesco aveva congedato il Cardinal Pell dal Consiglio dei Cardinali (C9), per “età avanzata”.[3] Questa notizia fu pubblicata il 12 dicembre 2018. Più tardi, appena conosciuta la sentenza, a fine febbraio 2019, Alessandro Gisotti, direttore ad interim del summenzionato Ufficio stampa, chiarì che il mandato dei cinque anni del cardinal Pell come Prefetto della Segreteria per l’Economia, iniziato a febbraio 2014, si concludeva e, di conseguenza, terminava di prestare servizio in Vaticano. Si ricordava, inoltre, che già dal ritorno del cardinale in Australia si erano imposte le misure cautelari di rito per questi casi, “il divieto di esercitare il ministero pubblico e di ogni volontario contatto con minori”.[4]

Il 13 marzo del 2019 ebbe luogo l’udienza per stabilire la sentenza. Il cardinale fu condannato a sei anni di prigione, con possibilità di chiedere la libertà condizionata una volta trascorsi 3 anni e 8 mesi. Il cardinale ricorse in appello e, più tardi, fu tradotto in carcere, da dove iniziò a scontare la propria condanna. L’udienza d’appello si celebrò in data 5 e 6 giugno,[5] e il 21 agosto il Tribunale d’Appello dello stato di Victoria emise la propria risoluzione.

La risoluzione del Tribunale degli Appelli di Stato, con il voto dei tre giudici, confermò la sentenza dei sei anni per abuso del card. Pell contro minori. Propriamente parlando, il Tribunale decise di non accettare l’allegato della difesa degli avvocati di Pell, cosa che di fatto equivale a rigettare l’appello. Una fonte vaticana confermò, tuttavia, che i consulenti del prelato considerarono che la discrepante opinione di uno dei tre giudici del succitato tribunale, Mark Weinberg, poteva fornire motivazioni ragionevoli per annullare la sentenza confermata da detto Tribunale, in un futuro appello alla Corte Suprema del paese.[6]

Quello stesso 21 agosto, il nuovo capo Ufficio stampa vaticana, Matteo Bruni, emise una dichiarazione in cui comunicava di “prendere atto” della risoluzione del Tribunale, riaffermando il “rispetto” dell’istituzione per il sistema giudiziario australiano e la sua vicinanza alle vittime di abusi; allo stesso tempo ricordava che il cardinale aveva sempre mantenuto la propria innocenza, avendo diritto ad appellarsi davanti all’Alta Corte australiana. Affermò anche che “la Congregazione per la Dottrina della Fede stava attendendo il risultato dei procedimenti in corso e la conclusione del processo d’appello”, prima di occuparsi del caso.[7]

Gli avvocati del cardinal George Pell, il 17 settembre del 2019, presentarono formalmente appello alla Suprema Corte australiana (“High court”).[8]

  1. Appello, decisione e analisi della sentenza

Il Tribunale o Corte Suprema d’Australia (con sede a Brisbane) decise di accettare l’appello presentato dal cardinal Pell il 13 novembre 2019.[9] Come avevamo riferito, la discorde opinione di uno dei tre giudici della Corte d’Appello di Victoria, Mark Weinberg, poteva dar adito a motivi plausibili per revocare la sentenza: secondo questo magistrato, la sola vittima ad esser rimasta viva non era credibile né affidabile e il verdetto non soddisfaceva il principio in base al quale uno può essere condannato se le prove dimostrano la sua colpevolezza molto oltre ogni ragionevole dubbio.[10]

Nel marzo 2019, e quando di recente stavano terminando i terribili incendi che hanno colpito la zona più ricca e popolata d’Australia, già da sei mesi (in concreto hanno colpito in particolare gli stati di Victoria, del Nuovo Galles del Sud e parte del Queensland, con capitale Brisbane) uscì una strana notizia sul fatto che i giudici della Suprema Corte avevano rimandato per il momento di pronunciarsi sull’appello presentato dagli avvocati di Pell (tecnicamente significa decidere se accettare o meno l’appello), cosa che suscitò grande perplessità.[11] Il Vaticano tornò a ribattere che il cardinale manteneva la propria dichiarazione d’innocenza. Pochi giorni dopo iniziava questa gran bufera mondiale partita dalla minaccia del Covid 19, e che tuttavia, nello scrivere queste righe, tiene in pugno buona parte del globo, sottomesso ad una quarantena più o meno stretta.

Liberazione del Cardinale Pell

 

I giudici, ancora una volta di sorpresa, decisero di comunicare la loro decisione verso le ore 11 della mattina del 7 aprile 2020, ora australiana. Il cardinale George Pell è stato assolto all’unanimità dai sette giudici dell’alta Corte. In base a quel che ha dichiarato la presidente del tribunale, Susan Kiefel, il tribunale inferiore (d’Appello, a Victoria), operando razionalmente, “avrebbe dovuto nutrire qualche dubbio sulla colpevolezza del convenuto”. Ha anche aggiunto che esiste “una significativa probabilità che si sia condannata una persona innocente poiché le prove non hanno stabilito la colpevolezza con il grado di prova richiesto”. Il Tribunale ha ordinato la sua immediata liberazione, e Pell è uscito lo stesso giorno dal carcere di Barwon, nello stato di Victoria, dopo 405 giorni di detenzione.[12] La notizia ha suscitato gran commozione, gran soddisfazione nel mondo cattolico e in molte altre persone sicure della sua innocenza. Per nulla soddisfatti i querelanti, né le locali reti di protezione contro la pedofilia. La maggior parte dei mass-media mondiali ha totalmente oscurato la notizia (fuorché una minoranza di ispirazione cattolica), e c’era da aspettarselo. 

In sostanza, come abbiamo detto, la sentenza del Tribunale superiore si è basata sull’opinione dissidente del giudice della Corte d’Appello di Victoria che aveva votato contro la sentenza anteriore: Mark Weinberg (il quale sosteneva che il verdetto anteriore non soddisfacesse il principio in base al quale una persona possa essere condannata soltanto se le prove dimostrano la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio). Secondo il Tribunale Supremo, la corte dovrebbe aver nutrito un ragionevole dubbio, specialmente dopo aver ascoltato le testimonianze di vari “testimoni d’occasione”, che erano pure parte di alcuni “altar boys” di quell’epoca, frequentanti la Messa domenicale. La difesa aveva osservato che le testimonianze di questi ultimi non concordavano con quelle dell’unica presunta vittima ancora in vita. Nessuno di questi testimoni poteva affermare che alcuna delle tre note ‘routines’ o pratiche che si tenevano dopo la Messa domenicale nella cattedrale non si fossero svolte alcuna volta. Queste pratiche erano:

1 – la pratica dell’arcivescovo (in questo caso, lo stesso Pell) di salutare i fedeli nell’atrio o nelle vicinanze delle scalinate esterne della chiesa dopo la messa domenicale (dove alcuni fedeli si intrattenevano a parlare con lui alcuni minuti).

2 – La pratica stabile per cui nella cattedrale di Melbourne l’arcivescovo fosse sempre accompagnato mentre si metteva i paramenti o si svestiva nella chiesa (specialmente la testimonianza di Monsignor Charles Portelli, maestro cerimoniere in quel periodo).[13]

3 – Il continuo via vai di persone che entravano e uscivano dalla sacrestia dei sacerdoti per dieci o quindici minuti dopo la processione con la quale si concludeva la messa domenicale.

Se la giuria e la corte avessero considerato che la prova presentata dal convenuto era credibile e verosimile, agendo razionalmente, avrebbero anche dovuto tener conto del fatto che le testimonianze presentate da numerosi testimoni dava origine almeno ad un ragionevole dubbio sull’accusa, giacché nessuno di loro poteva affermare con certezza che le suddette tre pratiche si fossero qualche volta interrotte simultaneamente. L’Alta Corte ha considerato, basandosi su un precedente – che esisteva una significativa possibilità per cui un innocente fosse stato condannato poiché la prova non stabiliva colpevolezza secondo il grado di prova richiesto.[14]

  1. Razionalità e verosimiglianza

Trattandosi di presunti fatti da cui sono trascorsi quasi vent’anni dal momento dell’inizio del processo, di cui solo una vittima si lamentava di abusi, insieme ad un’altra già morta, la forza della dichiarazione riposava solo sulla parola della vittima in questione, incapace di presentare alcuna prova supplementare al caso, fuorché la propria condizione di minore (13) al momento del fatto e del trauma che, venti anni dopo, afferma di avere ancora. Come vediamo, la forza dell’argomento si basa solo sulla verosimiglianza del convenuto, essendo non poco comune per questo tipo di accuse. Il tema della verosimiglianza poneva già di per sé un problema, solo che qui abbiamo un elemento aggiuntivo. I testimoni chiamati a deporre affermavano di aver mai presenziato a niente (al contrario, i querelanti affermavano di essersi incontrati solo col cardinale quando il fatto successe), e che mai avevano osservato le pratiche in questione, nemmeno quando, in molti casi, le proprie simpatie personali fossero dalla parte dei querelanti. L’osservanza di queste ‘routines’ e spostamenti dopo la Messa rendevano praticamente impossibile commettere il fatto in questione. Notiamo che il frutto di questo ragionamento è considerato dalla Corte “dubbio ragionevole”, e afferma che, se il tribunale minore avesse agito “razionalmente”, avrebbe notato questo dubbio. È come dire che – il tribunale inferiore – e la giuria, di conseguenza – non ha giudicato razionalmente, cosa da considerarsi come grave irregolarità giuridica.

Abbiamo detto che il criterio della verosimiglianza pone talvolta certi problemi. Abbiamo già affrontato il tema in passato. Un autore lo definisce come: “È la concordanza che ha con la forma in cui, in genere e frequentemente, accadono le cose nel mondo o come le persone si comportano in condizioni ordinarie e di normalità, e non con prove che permettano di corroborare ciò su cui l’enunciato versa in concreto”.[15] Si suole anche citare Aristotele, in frasi come la seguente: “Quel che succede in generale, ma non di modo assoluto” (Retorica, 1357a34). Quindi, poiché è anche possibile che ciò avvenga in modo diverso, sarà possibile non appena coinciderà con un’opinione generalmente ammessa. In una disputa giudiziaria, basarsi sul verosimile non implicherà dunque il cercare di ottenere una dimostrazione apodittica, ma di presentare i fatti “conforme all’opinione comune”, narrando molte circostanze che permettano all’ascoltatore di meglio deliberare sulla storia (Retorica, 1417a-1417b), dunque risulta verosimile – incluso — che “a volte le cose succedono contro la verosimiglianza” (Poetica, 1461a-1461b).[16]

Tornando al nostro caso, non può considerarsi normale o comune che il soggetto citato in giudizio (il cardinal Pell) abbia scelto di abusare di due adolescenti del coro dei bambini proprio al termine della Messa domenicale (con tutta la difficoltà che avrebbe implicato, compreso anche lo svestirsi di ogni sacro paramento per l’occasione) e in un luogo (la sacrestia) in cui molta gente è solita riversarsi, anche se fosse stata sua intenzione il farlo o fosse capace dello stesso soltanto per scaricare la propria rabbia o sdegno. In modo che, normalmente parlando, un fatto come quello denunciato non accadrebbe. Si potrebbe obiettare che questo capiti, se detta possibilità coincidesse con una qualche opinione generalmente ammessa; cioè se vi fosse gente capace di testimoniare che le tre solite pratiche di routine che rendevano impossibile commettere tale delitto si interrompessero con una certa frequenza. Ma in realtà, tutti i testimoni hanno affermato l’esatto contrario, che non potevano assicurare che tali pratiche si fossero interrotte, tutte insieme, talvolta, per cui non si riunivano i necessari criteri per parlare di verosimiglianza del fatto.[17] È per questa ragione che sia la giuria che emise questa sentenza e la corte d’Appello non agirono razionalmente né eliminarono alcun ragionevole dubbio.

Se c’è qualcosa che richiama l’attenzione in tutto questo è la volubilità e la superficialità con cui il criterio del più verosimile è applicato dai giuristi che dovrebbero essere esperti del tema. Questo modo di applicare il principio pare molto influenzato, senza dubbio, dall’opinione comune generalizzata in questi tipi di delitti, e che suggerisce di credere ad ogni denuncia appena sporta per abuso sessuale, e specialmente se realizzata contro persone qualificate per il loro incarico. Il gran rischio e pericolo che ciò comporta è che, giustamente, tale atteggiamento va contro la ragionevolezza del principio e condiziona il giudizio, correndo il rischio di dare una sentenza ingiusta contro un innocente, cosa che, come dicevamo, non è un errore di poco conto.

La giustizia umana, amministrata da persone altamente fallibili, è sempre limitata. È necessario averci a che fare, senz’altro, ma bisogna anche conoscerne i limiti, non vantarsi esageratamente della stessa e cercare di diminuire al massimo le sue lacune, specialmente quando si tratta di applicare princìpi di difficile applicazione. Va benissimo che la Chiesa come istituzione con i piedi sulla Terra, rispetti e consideri le bontà di un sistema giudiziale umano, ma considerando le sue limitazioni, più che star permanentemente lodando le sue bontà e dovrebbe ricordargli questi limiti, ed esortarlo ad operare con la massima precauzione e prudenza possibili.

  1. Fatti coincidenti; conclusioni personali.

Nel seguente paragrafo, ci proponiamo di presentare alcuni fatti di cronaca, accaduti in modo abbastanza simultaneo al processo a cui ci riferiamo. Non vogliamo altro che presentare le coincidenze senza trarre alcuna conclusione al riguardo. Queste restano a carico del lettore, perché vi indaghi come meglio creda.

Avevamo detto che la non accettazione dell’appello di Pell da parte del tribunale d’Appello dello stato di Victoria – che equivale ad una condanna in seconda istanza – fu comunicata il 21 agosto del 2019, e nel mese di settembre i suoi avvocati presentarono il ricorso alla Corte suprema. Abbiamo già illustrato in dettaglio i particolari minori di detta sentenza e di tutte le irregolarità che conteneva (su cui lo stesso Tribunale maggiore ha avuto parole dure a riguardo).

Incendi forestali in Australia

In questo stesso mese di settembre iniziavano seri incendi in diverse parti del sud-est australiano, la zona più ricca e produttiva del paese. Poco tempo dopo gli inizi, vari organi di informazione riconoscevano che, sebbene i fenomeni di siccità e incendi fossero comuni negli ultimi anni, stavolta stavano acquisendo proporzioni veramente gigantesche e caratteristiche totalmente particolari. Fra cui, il fatto che si trattava di diversi focolai che si stavano stringendo e avvicinando gli uni agli altri, compreso l’eccesso di magnitudine di alcuni osservati solamente nelle regioni boscose più remote del mondo, come soleva accadere in certe regioni del Canada del Nord o della Siberia, dove vivono pochissime persone.

        Qui invece, l’ambiente era molto distinto. Nel primo semestre di gennaio, circa 6.474.970 ettari risultavano bruciati nel Nuovo Galles del Sud e in Victoria. È questa un’area grande pressappoco quanto la Virginia Occidentale. Milioni di ettari in più si sono bruciati in altre parti del paese.[18]

Vari investigatori hanno riconosciuto che il fenomeno si è rivelato molto superiore a quello che si consideri un paesaggio devastato, e anche superiore al potere di annichilazione dei fenomeni che solevano osservarsi anni prima in certe zone della California e dell’Amazzonia, assai esposte a incendi. D’altra parte, le perdite di vite e proprietà che l’Australia stava sperimentando, erano sorprendenti, e non terminavano. A gennaio 2020, almeno 29 persone erano morte. Cento milioni di animali, stando ad alcuni calcoli, sono periti o hanno sperimentato la fame o la disidratazione in habitat devastati (ha sollevato un polverone l’immensa riduzione del numero di individui della specie dei koala, ad esempio). Inoltre, più di 2500 abitazioni sono stati distrutti. Il fumo generato dagli incendi aveva già coperto Sydney, Melbourne e Canberra (le città più importanti), scatenando per vari mesi la peggior qualità d’aria nel mondo.

Il 20 gennaio, e dopo vari mesi di permanenti incendi, si è scatenata su tutto l’est australiano una gran tormenta di grandine e polvere, che sebbene abbia calmato alcuni incendi che erano iniziati (in realtà si sono estinti solo 32 focolai su 120), ha avuto molte altre complicazioni, come inondazioni, chiusura di strade, black-outs elettrici, fino a ritrovarsi uno squalo in piazza, a Barleigh![19] In modo definitivo, i recenti incendi si sono estinti quasi due mesi dopo, in coincidenza con la decisione della Corte suprema di risolvere il caso Pell.

Vogliamo insistere solo con l’intenzione di presentare i fatti e la loro innegabile coincidenza. Se qualcuno pensa che stiamo suggerendo un qualche castigo divino, sappia che, in tale caso, lo intendiamo alla luce della Sacra Scrittura.[20] Sottolineiamo anche che si è percepita come forte coincidenza – e qui non c’è relazione con fenomeni naturali – il modo in cui l’ufficio stampa della Santa Sede si affannava a segnalare, appena ci fosse qualche notizia del processo in corso contro Pell, l’impegno della Santa Sede al rispetto del sistema giudiziario australiano e alla solidarietà per le vittime, dichiarazioni che senz’altro sono buone e necessarie, benché si chiami l’attenzione su quest’apparente necessità di segnalarle in ogni momento. È evidente che la società umana opera attraverso mezzi e sistemi che le sono propri, ma più che incensare permanentemente la giustizia umana, l’atteggiamento di una istituzione come la Chiesa, che reclama di essere testimone del soprannaturale, dovrebbe avere come fulcro principale l’esortazione alla prudenza, ricordando i limiti di ogni umana istituzione, le sue possibilità di separarsi da ciò che è retto e, soprattutto, ricordare che tanto essa come tutti, dovremo render conto, in un modo o nell’altro, ad una giustizia superiore.

  1. Conclusione

Il cardinal Pell ha avuto parole di distensione, e non di condanna, rispetto al suo processo e ai suoi accusatori. La più importante è stata forse la prima dichiarazione rilasciata appena libero dal carcere, per manifestare la sua adesione alla verità: “L’unica base per una guarigione duratura – ha aggiunto il cardinale – è la verità e l’unica base per la giustizia è la verità, perché la giustizia significa verità per tutti”.[21]

Il vero problema nasce quando si abbandona l’impegno per la verità e si seguono criteri meramente umani, e pure questi, molte volte, con una certa superficialità, come dimostrato da questo caso. C’è anche un altro elemento, ed è il seguente: c’è stata la chiara intenzione di trasformare il caso Pell in un caso paradigmatico, per l’ufficio che questo cardinale aveva nella Chiesa e per la risonanza che aveva acquisito, e anche perché doveva restare chiaro che non ci sarebbe stata difesa possibile di fronte ad una semplice accusa verbale e di fronte all’imposizione di certi stereotipi, quale che sia il caso, senza presunzione di innocenza che ripari né prescrizione alcuna che valga. Si voleva che la Chiesa esigesse la massima pena possibile, come la perdita del ministero sacerdotale per un cardinale di alto rango, non solo contravvenendo totalmente alle disposizioni canoniche, ma contro ogni comune buon senso e vera giustizia.

Tommaso d’Aquino è molto chiaro nell’avvertirci sulle conseguenze che una falsa accusa arrecherebbe ad un sano e giusto sistema giuridico: «l’accusatore in un procedimento penale si costituisce parte che mira alla punizione dell’accusato. Ora, spetta al giudice determinare tra loro la giusta misura della giustizia. Ebbene, la giustizia esige che uno subisca il danno, che egli aveva intenzione d’infliggere al prossimo, secondo le parole dell’Esodo: “Occhio per occhio, dente per dente” (Es 21,24). È giusto quindi che uno il quale con l’accusa ha posto altri nel pericolo di una pena grave, subisca egli stesso una pena consimile».[22] E inoltre: «Chi accusa ingiustamente pecca, sia contro la persona dell’accusato, sia contro la società. Perciò va punito per l’uno e per l’altra. Ecco perché nel Deuteronomio si legge: Se (i giudici) dopo aver svolto una diligente investigazione, accertassero che il falso testimone ha mentito contro suo fratello, lo tratteranno come egli cercò che fosse trattato suo fratello (Dt 19,18)».[23]

Dovrebbero imparare questa lezione coloro che chiacchierano tanto, ostentando termini come trasparenza, referenzialità o auto referenzialità, legalità (o piuttosto pseudo-legalità), onestà professionale, affidabilità, accuse e simili, termini con cui molte volte si cerca di avere un impatto o shock affettivo più che razionale, e forse per questo vanno di moda. Nessuno nega che questi termini abbiano un vero senso, e che riflettano certi valori da mantenere e anche buoni, ma sono e saranno sempre valori solo strumentali, e così formulati, non sono valori evangelici.

Noi facciamo voto affinché, al contrario, prevalgano sempre i veri ed assoluti valori evangelici, specialmente l’autentica giustizia e la verità, che sono fondamento di pace e di vero amore, perché li si cerchi sempre, con zelo, anche a costo di grandi sacrifici, sofferti di persona o socialmente in gruppo. L’impegno finale è solo con la Verità e con il Bene supremo, con cui tutti, nel più profondo della nostra coscienza, un giorno dovremo confrontarci. Rispetto a ciò, per ciascuno di noi, sarà meglio che succeda prima che poi.

[1] Cfr. A conclusione delle udienze del card. Pell sugli abusi in Australia: Fonte originale usata da noi in spagnolo (http://zenit.us12.list-manage.com/track/click?u=545839af89f9e961d050590b6&id=5040c3e73f&e=e42959ee64) In italiano, si può vedere: https://www.corriere.it/cronache/16_marzo_03/preti-pedofili-conclusa-testimonianza-george-pell-avrei-dovuto-fare-piu-7f8040e0-e125-11e5-a744-ac338b23c563.shtml.

[2] https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/pell-accuse-abusi-sessuali; https://www.ilsole24ore.com/art/pedofilia-cardinale-pell-tornera-australia-difendersi-AERUqIoB

[3] https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2018/12/12/news/il-c9-diventa-c6-il-papa-congeda-pell-errazuriz-e-monswengo-1.34066679; https://www.repubblica.it/vaticano/2018/12/13/news/voci_su_condanna_pell_pedofilia-214179262/;

[4] http://www.farodiroma.it/vaticano-alessandro-gisotti-il-cardinale-pell-non-e-piu-prefetto-della-segreteria-delleconomia/

[5] https://www.agensir.it/quotidiano/2019/6/5/australia-iniziato-processo-dappello-al-card-pell-accusato-di-pedofilia/

[6] https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-09/pell-ricorso-alta-corte-australia.html

[7] https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2019/08/21/news/abusi-respinto-in-australia-l-appello-del-cardinale-pell-1.37366775

[8] https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-09/pell-ricorso-alta-corte-australia.html

[9] https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/11/13/0865/01809.html

[10] https://lanuovabq.it/it/pell-lalta-corte-accetta-di-esaminare-il-ricorso. L’altra presunta vittima, in effetti, si era suicidata nel 2014 per overdose, e il suo caso si conobbe per la testimonianza del primo. Girano voci per cui si affermava che, prima di morire, l’altra presunta vittima abbia confessato a sua madre che l’abuso mai esistette: «He said the deceased’s mother asked her son directly in 2001, when he was about 17, whether he had been ‘interfered with’ by the cardinal. He said he wasn’t» (dichiarazioni del portavoce della polizia Chris Reed: https://thenewdaily.com.au/news/national/2019/03/07/the-pell-diaries-part-nine/).

[11] https://zenitnewsagency.cmail20.com/t/d-l-mykituk-afuixkd-i/

[12] https://www.lanuovabq.it/it/finalmente-giustizia-assolto-e-liberato-il-cardinale-pell.

[13] https://www.news.com.au/national/courts-law/the-timeline-of-cardinal-george-pells-trial/news-story/4016aac84126940efbbcb84798e6f3ec

[14] https://zenit.org/articles/australias-high-court-rules-in-favor-of-cardinal-pells-appeal/

[15] Cfr. Tomás Marino, Qué es (y qué no es) la verosimilitud en el derecho, Abeledo Perrot, Jurisprudencia argentina (JA) 2014-IV, 2014-12; SJA 2014/12/17-40. Può vedersi online, in Academia.edu (pp. 1-25); citata qui p. 6. Traduzione nostra.

[16] Cfr. J. Calvo González, Verdades difíciles. Control judicial de hechos y juicio de verosimilitud; Cuadernos electrónicos de filosofía del Derecho, 15/2007, Univ de Valencia; pp. 1-22 (1-2). Le citazioni sono tratte da opere di Aristotele.

[17] Citiamo al riguardo l’opinione di Piero Calamandrei: “Per giudicare se un fatto sia verosimile o non verosimile, ricorriamo, senza entrare in un’investigazione storica diretta della sua verità, ad un criterio generale determinato dall’osservazione di quod plerumque accidit (ciò che succede la maggior parte delle volte), posto che l’esperienza ci insegna che fatti di una stessa categoria succedono normalmente in circostanze simili a quelle che si osservano nel caso concreto; se ne deduce anche che il fatto in questione si presenta con l’apparenza di essere vero, e al contrario, si conclude che è inverosimile quando, anche potendo essere, pare senza dubbio in contraddizione con il criterio suggerito dalla normalità” (Cfr. P. Calamandrei, Verdad y verosimilitud en el derecho, en Instituciones de Derecho procesal Civil, vol. III; Ed. El Faro, Madrid 1996, 324). Traduzione nostra. L’opera in italiano – non l’abbiamo trovata – è: Verità e verosimiglianza nel processo civile, in Riv. dir. proc., Padova 1955, I.

[18] Cf. Articolo di Jamie Tarabay (The New York times); Why These Australia Fires Are Like Nothing We’ve Seen Before, del 21 gennaio 2020 (https://www.nytimes.com/2020/01/21/world/australia/fires-size-climate.html).

[19] Cfr. https://www.105.net/news/tutto-news/1254932/australia-uno-squalo-nuota-tra-le-case-seminando-il-panico-foto.html e https://www.quotidiano.net/esteri/grandine-australia-canberra-1.4988376.

[20] La Scrittura, incluso il Nuovo Testamento e fino allo stesso Gesù, chiarisce che non esiste una relazione automatica tra il peccato e una sciagura fisica (Gv 9,3: Gesù al cieco nato), ma neanche esclude che, talvolta esista qualche tipo di relazione (cfr. Gv 5,14; 1Cor 11,30). In tal caso, il castigo in questa vita è sempre correttivo, medicinale, e come tale, è un segno di gran misericordia divina: È per la vostra correzione che Dio vi tratta come figli. C’è qualche figlio che il padre non castighi? (Eb 12,7); Tutti quelli che amo li riprendo e li correggo (Ap 3,19). Risulta inspiegabile quindi che alcuni cristiani non accettino neppure di sentir parlare che Dio corregga e castighi, sotto nessun aspetto. L’unica spiegazione che rientri è che li si consideri influenzati da un’ideologia certamente ben poco evangelica.

[21] Cfr. https://www.lanuovabq.it/it/finalmente-giustizia-assolto-e-liberato-il-cardinale-pell.

[22] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, 68, a.4. L’argomento si fonda nella stessa Scrittura: Un testimonio falso non rimarrà impunito; chi dice le menzogne perirà. (Prov 19,9).

[23] II-II, 68, a.4, ad2. D’altra parte, S. Tommaso mette in chiaro che il Taglione è applicabile solo nel caso in cui chi accusi ingiustamente, abbia operato per malizia. Se invece agì involontariamente per ignoranza, gli si può concedere il perdono (circostanza che lo stesso Aristotele riconosceva come vera) [cfr. ad1].

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