L’integrità o non corruzione è l’autenticità di tutte le parti. Per provare l’origine divina del cristianesimo basta difendere storicamente l’integrità sostanziale dei vangeli, cioè, in quanto alla dottrina e fatti principali.
1. Storia del Testo
Per comprendere bene quello che implica questa questione è necessario avere in conto alcuni elementi che hanno la sua importanza al momento di studiare il problema della trasmissione del testo. Per un studio più completo consigliamo di vedere la parte di Critica Testuale che si dà in Introduzione alla Sacra Scrittura.
Diversi materiali servirono nell’antichità per la scrittura. In quello che c’interessa due sono i più importanti, nessuno dei quali resistono condizioni troppo avverse per la sua conservazione. Per questo motivo, non possediamo gli originali autografi di nessuna opera letteraria dell’antichità ma si conservano in copie molto posteriori. Questi due materiali sono:
– Papiro: arbusto abbondante nelle rive del Nilo. Antichissimo in Egitto, è lì dove meglio si conserva per la secchezza del clima, v.g. 7Q5. si usava in forma di rotolo.
– Pergamena: della città di Pergamo che generalizzò l’uso della pelle di determinati animali. Molto più durevole dell’anteriore ma più caro, per cui il suo uso era più ristretto. Solo dal s. IV c’arrivano manoscritti del NT in pergamena. Data a volte la carestia si usava lo stesso (raschiandolo previamente per “cancellare”, per due o più usi, in questo caso gli è dato il nome di “palinsesto”). Benché all’inizio si usasse in forma di rotolo, pronto si cominciò a piegarlo ed a costruire con varie foglie una specie di quaderno. I codici, per esempio, sono formati di vari quaderni uniti.
Rispetto al tipo di scrittura, ci sono due forme principali in greche:
– Onciale: la scrittura poteva rivestire varie forme: dall’ onciale (un tipo di scrittura maiuscola) alla minuscola. La scrittura onciale era molto simile alla scrittura capitale, utilizzata per i monumenti e le monete, però più arrotondata e meno lineare. In essa dunque tutte le lettere sono della stessa altezza (ca. un’oncia). La scrittura onciale si utilizzò fino al sec. IX, quando cominciò ad essere sostituita dalla scrittura minuscola (scritta in calligrafia con i caratteri legati e di diversa altezza). Alcune particolarità degli antichi codici onciali furono: la scriptio continua, cioè la mancanza d’intervallo fra una parola e l’altra; la mancanza di accenti e spiriti, la mancanza di segni d’interpunzione, l’uso delle abbreviazioni. Questo diede occasione a false varianti, e anche oggi crea problemi cl ‘interpretazione.
– Minuscola: evoluzione dell’unciale mischiata col corsivo; perde chiarezza; introduce abbreviazioni. Con questo si generalizza l’uso della separazione di parole e dei segni di punteggiatura.
Vediamo infine, il materiale che possediamo attualmente per la ricostruzione del vangelo, (ad ognuno delle differenti testimoni esistenti gli è dato il nome di codice, tra i quali ci sono di distinta importanza):
– In quanto al numero di manoscritti che si possediamo nella attualità, ci sono approssimativamente 98 papiri; 274 manoscritti Maiuscoli; 2795 manoscritti corsivi e 2207 lezionari che contengono varie parti dal NT. Di questi ci sono 4 manoscritti che contengono il bibbia intera, 59 il NT intero e 2000 che contengono i vangeli. Abbiamo pergamene che salgono al secolo IV ed alcuni papiri del secolo III (p1) p4, p5, p37, p45, p53, più raramente papiri del secolo II, tra i quali vale la pena menzionare il p52, Rylands; anno 130, ed il p66, Bodmer II; verso il 200.
– Molto presto si fecero traduzioni, chiamate “versioni”, alcune di esse molto preziose per la sua antichità. Nel mondo occidentale abbiamo alcune fatte nei secoli II ed III e la Volgata, s. IV. Nel mondo orientale le versioni siriane, Peshitta fine del s. IV, copte, la sahídica verso il 200, armenas (S. V).
– È anche necessario avere presenti le citazioni degli autori ecclesiastici che riferiscono nei suoi sermoni e scritti il testo biblico e servono per conoscere il testo biblico di un tempo e posto determinati.
2 . Rilevanza critica e dogmatica del testo greco del Nuovo Testamento
Gli studi realizzati con la finalità di portare a termine un’edizione critica del NT, hanno mostrato che questo testo è rimasto lungo і secoli essenzialmente incorrotto e inalterato105. E vero che la somma totale delle varianti di tutti і testimoni del testo arriva a circa 250.000, cifra superiore alle stesse parole del NT (ca. 150.000); però questo dato diventa molto inferiore se si considera che: (a) vengono contate le varianti di una stessa parola o frase; (b) a volte riguardano aspetti meramente formali (errori ortografici, inversione di parole, omissioni o aggiunte della congiunzione copulativa «e», la sostituzione del nome per il pronome, ecc.). In realtà, le varianti sostanzialmente significative, perché influiscono sul senso del testo, non sono più di 200; e di queste, soltanto una quindicina ha una certa importanza; Per esempio l’appellativo «Figlio di Dio» in Mc 1,1; l’ordine del testo di Lc 22,19-20 (l’ultima cena); il moto delle acque in Gv 5,3-4; la menzione di coloro che muoiono e risuscitano in 1 Cor 15,51; la genuinità di Mc 16,9-20; Lc 22,43ss; Gv 7,53-8,11.
In questo caso non soffre la dottrina in essi contenuta, perché lo stesso insegnamento lo troviamo espresso in altri brani in maniera più chiara ed esplicita. Per questa provvidenziale conservazione, il NT supera senza paragone i libri dell’antichità, i quali sono arrivati a noi di solito in pochi codici, e a volte in maniera frammentaria. In fatti non esistono manoscritti di classici greci prima del sec. IX, e pochissimi prima del XII. In genere è abbastanza strano il caso di opere dell’antichità che godano di più di una mezza decina di manoscritti precedenti all’ultimo periodo del Medioevo. Nessuna opera si può gloriare di avere un testo cosi vicino, all’origine come capita con il papiro P52 riguardante il quarto Vangelo.