La Marcia per vita cresce (nonostante il Potere)
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana (http://www.lanuovabq.it/it/la-marcia-per-vita-cresce-nonostante-il-potere)
La marcia per la vita è in crescita senza l’appoggio del potere. Questo è il primo dato che va registrato riguardo all’VIII edizione dell’iniziativa che ricade nel quarantennale della 194. L’iniziativa arriva anche dopo poche settimane dal tragico epilogo della vicenda di Alfie Evans e dalla rimozione dei manifesti Pro Vita e CitizenGo. Presenti tutte le sigle del mondo pro life italiano. Tra gli esponenti di partito Meloni e Pillon.
La marcia per la vita è in crescita. Questo è il primo dato che va registrato riguardo all’VIII edizione dell’iniziativa che ricade nel quarantennale della 194, la legge italiana sull’aborto. L’iniziativa arriva anche dopo poche settimane dal tragico epilogo della vicenda di Alfie Evans e dalla rimozione dei manifesti Pro Vita e CitizenGo.
Per tutti questi motivi il popolo pro life ha voluto far sentire di nuovo forte la sua voce con una manifestazione partecipata da migliaia di persone. Il corteo, che si è snodato da piazza della Repubblica a piazza Venezia, al suo passaggio ha coperto tutta via Cavour. Di questi tempi non è facile vedere migliaia di famiglie con bambini camminare tra le strade di Roma in un assolato sabato pomeriggio di fine maggio. Mamme, papà, figli e ragazzi giovanissimi che, senza il sostegno di partiti e sindacati, sono arrivati da tutta Italia per dire che la vita va custodita dal concepimento alla morte naturale.
Presenti tutte le sigle del mondo pro life italiano: CitizenGo, Pro Vita, Movimento per la Vita, Popolo della Vita, Voci del Verbo, l’Associazione ginecologi e ostetrici cattolici, Comitato Verità e Vita, l’Associazione difendere la vita con Maria (realtà a sostegno alle donne che hanno abortito). Nutrita anche la rappresentanza del clero. Vale la pena segnalare anche la presenza di organizzazioni straniere e della mamma di Vincent Lambert, il cittadino francese gravemente malato che sta lottando per non vedersi applicato l’eutanasia contro il suo volere.
La politica ha partecipato senza essere protagonista. Tra la folla la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni con alcuni sindaci del suo partito e il senatore della Lega Simone Pillon.
I cartelli esposti dai manifestanti riportavano gli slogan della campagna di CitizenGo censurata dal comune di Roma “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo” e i manifestini di Pro Vita con il feto di 11 settimane. Alcuni brevi momenti di tensione si sono vissuti alla fine della manifestazione poiché un’ordinanza, applicata alla lettera dalle forze dell’ordine, vietava ai manifestanti di uscire dalla piazza con i cartelli riportanti i suddetti slogan.
Per l’eterogenesi dei fini, chi voleva tappare la bocca a questo popolo ha ottenuto una delle Marce per la vita più partecipate degli ultimi anni. La verità si può strappare dai cartelloni pubblicitari ma non dalle coscienze delle persone che ieri a Roma hanno mostrato di stare dalla parte della vita.
Video della marcia per la vita a Roma:
(dal blog http://www.ncregister.com)
In Irlanda il prossimo 25 Maggio
Anche in Irlanda si gioca questo prossimo venerdì 25 maggio la vita umana, con un referendum con il che si pretende legiferare la possibilità di ampliare la legge dell’aborto di modo praticamente assoluto e senza nessuna restrizione. A questo riguardo, presentiamo pure questo articolo con dichiarazioni di Monsignor Chaput, arcivescovo di Filadelfia in USA:
Referendum Irlanda, una preghiera dagli Usa (http://lanuovabq.it/it/referendum-irlanda-una-preghiera-dagli-usa)
L’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput ha rivolto nei giorni scorsi una vibrante esortazione a pregare perché l’imminente voto referendario non introduca l’aborto in Irlanda tramite l’abrogazione dell’ottavo emendamento all’art. 40 della Costituzione.
L’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput ha rivolto nei giorni scorsi una vibrante esortazione a pregare perché l’imminente voto referendario non introduca l’aborto in Irlanda tramite l’abrogazione dell’ottavo emendamento all’art. 40 della Costituzione: “Questa settimana e per i prossimi giorni chiedo al nostro clero e ai laici di tutta l’arcidiocesi di Philadelphia – molti di loro discendenti degli immigrati irlandesi della nostra città – di pregare per l’Irlanda e in particolar modo per la difesa dell’emendamento n. 8”. Il presule qualifica l’emendamento come “straordinario ripudio della politica sociale “progressista” quale è definita dai leader dell’Unione Europea”.
Mons. Chaput ricorda che l’ottavo emendamento, fin dalla sua entrata in vigore nel 1983, “è stato preso di mira, in Irlanda e all’estero, dagli attivisti per i diritti all’aborto, perché riconosce esplicitamente l’umanità del bambino non nato. In altre parole, per rendere legittimo l’aborto, la legge deve prima rendere non umano il bambino che si sviluppa nel grembo materno”. Prosegue il presule: “L’unico modo per vendere al pubblico irlandese questo tipo di omicidio legalizzato è stato quello di impadronirsi del controllo sul linguaggio del dibattito e di deformarlo. Così le organizzazioni pro life hanno affrontato una dura battaglia per anni in difesa dell’ottavo emendamento in un clima mediatico fuorviante e pesantemente distorto.”
L’arcivescovo riporta la lettera ricevuta da una coppia sposata, con figli, che spiega bene perché questa vicenda irlandese non può trovare indifferente il popolo USA. Vi si legge: “Quaranta milioni di americani rivendicano antenati irlandesi. L’Irlanda diffuse la fede largamente in America con gli immigrati cattolici. Per generazioni, sacerdoti e suore missionari irlandesi coltivarono la fede cattolica negli Stati Uniti. Come stiamo ripagando l’Irlanda? Oggi, l’America sta appoggiando l’abrogazione dell’ottavo emendamento irlandese tramite il sostegno da parte di gruppi abortisti degli Stati Uniti e di ricchi finanziatori. Vedi https://repeal.blog/.”
E ancora: “L’Irlanda è l’unico grande paese europeo che ancora vieta l’aborto. Il vescovo Kevin Doran, della Diocesi di Elphin, ha dichiarato: «Sono convinto che se concedessimo un qualsiasi appiglio all’aborto, gli stessi identici argomenti che vengono ora usati per giustificare l’aborto saranno usati per giustificare la soppressione della vita degli anziani e delle persone con disabilità. Questa è l’ultima frontiera. Se la attraversiamo, non sarà facile tornare indietro».”
Mons. Chaput conclude rimarcando che “l’Irlanda ha sempre avuto la saggezza di rifiutare il tipo di “progresso” sociale che deriva dallo spargimento di sangue innocente e dalla soppressione di una nuova vita. Ora la coscienza di quella nazione è in bilico. Oggi, gli sforzi pro-life in Irlanda hanno urgente bisogno del nostro sostegno”.
Combattere l’aborto è possibile secondo Trump
Combattere l’aborto si può Trump indica la strada Trump passa dalle parole ai fatti e inizia a smantellare il sistema legislativo che da 40 anni finanzia occultamente il più grande abortificio degli Stati Uniti, il Planned Parenthood. Con l’esclusione del PP dal Title X Family Planning Program verranno meno dai 50 ai 60 milioni di dollari. Buona parte dei finanziamenti arriveranno ancora dal programma federale Medicaid, ma il sasso è lanciato e non si tratta solo di un gesto simbolico: togliere denaro pubblico all’aborto significa togliergli l’ossigeno. Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/combattere-laborto-si-puo-trump-indica-la-strada
Venerdì 18 maggio il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump è passato dalle parole ai fatti. Il leader del Paese più potente del mondo aveva promesso di privare dei finanziamenti federali la Planned Parenthood (PP), il maggiore abortificio del globo con la testa negli USA e i tentacoli un po’ ovunque. Adesso ha deciso di farlo con un gesto forte sul piano sia pratico sia simbolico.
Sul piano pratico il suo è un gesto forte perché toglie fisicamente denaro all’aborto; sul piano simbolico lo è perché così Trump dice al mondo che il governo degli Stati Unit non ha e non vuole avere nulla a che fare con l’omicidio legalizzato di cittadini innocenti. Il simbolo è un segno concreto – un gesto, in questo caso – che rimanda a una realtà più grande che l’uomo non possiede totalmente e che totalmente non può possedere senza ridurla. Il valore simbolico del gesto di Trump è dire a tutti che la politica amministra qualcosa di più grande, la vita, che gli uomini non possiedono, nemmeno ognuno la propria, e che dunque risponde a criteri altri e alti di cui è solo custode e pastore.
Concretamente, la Casa Bianca impedirà agli abortifici di attingere al “Title X Family Planning Program”, cioè la Public Law 91-572 varata nel 1970 durante la presidenza di Richard M. Nixon (1913-1994), l’unico stanziamento federale per il sostegno economico di persone e famiglie a basso reddito nell’ambito della pianificazione famigliare. Gestito dall’Ufficio per la pianificazione famigliare dell’Ufficio per la demografia del sottosegretariato alla Salute, attualmente assiste 4 milioni di cittadini e 4mila centri.
Il “Title X” non finanzia l’aborto e negli anni 1980 il presidente Ronald Reagan (1911-2004) ne ha ulteriormente rafforzato le prescrizioni, sorretto dalla sentenza che la Corte Suprema federale ha emesso nel 1991 concludendo il caso Rust v. Sullivan. Ma con il tempo le linee guida si sono confuse, sovrapposte, mescolate e la Planet Parenthood ci ha lucrato. Adesso basta.[1]
La decisione della Casa Bianca nasce da Kellyanne Conway, Consigliere del presidente, cattolica, conservatrice, che ha proposto di separare fisicamente le strutture coperte dal “Title X” da quelle abortive. Il che dimostra che la forza di un leader non è sapere tutto e non sbagliare mai, bensì scegliere il personale giusto e poi ascoltarlo. La Conway ha convinto Trump mostrandogli una indagine condotta dal Charlotte Lozier Institute da cui si evince la falsità della pretesa della PP di essere parte ineliminabile e sostanziale dell’assistenza medica ai cittadini. Qualche volta Trump ci era infatti cascato, distinguendo l’aborto praticato dalla PP da presunti altri servizi sanitari per le donne. Menomale che c’è la Conway. Addirittura The New York Times afferma che il core business della PP è nient’altro l’aborto e non a caso Cecil Richards, la CEO della PP appena andata in pensione, definisce Trump il presidente più antiabortista di sempre. A monte del consiglio sussurrato dalla Conway all’orecchio di Trump vi è l’iniziativa di più di 200 legislatori Repubblicani fra Camera federale e Senato federale, oltre a più di 80 leader dell’associazionismo pro-life, che nelle scorse settimane hanno chiesto una riforma immediata delle procedure attuative del “Title X”.
Certo, il 70-75% del denaro federale percepito dalla PP arriva sotto la forma dei rimborsi previsti dal programma federale Medicaid, istituito nel 1965 per l’assistenza sanitaria a persone e famiglie a basso reddito, ma il colpo inferto oggi dalla Casa Bianca è grande. La dirigenza di National Review, il maggiore periodico conservatore americano, dice opportunamente che è solo il primo passo di una lunga battaglia da cui i legislatori Repubblicani non debbono sottrarsi, ma plaude con convinzione. Da fare c’è davvero ancora moltissimo. In nome dell’aborto libero, la PP ignora le vittime degli abusi sessuali. Pratica 320mila aborti l’anno, cioè 876 al giorno, più di 36 ogni ora, più di uno ogni due minuti. Per iniziativa sua e dall’American Civili Liberties Union (ACLU) – la punta di diamante della Sinistra più ideologizzata -, 19 Stati hanno fatto causa al ministero della Salute per avere voluto, in febbraio, privilegiare l’educazione all’astinenza sessuale rispetto alla distribuzione di contraccettivi nell’atto di distribuire finanziamenti alla pianificazione famigliare del valore di 260 milioni di dollari. Ha pure denunciato, sempre assieme all’ACLU, lo Stato dell’Iowa per avere varato la maggiore restrizione all’aborto di tutti gli Stati Uniti. E sta dando manforte al miliardario George Soros nel sostenere i Democratici filoabortisti per le elezioni “di medio termine” del 6 novembre annunciando una spesa di 20 milioni di dollari, cioè il budget più alto mai racimolato per consultazioni di questo tipo.
Oggi Trump parla all’11° gala nazionale della Susan B. Anthony List, l’organizzazione nata per eleggere quanto più personale antiabortista possibile nelle istituzioni americane, il cui presidente, Marjorie Jones Dannenfelser, cattolica (per conversione), è nel comitato d’indirizzo delle politiche della Casa Bianca. Sì, la partita per le elezioni di autunno è appena cominciata, ma si è in vantaggio di un goal.
[1] Lo U.S. Government Accountability Office documenta del resto che nel 2015 il “Title X” ha generato alla PP 57,3 milioni di dollari per un totale di 171 milioni tra 2013 e 2015. Alla PP mancheranno dunque tra i 50 e i 60 milioni di dollari l’anno.
Anche in Argentina
Domenica 20 maggio ha avuto luogo in Argentina la seconda edizione della Marcia per la vita di questo anno (la prima era stata il 25 marzo). Si è svolta in 117 città del paese con un’assistenza totale di più di tre milioni di persone, secondo gli organizzatori. A solo Buenos Aires era stato calcolato 350,000 persone l’assistenza, sempre secondo gli organizzatori. La manifestazione va indirizzata al dibattito che tutt’ora è in corso nelle Camere legislative, con possibile votazione nella Camera di Deputati il prossimo 13 giugno. In Argentina non esiste ancora legge sull’aborto che solo viene fatto in certi casi autorizzati dalla Corte Suprema e tramite un protocollo che non è in vigore in tutte le province argentine.
Video sulla marcia a Buenos Aires: