LA RIFORMA PROTESTANTE e MARTIN LUTERO: Rinnovamento o rivoluzione?

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Martin Lutero

  1. Introduzione

– Perché studiare oggi Lutero? Potremo dire, in primo luogo, che con occasione di compiersi i cinquecento (500) anni della chiamata Riforma protestante, questo controverso personaggio storico è stato nuovamente messo in rilievo.

Possiamo inoltre aggiungere che in questi ultimi tempi, certi alti rappresentanti della gerarchia cattolica, con un’intenzione in principio ecumenica e di avvicinamento verso il luteranismo, si sono espressi su questo cosiddetto personaggio storico in un modo da attirare molto l’attenzione:

– Il cardinale Rienhard Marx, presidente della conferenza episcopale tedesca affermava: «Dopo cinquant’anni di dialogo ecumenico, anche per un cristiano cattolico è possibile leggere con rispetto i testi di Lutero e trarre vantaggio dalle sue idee».[1]

– Secondo il cardinale svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: Le 95 tesi di Lutero non vanno viste come la “divisione dell’unità nella Chiesa”, perché lui non voleva la rottura con Roma ma “un rinnovamento dell’intera cristianità nello spirito del Vangelo”. Secondo il porporato svizzero, lo scisma ebbe luogo essenzialmente come “risultato di decisioni politiche”.[2]

– Nel libro del cardinale Walter Kasper, Martin Lutero: Una prospettiva ecumenica troviamo elle affermazioni simili: «L’intenzione di Lutero, dunque, non fu quella di fondare una nuova chiesa ma di “rinnovare l’intero cristianesimo”».[3]

– «Per i cattolici, Lutero è stato per molto tempo l’eretico per antonomasia, il colpevole della divisione della Chiesa occidentale con tutte le sue terribili conseguenze sino al giorno d’oggi. Quei tempi oramai sono passati. La ricerca teologica su Lutero, nel XX secolo, ha segnato un capovolgimento nella comprensione del riformatore portando al riconoscimento delle aspirazioni genuinamente religiose di Lutero e a un giudizio più equo sulla spartizione delle colpe per la divisione della Chiesa…».[4]

– E anche: «Lutero fu un campanello d’allarme e un ‘assist’ dello Spirito Santo alla Chiesa (…) Ciò che premeva a Lutero era il solus Christi (…) Secondo alcuni, Lutero si è ormai convertito in un Padre della Chiesa comune alle due confessioni, quella cattolica e quella evangelica (…) Roma ha parte della colpa – una gran parte – del fatto che la riforma della Chiesa si convertisse in una Riforma che divise la Chiesa».[5]

Davanti a questo tenore di affermazioni crediamo sia importante lo studio del argomento:

  1. Contesto storico

            Numerosi studiosi e ricercatori mantengono, nonostante, posizioni ben diverse da quelle presentate. La dottoressa Angela Pelliciari, ad esempio, ricercatrice sulla storia della Chiesa, scrive: «Dal 1517 in poi la persecuzione contro la chiesa fa un salto di qualità perché, dopo Lutero e dietro di lui, molte nazioni diventate protestanti vedono il proprio odio contro Roma (ma anche contro gli ebrei) giustificato dalla predicazione di un ex monaco agostiniano diventato “Mosè tedesco”, ovvero capo spirituale indiscusso della Germania. Lutero e i luterani si battono in nome della libertà e dell’uguaglianza, concetti che conosciamo bene, ma questi begli ideali servono ora a giustificare un assolutismo sconosciuto in ambito cristiano. Dove arriva Lutero la libertas ecclesiae è un ricordo del passato perché le varie chiese nazionali sono completamente soggette al potere temporale».[6]

Secondo la Pelliciari, per capire l’auge del movimento luterano e la sua accettazione e diffusione diventa necessario capire anche il contesto storico nel quale questo si svolse, e gli eventi storici che lo prepararono, in qualche modo:

2.1. Tappe o condizionamenti remoti

a) Cattività di Avignone: Secondo la Pelliciari, dal conflitto fra papato e impero nella lotta per le investiture vince, momentaneamente, un re, il re di Francia. Questo si intravvede già con l’accesa di Filippo IV il Bello a partire del 1285, in lotta contro il Papa Bonifacio VIII. Dal 1309 al 1377 avrà luogo il duro esilio dei papi in Avignone, esilio che metterà, in sostanza, il papa sotto scacco e subendo la pressante influenza del re di Francia.[7]

Inoltre, la Chiesa si organizzava (fino a Napoleone) con il sistema dei benefici. «Ad ogni “officio”, ad ogni carica ecclesiastica, corrispondeva un rendita che consentiva al titolare dell’officio di svolgere il compito affidatogli. Durante il papato di Avignone si decide che la persona incaricata di un officio debba anticipare la rendita di un anno del beneficio annesso, versandolo alla Santa Sede (…) Stando così le cose è evidente che diventa vescovo, cardinale, parroco, viceparroco e via dicendo, solo chi disponeva dei risorsi finanziare. Non basta. Dal momento che i ricchi sono pochi, si concentra nelle loro mani un grande numero di offici ed a coloro che possono anticipare le rendite di un anno viene affidato un numero esorbitante di incarichi. Succede così che alcuni vescovi e parroci diventavano titolari di decine – a volte centinaia – di diocesi e parrocchie (…) Affidavano ai vicari la cura dei fedeli, e questi, titolari di numerosi vicariati, nominavano sostituti».[8] Ovviamente, i danni prodotti dalla cattività avignonese sono incalcolabili.

b) Lo scisma di Occidente: A questa cattività succedé, dopo il ritorno dei pontifici a Roma, il chiamato scisma de Occidente, che vedrà due papi esercitando la loro autorità (i francesi non si rassegnavano a perdere il papato). Un fattore di ordine intellettuale che anche contribuì fu, a partire del secolo XIV, il rifiuto del pensiero metafisico che porta con sé l’oblio dell’interesse per la sostanza, la qualità e per le essenza delle cose, con il nominalismo di Guglielmo di Ockham. Cita l’autrice il Papa Benedetto XVI, chi affermava che il patrimonio della filosofia greca, che criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana, viene messo in discussione nella teologia moderna con tre ondate che cominciano con la Riforma del XVI secolo. La Fede non appare più come vivente parola storica, ma come elemento inserito nella struttura di un pensiero filosofico.[9]

2.2. Tappe o condizionamenti prossimi

a) La società tedesca: Inoltre a quei motivi storici remoti, che in certo modo, contribuirono a creare il clima propizio perché la Riforma prendesse il sopravvento, ci sono pure delle motivazioni storiche più prossime nel tempo, e in stretto rapporto con la situazione della Germania degli inizi del sec. XVI. Infatti, «alla fine del XV secolo mentre i regni europei, vanno rafforzando il potere del re con marcata tendenza all’assolutismo, in Germania le cose vanno alla maniera antica, secondo l’uso feudale: il potere è ripartito in una moltitudine di soggetti laici ed ecclesiastici».[10] Allo stesso tempo, la vita culturale tedesca è vivace: vengono fondate molte università, il paese possiede delle famiglie di commercianti e banchieri più potenti al mondo, inoltre da Costantinopoli caduta erano arrivati una schiera di studiosi, filosofi, teologi, rabbini, che rendevano familiare lo studio delle lingue: latino, greco, ebraico. Già solo dalla ricca, esoterica Firenze, viene contagiato un umanesimo che si rivolgeva minuziosamente alle fonti – compressa la Scrittura – ma molto critico della scolastica ed delle diverse forme di religiosità popolare. In Germania questo umanesimo si colora di nazionalismo. Così, la letteratura di lingua tedesca nasce antiromana e il Dante locale si chiama Lutero che nel 1534 compone la traduzione della Bibbia.[11]

L’originalità di questa traduzione consisté nel scrivere nella “lingua comune”, quella che in Germania capiscono tutti. Questa traduzione è spesso libera al punto che, per esplicitare o enfatizzare meglio alcuni passaggi ritenuti fondamentali, non esita a modificare il testo introducendo parole non presenti nell’originale. Così, in Rom 3,28: Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente delle opere della legge, è tradotto con l’aggiunta dell’aggettivo “sola (fede)” che non è irrilevante ai fini della comprensione del testo.[12]

b) La predicazione delle indulgenze: Si è parlato molto dello scandalo provocato per le prediche delle indulgenze, soprattutto in Germania, vale a dire la remissione della pena temporale per i peccati, una volta rimessa la loro colpa, indulgenza che la Chiesa ha il potere di amministrare.[13] E’ vero che quello è stato un vero scandalo del quale è un miracolo che la Chiesa ne sia riuscita a sopravvivere; tuttavia e diversamente da quello che si crede abitualmente, la riforma luterana non nacque da quel scandalo.

E’ inoltre vero che la Chiesa in Germania aveva una struttura rigidamente feudale; tutti i vescovi come i grandi abati appartenevano alla nobiltà. Questo fiscalismo e commenda si accompagnano di immoralità, assenteismo e carenza di spirito missionario. Il commercio di reliquie è fiorente: si ritiene che basti una visita per lucrare indulgenze per milioni di anni. A questo si aggiungerà che in Germania, l’indulgenza plenaria promossa dal papa Giulio II della Rovere e Leone X Medici per la costruzione della basilica di San Pietro viene fatta riscuotere dal libertino Alberto di Brandeburgo chi, giù vescovo di Magdeburgo, si indebita con i Fugger per acquistare il vescovato di Magonzia che gli permette di diventare principe elettore. Il giovani arcivescovo si ripromette di pagare i propri debiti con la predicazione delle indulgenza. Nell’Instructio sommaria che redige per l’occasione, si arriva a prospettare l’acquisto dell’indulgenza plenaria per i morti senza bisogno di pentimento e senza confessione, essendo sufficiente il versamento del denaro.[14]

  1. Martin Lutero

            Martin Luther nasce a Eisleben in Sassonia il 10 novembre 1483 nel giorno di San Martino. Nel 1501 comincia a frequentare l’università di Erfurt per volontà di suo padre. Nel 1505 viene promosso a “Magister artium” ed inizia lo studio di diritto e giurisprudenza. Nel
1505 diventa monaco agostiniano a Erfurt a causa di un voto fatto a Sant’Anna per averlo salvato della caduta di un fulmine durante una grande tempesta. Questo è quello sostenuto dalla storiografia luterana.

Fonti autorevoli affermano che la sua entrata nel monastero agostiniano sia stata un modo per sfuggire alla giustizia. Infatti, come ogni studente di legge, aveva il diritto di portare una spada, ma non quello di usarla. Tuttavia erano comuni i duelli e in uno di questi avrebbe ucciso un altro studente. Egli stesso afferma in una predica del 1529: “Io sono stato un grande mascalzone e omicida” e in uno dei discorsi conviviali: “Per un singolare consiglio di Dio sono divenuto monaco affinché non mi arrestassero. Altrimenti, sarei stato facilmente arrestato!”.[15] Ulteriore prova è il fatto che la sua prima opera è un trattato sul diritto d’asilo.

Sviluppò senza dubbio una rapida carriera sia in campo accademico che ecclesiastico. Nel 1507 diventa teologo e sacerdote. Nel 1510 peregrina a Roma, e secondo la storia ufficiale, rimane scandalizzato dai costumi della curia. Altri fonti asseriscono però che rimase fortemente impressionato dal fervore culturale e artistico che animava in quelli anni la capitale della cristianità. “Di fatto – scrive la Pelliciari – si comporta come un pellegrino pio: lucra indulgenze connesse alle visite delle basiliche e sale in ginocchio la Scala Santa”.[16] Ottenne il diploma in Teologia a Wittenberg nel 1512.

Tuttavia, il suo spirito inizierà a inquietarsi di più, in relazione alla sua condizione di peccatore e al suo vincolo con la giustizia divina. Sarà nella dottrina della “giustificazione per la fede” dove troverà il fondamento della sua propria teologia. Scrive: «Nonostante l’irreprensibilità della mia vita di monaco, mi sentivo peccatore davanti a Dio; la mia coscienza era estrematamene inquieta, e non avevo alcuna certezza che Dio fosse placato dalle mie opere soddisfattorie. Perché non amavo quel Dio giusto e vendicatore, anzi, lo odiavo, e se non lo bestemmiavo in segreto, certo mi indignavo e mormoravo violentemente contro di lui». Questo atteggiamento lo porta alla scoperta della nuova esegesi che, secondo lui, bisognava fornire sul passaggio di Rom 1,17: E’ (nel vangelo) che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede. Con l’espressione “giustizia di Dio” bisogna intendere quella che Dio dona, e per mezzo della quale il giusto vive, se ha fede. E’ questa consapevolezza della giustizia di Dio come misericordia quella che spalanca “la porta del paradiso”.[17]

Questa esperienza è stata chiamata da Lutero come “esperienza della torre”. Ad ogni modo, bisogna notare che quella misericordia che “apre la porta del cielo” non costituisce per lui una giustificazione interiore.

  1. Opere di Lutero

Il mezzo scritto costituirà per Lutero una vera passione e una ‘missione apostolica’ come considerata da lui stesso. Si approfitterà molto della stampa, la quale riteneva vero ‘dono di Dio’ e strumento privilegiato per la predicazione.

a) Primi scritti professorali: Lezioni sulla Genesi (1512-13) mai conosciute.

Lezioni sul salterio (1513-15) in una tonalità di disprezzo verso la scolastica, i frati, qualcosa sul Dio nascosto. Non può essere, tuttavia, considerato ancora come uno scritto rivoluzionario.

Commento alla lettera ai Romani (1515-16), praticamente non conosciuto fino al s. XX (WA 56-57). In questo scritto lascia ormai trasparire la sua posteriore dottrina della giustificazione, dovuta sia alla carica di esperienza personale, al influsso di Ockham, alla mistica tedesca e in parte a quella agostiniana. Formula la sua concezione del peccato come inevitabile e l’incapacità dell’uomo e del suo sforzo sempre inutile, essendo ricompensato soltanto per una ‘giustizia esterna’ grazie al felice incontro con Cristo.

Lezioni sulla lettera ai Galati (1516-17), e agli Ebrei (1517-18).[18]

b) Primi scritti e fatti polemici:

Disputatio contra scholasticam theologiam (WA I, 224-28); sono 97 tesi (settembre 1517 – due mesi prima di quelle 95), composte in occasione del baccalaureato di Franz Gunther. Anche se oscurati dalle successive e famose 95 tesi, queste sono un po’ più sistematiche e ordinate. Lutero avrebbe voluto che fossero più diffuse. Tuttavia, anche nel caso di questi 97, il monaco agostiniano da prove di non conoscere il sistema che attacca, mostra una ribellione contro i sistemi e i contenuti ereditati: anti-umanismo manicheo e qualcosa di agostinismo, incapacità dell’uomo incatenato dalla sua libertà, grazia informante come unico agente, amore predestinante di Dio, ecc.[19]

Alcune delle ‘perle’ che possiamo cogliere da questi tesi sono: «l’uomo, diventato simile ad un albero marcio, non può volere né fare altro che male» (# 3); «E’ falso dire che la volontà è libera di decidersi per il bene e per il male. La volontà non è libera, è schiava» (# 5); «Non diventiamo giusti facendo quello che è giusto, ma è quando siamo stati resi giusti, che compiamo la giustizia» (# 40); «tutto Aristotele nei riguardi della teologia è come le tenebre nei confronti della luce» (# 50).[20]

– Controversie sul valore delle indulgenze (le 95 tesi): Tradizionalmente è stato sostenuto come indiscusso che le 95 tesi di Lutero furono inchiodati nelle porte della chiesa del castello di Wittenberg, come in un chiaro gesto di sfida, il 31/10/1517.[21] La convinzione che questo gesto non sia mai avvenuto cresce sempre di più, ed alcuni studiosi affermano di essere raggiunti a delle conclusioni decisive, non accettate dai protestanti. Honselmann e gli studi successivi hanno dimostrato che la prima diffusione di quelle testi non è stata dovuta al dibattito, ma allo zelo degli amici entusiasti e del clima favorevole in certi ambienti.[22]

L’occasione fu senz’altro la predicazione delle indulgenze promossa da Alberto di Brandeburgo, scelto ora come vescovo di Mainz (Magonza), una delle sedie più volute ma che domandavano una forte erogazione di denaro per pagare in anticipo i benefici alla santa Sede. Il predicatore a Brandeburgo, John Tetzel, probabilmente incorse in esagerazioni tenendo in conto che a Wittenberg accorreva tanta gente ad acquistare indulgenze per la quantità di reliquie che vi si trovavano. Nelle 95 tesi non si mostra Lutero più violento che in altri scritti suoi, eppure questo è un misto di intuizioni teologiche, imprecisioni dogmatiche, lamentele fondate e false voci raccolte inorganicamente. Lascia molti fianchi vulnerabili e si afferma che lui stesso si sia lamentato di averle prodotte. Le ultime sono particolarmente molto virulente: (# 86: “Ancora: perché il papa le cui ricchezze oggi sono più opulente di quelle degli opulentissimi Crassi, non costruisce una sola basilica di San Pietro con i propri soldi invece che con quelli dei poveri fedeli?”), ma pur si contradice (# 91: “Se dunque le indulgenze fossero predicate secondo lo spirito e l’intenzione del papa, tutte quelle difficoltà sarebbero facilmente dissipate, anzi non esisterebbero”).[23]

Trattato sull’indulgenza e la grazia (1518): E’ un tentativo di Lutero di dare più ordine alle sue tesi precedenti, che non erano mai state del suo piacimento. Questo è riuscito solo parzialmente. Non nega qui il valore totale delle indulgenze, ma li mette ancora in dubbio.

Controversia di Heidelberg (1518), in occasione del capitolo generale dell’ordine agostiniano.

Intervista di Augsburg (1518) davanti all’imperatore (Maximilian) e al legato papale; disputa di Lipsia, tra Eck (religioso domenicano che aveva già eliminato l’umanista Carlostadio [Karlstadt]). Eck almeno riuscì a convincere Lutero di produrre una dichiarazione formale che il papato non era altro che una semplice istituzione umana e che il primato fu forgiato centinaia di anni dopo.

– Bula Exurge Domine (giugno 1520): Cercava dei punti eretici nelle formule di Lutero, la sua retrazione e spinse alla bruciatura degli scritti.

Ante esecrabilem antichristi bullam (WA 6, 597-629); Warum des Papstes und seiner Jünger Bücher vom D. M. Luther verbrannt sind (WA 7,161-182), tutti scritti dal 1520. Mostrerà un atteggiamento permanente ostile verso il Romano Pontefice.

– Bula Decet romanum Pontificem di Leone X (gennaio 1521): scomunica formale di Lutero. Quest’ultimo la farà bruciare pubblicamente.

Dieta di Worms (1521), dove Lutero si difende davanti all’imperatore. Il suo protettore, il principe Federico III, il Saggio, della Sassonia, per salvarlo dal braccio secolare lo rapisce e lo porta nel castello di Wartburg. Tra molte difficoltà spirituali, egli comincerà a tradurre il Nuovo Testamento in tedesco.

Tra Wartburg e Wittenberg (1521-24) scriverà:

Commenti ai Salmi (67-68; 36-37), contro la confessione privata.

Libro di preghiera: sui comandamenti, credo, Padre nostro e anche l’Ave Maria.

Contro Latomus (teologo di Lovaina). – Contro l’idolo di Halle (Alberto di Mainz).

Circa i voti monastici (De votis monasticis M. Lutheri iudicium), indirizzata ai monaci agostiniani, non contro il voto in sé, ma contro i perpetue considerati da lui per lo più come invalidi perché eliminano la libertà (contro il celibato, segno di che non cercava davvero la riforma della vita religiosa).

Sull’abrogazione della Messa privata (De abroganda missa privata M. Lutheri sententia; vom Missbrauch der Messe), non tanto contro l’esistenza come contro il carattere sacrificale della Messa.

Circa il sacramento sotto le due specie (Von beider Gestalt des Sakraments zu nehmen).

Commento al Magnificat, scritto pieno di chiarezza, calore e devozione mariana.

Contra Henricum regem Angliae, chi aveva scritto la Difesa dei Sette Sacramenti, opera in realtà preparata dal suo cancelliere Thomas More (Tommaso Moro).

– libretti liturgici, per organizzare i sacramenti: Taufbüchlein verdeutscht; formula missae et communionis pro ecclesia (1523); Vom Ordnung Gottesdienstes in Gemeinde (1523).

Sul commercio e l’usura (1524).

Sermone sull’istruzione obbligatoria dei bambini.[24]

– Nel 1524, il famoso umanista Erasmo de Rotterdam, infastidito dalla negazione esplicita della libertà umana da parte di Lutero in risposta alla bolla papale, scrisse De libero arbitrio, confutando con buon livello il sistema luterano. Per un convinto umanista, negare la libertà umana sembrava una vera eresia. La risposta di Lutero è stata veloce ed scrisse De servo arbitrio nel 1525,[25] l’ultima delle sue opere più importanti, dove mostra di non essere all’altezza di misurarsi con il suo avversario. Sarà solo in grado di interagire con degli argomenti insieme a degli insulti verso il suo interlocutore.

  1. Gli scritti maggiori di 1520

            Questo è l’anno dei suoi più centrali e decisivi scritti nei quali lascia consegnata la sua dottrina.

Ai principi cristiani della nazione tedesca: [26]            Scritto di grande virulenza nel quale convoca la nazione tedesca alla ribellione contro l’autorità papale. Ma l’indirizza soprattutto ai principi, giacché a quel punto, Lutero capiva perfettamente che la rivoluzione non avrebbe nessun successo se continuava a mostrare soltanto un profilo popolare.

Inoltre a proclamare l’unico sacerdozio universale dei fedeli e negare ogni autorità alla gerarchia ecclesiastica (che sarebbero solo dei ‘ministri’ in quanto delegati dai fedeli), Lutero si alza soprattutto contro il papato utilizzando l’immagine delle muraglie costruite. La tesi è: «I “romanisti” – i cattolici – “hanno eretto intorno a sé con grande abilità tre muraglie, con le quali essi si sono fino ad ora difesi di modo che nessuno ha potuto riformarli, e in tal modo l’intera cristianità è orribilmente decaduta”.

L’immagine delle muraglie è un pretesto e una provocazione, perché invitano ad assalirle. Queste muraglie sono: La prima: i pontefici “hanno stabilito e proclamato che l’autorità secolare non aveva alcun diritto sopra di loro ma al contrario che la spirituale era superiore al temporale”;

La seconda: il papa ha evocato a sé “l’interpretazione della Scrittura”;

La terza: “hanno inventato che nessuno può convocare un concilio se non il papa”;

Lutero rimprovera ai papi di aver svolto il proprio ruolo con coscienza: di aver difeso la libertà della chiesa dal potere temporale. E guadagna, in questo scritto, le seguenti posizioni di principio:

– a Roma c’è l’anticristo;

– Roma è nemica della Germania;

– il ceto dirigente tedesco deve prendere coscienza di questa situazione e regolarsi di conseguenza (l’esortazione va rivolta ai principi)».[27]

La cattività babilonica della Chiesa (De captivitate Babylonica ecclesiae):[28] Inizia in questo modo: «Io nego i sette sacramenti; per il momento se ne devono conservare solo tre: il battesimo, la penitenza, il pane. Tutti loro si sono ridotti, per opera e grazia della curia romana, ad una misera cattività, e la chiesa è stata totalmente spogliata della sua libertà. Valutando le mie parole al uso della Scrittura, dovrei in realtà dire che non ammetto più di un sacramento e tre segni sacramentali».[29]

Afferma una triplice prigionia rispetto al sacramento dell’Eucaristia:

– La prima, perché secondo Lutero, “la tirannia romana ci ha derubato qualcosa che colpisce la sostanza o l’integrità (del sacramento del pane)”. Ciò è detto dalla comunione sotto una sola specie. Asserisce che proibirlo sotto le due è una vera tirannia e che non dovrebbe essere privativo dei sacerdoti.

– La seconda prigionia la vede nel fatto che la Chiesa afferma che “dopo la consacrazione, rimangono solo le specie del pane e del vino e non la sua sostanza” (nel dire che questa è stata trasformata nel corpo e nel sangue di Cristo). Lutero afferma che il vero pane e il vero vino sussistono, e non solo le loro specie, senza alterare il corpo e il sangue che si rendono anche presenti (consustanziazione). Egli accusa, in particolare, a quella che definisce la “chiesa tomista” (la quale considera sinonimo di “aristotelica”). Rifiuta che si possa parlare di specie e di accidenti. Accusa direttamente Tommaso d’Aquino di possedere una dottrina priva di Scrittura. Dice ancora di più: “Il pane è il corpo di Cristo” (impanazione).

– La terza prigionia la chiama il più malvagio degli abusi: Considerare la Messa come una “buona opera” e come “sacrificio”. Ecco perché affermerà: “è ingiusto applicare la Messa per i peccati, come soddisfazione, per i morti o per qualsiasi necessità propria o altrui”.[30]

– Sul Battesimo afferma che salva solo quando ci spinge a rilanciare e incoraggiare atti di fede.

– Sulla Penitenza, afferma che le parole di Mt 18,18 (“Quello che legherete sarà legato …”) si applicano ugualmente a tutti i cristiani.

La libertà del cristiano: Forse si tratta dello scritto meno appassionato del autore ma non meno esplicito in quanto a esporre la dottrina luterana della giustificazione.[31] Alcuni delle frasi: «I comandamenti ci insegnano e ci prescrivono ogni sorta di buone opere, ma non per questo esse si realizzano. Essi forniscono precise indicazioni, ma non forniscono nessun aiuto, insegnano ciò che si deve fare, ma non donano nessuna forza per realizzarlo (…) Hanno per scopo (solo) di guidare l’uomo a riconoscere la propria incapacità a fare il bene e di insegnargli a disperare di se stesso (…) Tutti i comandamenti sono per noi impossibili da osservarsi» (n.8). «Ciò che è impossibile con tutte le opere della legge, che sono numerose e tuttavia a nulla ti giovano, l’otterrai facilmente e subito con la fede» (n.9) «Nessuna opera buona dipende dalla parola di Dio come la fede, né può agire all’interno dell’anima, bensì soltanto la fede e la parola regnano nell’anima (…) Vediamo dunque che per un cristiano basta la fede ed egli non ha bisogno di nessuna opera per essere giustificato; e se non abbisogna più di opere buone, egli è senza dubbio sciolto da tutti i comandamenti e da tutte le leggi; e se ne è sciolto, egli è dunque libero. Tale è la libertà cristiana, è la sola fede che l’ha creata, il che non vuol dire che noi possiamo restare oziosi o fare il male, bensì che non abbisogniamo di buone opere per giustificarci e raggiungere la beatitudine» (n.10).

Vediamo che il problema per Lutero non è con le opere stesse bensì con il valore della loro giustificazione; in questo senso confonde veramente le opere della Legge (AT) con quelle della Fede (NT) e dimostra di possedere un concetto molto ridotto e sbagliato della libertà cristiana.[32]

  1. La crisi di 1524-25 e dopo

            Fino a quel momento, Lutero cercava di presentare la sua ‘riforma’ come un movimento popolare, pur essendosi già rivolto ai nobili e ai principi. La propaganda luterana con i suoi fogli volanti, le sue parole di ordine semplice, la diffusione a tappeto delle rozze e violente incisioni antiromane e anticattoliche, fa breccia e raggiunge tutti gli strati della popolazione, anche i più popolari. Così succede che nel 1524 – 1525 i contadini di molte zone della Germania si sollevano contro principi e vescovi, e contro le amministrazioni municipali saldamente in mano alla borghesia. Sollevazioni c’erano state ormai prima, quando il potere padronale (dopo il 1400) si era irrobustito facendo perdere le conquiste delle istituzione medievali dei contadini. Borghi, conventi, chiese e castelli sono saccheggiati e distrutti. I contadini svevi stendono il proclama della rivolta: I dodici articoli dei contadini.[33] Lutero viene chiamato in causa e interviene con il suo opuscolo: Esortazione alla pace, sopra i dodici articoli dei contadini di Svevia. Rimprovera i padroni in nome di Dio ma rimprovera anche i contadini, chiamandoli a comportarsi cristianamente.

La sua mediazione fallisce ed è allora che «il popolo va avanti con le sue richieste evangeliche di libertà, uguaglianza e giustizia: Il “papa di Wittenberg” (Lutero) non perdona l’insubordinazione in nome della riforma e scrive un testo di straordinaria violenza: Contro le bande brigantesche e assassine di contadini, nel maggio 1525».[34] A luglio di quel anno le guerre erano finite ed i principi tedeschi, benedetti da Lutero, avevano vinto, nelle maniere più atroci.[35] Da quel momento in poi, Lutero sarà il più acerrimo difensore dei principi elettori che si convertono al protestantesimo, e questi, a sua volta, lo difenderanno dall’imperatore e dal papa.

            Nel 1524 Lutero abbandona l’ordine agostiniana. Inizia la convivenza con Katharina von Bora nel 1525, e lo stesso anno dà inizio la “guerra dei contadini” nella Germania meridionale. Nel 1526 viene celebrata la dieta a Speyer (Spira) dove si decide che ogni principe può determinare l’orientamento religioso nella sua regione. Nel 1530 durante la dieta di Augusta, Filippo Melantone presentò la “Confessione di Augusta”, una specie di documento programmatico del movimento protestante, composta da 21 articoli di fede scritti con l’aiuto di Lutero. Nel 1534 ha luogo la pubblicazione della prima bibbia completa nella traduzione tedesca di Martin Lutero. Nel 1545 inizia il concilio di Trento e l’anno seguente (1546) muore Lutero a Eisleben.

Nel tempo sono sorte diverse opinioni, protestanti e cattoliche, sulla morte di Lutero. Il suo servo personale, Ambrogio Kuntzell, secondo un racconto pubblicato ad Aversa nel 1606 dallo scienziato Sedulius, avrebbe visto Lutero impiccarsi. Il dottor de Coster, subito accorso, avrebbe constatato che la bocca di Lutero era contorta, che la parte destra del suo viso era nera e che il collo era rosso e deforme, come se fosse stato appunto strangolato. Questa testimonianza fu pubblicata da Jacques Maritain nella sua opera: Tre riformatori. Il corpo di Lutero oggi riposa nella Schlosskirche di Wittenberg.

  1. Dottrina di Lutero

            Inoltre a quanto detto possiamo aggiungere i seguenti punti:

Corruzione essenziale del uomo: A causa del peccato originale per Lutero tutto l’operare dell’uomo è viziato in radice. Questo fa sì che la ragione sia totalmente depravata, incapace di essere utilizzata in teologia per fare scienza, ma è utilizzabile al massimo per le cose pratiche. Assenza totale di metafisica. «La ragione è la grandissima prostituta del diavolo, per la sua essenza e modo di essere».[36]

Riguardo la volontà: «La volontà umana si trova nella condizione di una bestia da soma: se Dio la monta, essa vuole e va dove Dio vuole, come dice il salmo: sono diventato come una bestia da soma e sono sempre con te. Se la monta Satana essa va dove vuole Satana, e non è in potere dell’uomo scegliere il cavaliere per correre o per cercarlo: i cavalieri lottano per impadronirsi di lui e per possederlo».[37] In quanto al libero arbitrio: «Il libero arbitrio non trova fondamento nella Scrittura. Quando più si cerca di dimostrarlo, si vede chiaramente che non è nulla».[38]

Sola fides e giustificazione: Sul passo di San Paolo che dice. Il giusto per fede vivrà (Rm 1,17), Lutero giunge a dire che l’uomo si giustifica per la sola fede in Cristo Redentore, che ha già pagato per tutti noi. Tutte le opere sono inutili. Lutero definisce la fede come “fides fiducialis” cioè come un’attitudine passiva con la quale confidiamo totalmente in Dio che ha promesso di salvarci, convinti che il semplice possesso di questa fiducia è una garanzia di salvezza. «Pecca con audacia, ma crede con audacia maggiore e rallegrati con Gesù, vittorioso sul peccato, la morte ed il mondo!»[39]

Sul prologo all’edizione del Nuovo Testamento pubblicata nel 1546, Lutero scrive che la lettera di Giacomo «non è che paglia, perché non ha nessun carattere evangelico», specialmente i passi di Gc 2, 14-21.[40]

Libero esame e sola Scriptura: «Non posso subire l’imposizione dei limiti o modi di interpretare le Scritture perché la Parola di Dio, che insegna la libertà, non può essere ritagliata» E anche: «È sbagliata la posizione di coloro che solo attribuiscono a te il diritto di interpretare le Scritture…» (Lettera a Leone X). Lutero stabilisce come unica fonte teologica la Bibbia, eliminando così sia il Magistero che la Tradizione. Inoltre con la teoria detta del “libero esame” afferma che ogni cristiano deve dirigere se stesso verso il testo sacro, e da questa unica fonte di verità, trarre le sue norme di vita in quanto sarà guidato dallo Spirito Santo.[41]

I sacramenti: «I sacramenti non sono sette, per parlare però con il linguaggio delle Scritture …» (De captivitate babylonicae ecclesiae). Abbiamo ormai sviluppato l’argomento.

  1. Bilancio e stimazione della figura di Lutero

            «I rivoluzionari di tutti i tempi – scrive la Pellicciari – hanno in comune il linguaggio: un linguaggio semplice, chiaro, popolare, lapidario. Un linguaggio che corrisponde alle esigenze della propaganda, facile da ripetere, che fa breccia e si impone con la forza degli immagini, linguaggio che punta al cuore più che all’intelletto e alle viscere più che al cuore. Un linguaggio che, facendo leva sulle emozioni, genera indignazione e disprezzo e scatena odio. Lutero, il grande rivoluzionario dell’epoca moderna, non fa eccezione».[42]

Non è mai questione di giudicare le intenzioni di Lutero, né la sua passione o il suo sentimento religioso, che senza dubbio ha posseduto almeno durante un lungo periodo di tempo, nemmeno viene giudicato il suo interesse per la parola di Dio e per la problematica della sua anima.[43] Ma la soggettività non è sufficiente, neppure è sufficiente con una buona intenzione iniziale per essere buono o per ben lavorare. Il suo slancio di fuoco può averlo portato a denunciare abusi, e mentre restasse in quella linea il suo ruolo avrebbe potuto essere quello di un ‘riformista’ nel vero senso della parola, o anche un martire per la verità. Ma non si può dubitare, analizzando la sua vita, che il suo spirito di ribellione, incentrato ogni volta più in se stesso, lo ha portato a disprezzare la verità, l’autorità papale per il solo fatto di essere tale, e di non accettare alcun tipo di correzione dottrinale. Questo lo ha portato per primo all’infedeltà, e poi ad una rovina sempre più pronunciata perfino a livello umano.

Ciò si lascia chiaramente intravedere in alcuni dei suoi Discorsi a Tavola o Tischreden. Si tratta di una raccolta dei discorsi Lutero nell’ex convento di Wittenberg, ora trasformato in casa famiglia, con i suoi amici, tutti uomini maturi – a volte in presenza di Caterina o dei loro figli – i quali sospesi delle parole del maestro, celebravano le sue battute, le sue sentenze, accettavano i suoi dogmi e le sue anatemi. Il tutto in un clima che, sotto l’influsso del vino e della birra si alzava a dei picchi elevati o cadeva nelle più sonore oscenità. Secondo alcuni commentatori, lo spettacolo era lo più rassomigliante ad un posto di soldati di guardia. Gli argomenti erano diversi: scherzi, invettive contro personaggi odiati, scherzi fitti, donne, il diavolo e il sempre immancabile papato. Melantone non era stato d’accordo con la pubblicazione di molti dei passaggi di queste conversazioni.

Il celebre scrittore inglese G. K. Chesterton afferma, in una pagina da non dimenticare: «Viene spesso ricordato il comportamento del papa quando venne a conoscenza dei primi movimenti del protestantesimo, che si stava facendo strada in Germania. Si dice che abbia reagito in modo sbrigativo, definendolo “una bega tra monaci”. Ovviamente tutti i papi erano abituati alle controversie tra gli ordini monastici, ma in questo caso è sempre stato considerato strano e inspiegabile che il pontefi­ce non si fosse reso conto che quelle erano le prime avvisa­glie del grande scisma del XVI secolo (…) C’era infatti un certo monaco in quel monastero agostiniano della foresta tedesca, del quale si può dire che abbia avuto un par­ticolare talento personale per l’enfasi, per l’enfasi e soltanto per l’enfasi: un’enfasi che aveva la forza di un terremoto. Era figlio di uno spaccapietre, aveva una voce altisonante e una personalità di un certo spessore; era incline a rimuginare, sincero e decisamente morboso; si chiamava Martin Lutero.

Era tornato a uscire dalla sua cella in una giornata tempe­stosa, invocando con voce nuova e possente una religione elementare ed entusiasmante e l’abolizione di tutte le filoso­fie. Nutriva orrore e disprezzo per le grandi filosofie greche e per la scolastica che si basava su quelle filosofie. Aveva una teoria che minava tutte le teorie; aveva infatti una sua teolo­gia che era la tomba della teologia. L’uomo non poteva ri­volgersi a Dio, ascoltare Dio, né parlare di Dio. Gli era con­sentito solo implorare pietà con un grido inarticolato e invo­care l’aiuto soprannaturale di Cristo, in un mondo in cui tut­te le cose naturali erano inutili. La ragione era inutile. La vo­lontà era inutile. L’uomo aveva la mobilità di una pietra. L’uomo doveva considerare la propria testa alla stregua di una rapa. In cielo e in terra non rimaneva altro che il nome di Cristo che si levava in quell’unica invocazione, spavento­sa come l’ululato di una bestia ferita».

«Bisogna riconoscere a questo grande pessimista agostiniano non solo di averla avuta vinta sul Doctor angelicus, ma anche di essere stato l’antesignano del mondo moderno. Ha di­strutto la ragione e l’ha sostituita con la suggestione (…) Quel protestantesimo era pessimismo; non era altro che l’affermazione nuda e cruda che nessuna virtù umana può aiutarci a evitare l’inferno. Oggi quel tipo di lu­teranesimo è lontano dalla realtà; fasi più moderne del lute­ranesimo sono ancora più lontane dalla realtà: ma Lutero non era lontano dalla realtà. Era una di quelle grandi forze barbariche della natura che sono capaci di cambiare il mon­do».[44]

 

[1] Nel giornale Politik & Kultur del 2/1/2015 (https://www.corrispondenzaromana.it/cardinali-che-invitano-a-leggere-lutero). Originale: https://www.welt.de/regionales/bayern/article135941046/Auch-Katholiken-koennen-von-Luther-lernen.html

[2] Dichiarazioni a L’Osservatore romano del 4/1/2015 (https://it.zenit.org/articles/koch-lutero-non-volle-rottura-con-roma-scisma-avvenne-per-motivi-politici).

[3] Card. W. Kasper, Lutero: Una prospettiva ecumenica (Giornale di Teologia 387; Queriniana, Brescia 2016), 28. E’ nato come compilazione di testi dello stesso Kasper in una conferenza all’università Humboldt di Berlino, organizzata dalla fondazione Guardini (18/1/2017).

[4] Cfr. Una prospettiva ecumenica, 12-13.

[5] Cfr. Una prospettiva, 30. 33-34.

[6] Angela Pellicciari, Martin Lutero: il lato oscuro di un rivoluzionario; ed. Cantagalli, Siena 2016, 5-6.

[7] Cfr. A. Pelliciari, Martin Lutero, 19-20.

[8] A. Pelliciari, Martin Lutero, 22-23.

[9] Cfr. Ibidem, 29-30.

[10] Ibidem, 31.

[11] Cfr. Ibidem, 32-33.

[12] Cfr. Ibidem, nota 26, 43.

[13] Il CIC (Codice di Diritto Canonico) definisce l’indulgenza come: «La remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi» (c.992). «Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti a modo di suffragio indulgenze sia parziali sia plenarie» (c.994).

[14] Cfr. Ibidem, 36.

[15] Cfr. Edizione Weimar o Weimar Ausgabe (WA) iniziata nel 1889 e finita nel 2009, in 121 volumi. Divisa in varie sezioni. Le nostre citazioni corrispondono a WA W (Werke o “scritti”) 29, 50,18 la prima e WA Tr (Tischreden o “discorsi conviviali”) 1, 134,32 la seconda.

[16] Cfr. A. Pelliciari, Martin Lutero, 39.

[17] Cfr. Ibidem, 39-40.

[18] Lutero: Obras (edizione curata da Teófanes Egidio); ed. Sígueme, Salamanca 20165; 18.

[19] Cfr. L. Grane, Contra Gabrielem. Luthers Einandersetzung mit Gabriel Biel in der Disputatio contra scholasticam theologiam 1517, Kopenhagen 1962. La conoscenza della scolastica di Lutero è via Biel (Gabriel Biel [1420-1495] fu un filosofo ed economista tedesco, uno dei più notevoli teologi scolastici del tardo medioevo, specialista nella filosofia di Guglielmo di Ockham la cui dottrina egli seguiva).

[20] Cfr. A. Pelliciari, Martin Lutero, 41.

[21] Philipp Melanchton (1497–1560), umanista, amico e collaboratore di Lutero, parla dell’episodio dell’affissione delle 95 tesi nella prefazione al secondo volume delle opere di Lutero (1546), comparse dopo la morte del riformatore. Lutero invece afferma di aver inviato le tesi ai vescovi interessati e di averle poi fatte recapitare a “persone dotte, dentro e fuori di Wittenberg” nell’intento di suscitare un dibattito tra i dotti (A. Pelliciari, Martin Lutero, nota 25, 38).

[22] Cfr. Lutero: Obras, 62.

[23] Cfr. Lutero: Obras, 63.69.

[24] Cfr. Lutero: Obras, 24-25.

[25] Cfr. WA 18, 600-787.

[26] In tedesco. Il suo titolo originale: Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca circa la Riforma dei cristiani (agosto 1520): WA 6, 404-469.

[27] Cfr. A. Pelliciari, Martin Lutero, 63-64. L’autrice riporta il testo in Appendice I, 133-155.

[28] E’ nata come risposta agli attacchi da parte di A. Alfeld, avversario teologico di Lutero nella rivale università di Leipzig. Consiste in una constante provocazione ai teologi cattolici, la che si può intravvedere chiaramente dal Praeludium. Forse la risposta più conosciuta, benché non la più consistente, fu quella di Enrico VIII re di Inghilterra: Assertio septem sacramentorum adversus Martinum Lutherum.

[29] Cfr. Lutero: Obras, 88 (traduzione nostra dallo spagnolo).

 

[30] Cfr. Lutero: Obras, 88- 101 (traduzione nostra).

[31] E’ stato l’ultimo sforzo di Karl von Militz, inviato pontificio, di cercare di raggiungere una riconciliazione con Lutero. Questo accettò lo scrivere una lettera a Leone X, rispettosa della sua persona ma non del papato in quanto tale, e in simultaneo redasse questo scritto dove parla del merito delle opere.

[32] Gal 2,16: Sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato. Gal 2,4: (Parlando circa i giudaizzanti) A causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l’intenzione di renderci schiavi. Gal 5,1: Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù.

[33] Cfr. A. Pelliciari, op. cit., 102. Il testo in Appendice I, 157-158.

[34] Ibidem, 104. Testo in Appendice I, 159-168.

[35] In una predica del 1526, riportata in parte dall’autrice in nota 78 (p. 104), incita Lutero ai principi ad esercitare ogni forma di violenza contro i contadini.

[36] WA 51, 126; comparare con 10 I, 1, 326,16; 18,164; 24, 182,11.

[37] Cfr. WA 18, 635.

[38] De servo arbitrio, Gus-Süberth Ak., Bierbronnen 2015; 102 (traduzione nostra).

[39] Lettera a Philip Melanchton del 1/8/1521 (cfr. WA 2, 424).

[40] Cfr. A. Pelliciari, op.cit., nota 54, 74. Alcuni passi della lettera di Giacomo: A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? (2,14); Mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede (2,18).

[41] Contro 2 Pt 1, 20-21: Nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio.

[42] Cfr. A. Pelliciari, op.cit., 41-42.

[43] Per questo motivo non è errato che si possa lodare, in determinate circostanze, certi aspetti della personalità di Lutero in rapporto alla sua “profonda religiosità” o che “con bruciante passione era sospinto dall’interrogativo sulla salvezza eterna”, come lo fece San Giovanni Paolo II (Lettera al cardinale Willebrands, 31/1083: AAS 77, 1985, 716-717) (Anche nel Incontro con i vescovi della chiesa luterana di Danimarca, Roskilde, 6/6/1989). Questo non equivale a dire che lui abbia ben incanalato questa sua bruciante passione. Una altro discorso sarebbe quello di qualificarlo come “padre della Chiesa cattolica e luterana” o simile [https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1983/documents/hf_jp-ii_let_19831031_card-willebrands.html]. 

[44] G.K. Chesterton, San Tommaso d’Aquino, prefazione di Mons. Luigi Negri, Lindau, Torino 2008, 195-199.

L’articolo in PdF scaricabile qui.

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