Settimana Santa Domenica delle Palme

Frammento di un’omelia di Settimana Santa Domenica delle Palme del padre Cornelio Fabro

Ingresso di Gesù a Gerusalemme

Ingresso di Gesù a Gerusalemme

Con la Domenica delle Palme la sacra Liturgia dà inizio alla Settimana Santa, alla commemorazione del dolore, del tradimento, della morte del Figlio di Dio, Gesù nostro Salvatore. Questo avvenne affinché si adempisse ciò ch’era stato detto per bocca del profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te mansueto, cavalcando un’asina e un asinello, puledro d’una giumenta». Andarono i discepoli e fecero come aveva loro ordinato Gesù; menarono l’asina e il puledro e vi misero sopra i loro mantelli, e Gesù vi si pose a sedere. La maggior parte della folla stese le vesti sulla strada; altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via e le turbe che gli si movevano davanti e di dietro, gridavano: «Osanna al figlio di David! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!» (Mt, 21,1-9).

Questo il prologo della Settimana che annunziava il trionfo, e portò alla Morte, l’epilogo della divina misericordia. Settimana santa, settimana tragica che si snoda nel racconto dei quattro evangelisti in una tensione estrema dello odio e dell’amore, quale mai si era verificata nella storia dell’uomo. Se l’odio è la volontà del male, l’odio più alto e veemente, l’odio essenziale è volere la morte, volerla a freddo, è volerla soprattutto a danno di Chi era stato per tutti la via, la verità e la vita: contro Colui che aveva consolato i mesti, guarito i sofferenti, riabilitato i peccatori, risuscitato i morti, rallegrato gli umili e i derelitti della vita, accarezzato i bambini proclamandoli degni del Regno dei cieli. E i bambini, che Lo guardavano stupiti o che ruzzavano nei prati quando predicava alle folle, non hanno capito né capiranno mai, non possono capire i bambini, perché Gesù ch’era così buono con tutti, sia stato ucciso, perché i grandi l’abbiano messo in Croce. L’odio infatti, come volontà del male, è l’unica infinità di cui può disporre l’uomo in antitesi con Dio ch’è l’infinità del bene, è la qualifica estrema della propria libertà che si rifiuta dà scegliere Dio e si piega sprofondando su se stessa, sui propri idoli della potenza e della azione politica nell’impeto di sbarrare il passo a Colui che viene nel Nome del Signore. Quest’odio del rifiuto era di lunga data, covava da tre anni nei caporioni d’Israele; s’era acceso fin dall’inizio della vita pubblica di Cristo, ed ora era giunto il momento, quel punto del tempo in cui si doveva decidere la scelta del Regno di Dio secondo lo spirito.

                Era un odio essenzialmente teologico ma capovolto nella cosiddetta riflessione democratica -allora come sempre- ovvero nel pretesto della salvezza del popolo: Gesù venne dichiarato dal Sinedrio il pericolo pubblico numero uno e si pretese dal debole Governatore romano la morte di Cristo come una prova della sua amicizia verso Cesare e quindi come contropartita della perduta libertà del popolo di Dio. Sempre quindi c’è di mezzo il popolo ed è sempre in nome del popolo che una chiusa élite di facinorosi della politica scatena l’odio nel mondo e la strage degli innocenti: si sa, l’odio è amaro e arido, è il vento di fuoco e di zolfo che sale con vampa tumultuosa dalla coscienza sconvolta. Ma non è questo l’odio che ha ucciso e vuole ancor oggi e sempre uccidere Cristo: l’odio dei Principi del popolo e dei Farisei, di ieri e di oggi, che continuano la Passione di Cristo nel Calvario dei popoli cristiani, è un odio limpido, ben calcolato e filtrato. Esso è l’alternativa che l’uomo presenta al piano di Dio, è l’apostasia di Dio, è l’odio contro Dio ch’è il Bene purissimo e dolcissimo; è il rifiuto di Cristo, del Cristianesimo, dell’amore all’Eucaristia che ci nutre l’anima, alla Madonna che ci protegge nella vita, agli Angeli buoni che ci vegliano, ai Santi che intercedono per noi. L’odio è la negazione che si vuole imporre all’uomo dell’altra vita, della vita vera e perenne che non conosce più dolori e morte, della vita eterna nella quale potremo vedere l’infinita bellezza di Dio, il volto di Cristo e della Vergine, la Rosa dei Santi e in essa le persone care che ci hanno preceduti portandosi dietro con le nostre lagrime un brandello del nostro povero cuore. Ecco cosa vogliono fare di noi i fautori dell’ateismo e del laicismo moderno, i farisei della politica e della cultura: strapparci la dolcezza della Passione di Cristo e risolvere il problema della verità, della vita, dell’amore… con la negazione della vita, della verità, dell’amore per essenza.

                Ed è per questo che Cristo è in Passione e Agonia fino alla fine del mondo: glorioso in cielo alla destra del Padre, Egli tuttavia continua e ripete nel Suo Corpo Mistico, nella sua Chiesa perseguitata, nei suoi fedeli traditi ed oppressi, il Suo itinerario di dolore e di amore, la Settimana Santa nella Storia universale che avrà il suo epilogo quando non ci sarà più il tempo e l’eternità si fisserà per l’uomo in un presente totale e irrevocabile. Allora sarà chiara la realtà e la differenza fra il bene e il male, fra le vittime innocenti e gli spietati persecutori. Ma questa è anche la Settimana della vittoria e del trionfo: essa si apre con l’Osanna delle turbe rapite dal fascino di Cristo che cavalca l’umile giumento e agitanti incontro a Lui palme come a trionfatore, e si chiude con l’Alleluia di Pasqua. La realtà è ch’è Cristo stesso il regista unico e assoluto di questo dramma: durante la Cena conosce il traditore e lo denunzia; nell’Orto con un semplice: Son Io arresta l’impeto degli scherani e li stende a terra due volte; nel pretorio dichiara a Pilato la sua dignità essenziale di Re universale capace di chiamare in proprio aiuto ben dodici legioni di Angeli; nel sinedrio lancia ai congiurati la sfida di comparire trionfante sulle nubi del cielo. Ed ecco che si lascia tradire, legare, processare, percuotere, inchiodare e morire in Croce, pur avendo la piena e assoluta possibilità di sottrarsi e annientare i propri carnefici.

                Socrate e ogni uomo che si è votato alla morte per il bene, ha accettato la morte, non l’ha voluta, perché nessun uomo la può volere: la morte è di per sé fuga dell’essere e carica di dubbio e d’incertezza. Per Cristo la propria morte era la redenzione dell’uomo e la prova del suo amore infinito per il mondo, il passaggio alla Risurrezione. Per Socrate, come per ogni innocente ch’è giustiziato, la situazione precipita contro ogni previsione, mentre una speranza sia pur tenue ancora alita in cuore. Per Cristo la consapevolezza della Morte era insita nella sua coscienza di Redentore fin dall’inizio: per questo Egli non si perdeva nei fenomeni, non s’illudeva del plauso popolare, ma leggeva e guidava con occhio sicuro nella realtà circostante l’incalzare della catastrofe. Questo colloquio continuo di Cristo con la morte era la sua immolazione d’infinito amore e perciò l’aurora di speranza per la nuova vita del mondo. Così Gesù ha voluto soffrire per tutti noi la confusione e l’orrore del peccato e infonderci la fiducia della divina paterna misericordia.

                Allora questa è la Settimana Santa per quanti ci sentiamo peccatori, è la settimana dei sofferenti, dei malati, dei tribolati, di tutti coloro che sono segnati nell’anima e nel corpo dal pungolo del dolore, di quanti portano un cuore che sanguina perché senza affetti o senza un focolare, di quanti hanno un corpo in sfacelo, di tutti coloro che non sono stati ammessi al festino della vita e sono stati abbandonati ai margini dell’esistenza dai satrapi della potenza e della lussuria. Cari fratelli malati di tutte le pene e sofferenze dell’anima e del corpo, a voi è riservata in questi giorni la gioia alta e pura di beatificarvi nella Passione di Cristo, il privilegio di sentire che i flagelli, le percosse, gli improperi, i duri chiodi, la morte spaventosa… sono documenti d’amore e di ringraziare Iddio che vi ha fatti degni di essere conformi all’Immagine del Figlio Suo.

 Fonte: C. Fabro, Vangeli delle Domeniche [Opere complete 15; Edivi, Segni 2007] 107-110.

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