La Bibbia sotterranea

 

Gli scavi della Palestina, pur nella

loro frammentarietà, consentonoqumran1

di ricostruire le grandi epoche storiche

della bibbia nei loro riflessi esteriori e di

riconoscerle perfettamente riprodotte

 nel testo sacro.

 

È una cosa strana: come cattolici, noi crediamo alla verità assoluta della Bibbia, in quanto essa ha come autore principale Dio che non può ingannarsi né ingannare; eppure la domanda che facciamo più di frequente è: ma sarà poi vero ciò che la Bibbia racconta? E cerchiamo conferme un po’ dovunque e soprattutto nell’archeologia. La quale, oggi, sembra aver perduto l’aspetto di scienza piuttosto ammuffita e riservata a pochi studiosi per entrare nei gusti del gran pubblico. Per troppi non basta che la Bibbia parli di un personaggio, di un luogo, di un avvenimento o riproduca modi di vivere e di pensare estranei ai nostri; è necessario controllare se veramente quel personaggio è esistito, se quel luogo si trova proprio là dove essa lo pone, se erano davvero quelli gli usi del tempo. Il controllo è richiesto su materiale concreto, documentario e diverso dalle pagine della Bibbia. E sia! Sembra che il Signore abbia ancora una volta fatto ricorso a quella «accondiscendenza» per l’uomo che i Padri della Chiesa identificavano appunto come uno degli insegnamenti più perentori e commoventi della storia divina e umana della Bibbia.

Da un secolo a questa parte, la Terra di Dio e della Bibbia, la Palestina, è stata occasionalmente o deliberatamente frugata dagli studiosi, alla ricerca di luoghi, documenti e monumenti adatti a illustrare o confermare il racconto sacro. La messe raccolta è, da un certo punto di vista, abbondante e, da un altro, piuttosto scarsa. Qualcuno, per esempio, avrebbe preteso che fosse trovato, che so, un autografo di Mosè o un lembo della tenda di Abramo, pagine intere della Bibbia che risalissero agli anni in cui gli autori ispirati la venivano scrivendo, iscrizioni nelle quali venisse narrato per filo e per segno un avvenimento che conosciamo soltanto dalle pagine della Bibbia. Per un tale esigentissimo controllore l’archeologia palestinese – e qualunque altra archeologia per casi analoghi – riserverebbe sgradite sorprese; per chi, invece, conosce ciò che si può e si deve aspettare da scarsi resti di una civiltà e di una storia di millenni, fittissima di persone e di fatti, i ritrovamenti palestinesi sono importantissimi e, per quanto lo possono, convincenti.

Moltissimi siti menzionati nella Bibbia sono stati identificati e riportati alla luce là dove la Bibbia li pone, non certo allo stato in cui, per esempio, si sono offerte a noi Pompei ed Ercolano – immobilizzate all’improvviso dalla eruzione vesuviana del 79 d. C. – ma allo stato in cui, dopo varie devastazioni e lunghe rovine, dopo la inesorabile erosione di secoli, si potevano aspettare. È difficile capire l’entusiasmo degli archeologi per i cocci, ma quando questi cocci portano scritta una specie di corrispondenza epistolare fra capi militari alla vigilia della distruzione di Gerusalemme nel VI sec. a. C. con allusione al profeta, Geremia, che allora svolgeva una intensissima attività ricca di drammatici aspetti, allora l’entusiasmo

si estende anche a chi, a prima vista, in quei cocci non avrebbe visto altro che… cocci. Famose città bibliche scavate dagli archeologi, per esempio Gezer, Megiddo, Samaria e, recentemente, Hazor nell’alta Galilea, hanno rivelato edifici pubblici, templi, case private, botteghe, opere d’arte, utensili e moltissimi altri materiali che ci permettono di ricostruire il mondo esterno della Bibbia. Alcune delle più antiche scoperte in territorio palestinese, come quella della iscrizione del re Ezechia, contemporaneo di Isaia, per il completamento di un tunnel a Gerusalemme citato dalla Bibbia; o come quella di una stele del re di Moab che fa diretto riferimento a fatti del Libro Sacro, conservano ancora tutto il loro fascino. La Palestina non ha scavi vistosi ma, nella loro povertà e frammentarietà, straordinariamente eloquenti; essi consentono, opportunamente coordinati, di ricostruire le grandi epoche storiche della Bibbia nei loro riflessi esteriori e di riconoscerle perfettamente riprodotte nel testo sacro, di ritrovare, sulle pietre, i segni degli incontri e degli scontri di civiltà sulla terra e sul popolo d’Israele. Gli scavi riportano in luce frammenti di storia e frammenti di cronaca, umili oggetti e raffinate opere d’arte, armi e strumenti di lavoro, oggetti di culto pubblico e privato che completano le indicazioni sporadiche della Bibbia e le confermano, attestando che gli autori sacri descrivono un mondo vivo e reale sotto i loro occhi o fedelmente conservato dalla tradizione. Le clamorose scoperte fatte a Qumran, presso il Mar Morto – un grandioso complesso di edifici comunitari con una vicina fattoria, manoscritti di quasi tutti i libri della Bibbia e opere esprimenti le speranze e le credenze di una setta giudaica contemporanea del Vangelo – han fatto tale clamore che non è più necessario neppure menzionarle. Basterà dire che esse dimostrano ancora una volta che il messaggio di Gesù è radicato nel suo tempo e nella sua terra, fiore nuovo in una terra antica. Recentemente sono stati ritrovati, parzialmente ma in misura soddisfacente, cospicue tracce della Nazaret e della Betania contemporanee di Gesù, che hanno permesso un controllo della autenticità dei rispettivi «luoghi santi»: la dimora della S. Famiglia e della tomba di Lazzaro.

Più sensazionali sono le scoperte in Mesopotamia, nell’Asia minore, nell’alta Palestina e anche in Egitto, dove più interessanti di ogni altro ritrovamento sono i testi letterari di civiltà con le quali è venuto a contatto Israele al tempo di tutta la storia biblica e che arricchiscono non soltanto la filologia sacra ma anche il racconto sacro per il riscontro dei suoi elementi storici di costume e di stile. La Bibbia, in un certo senso, non è più isolata, perché si dimostra immersa in un più vasto mondo, ma nello stesso tempo è restituita alla sua più splendida solitudine in quanto, congeniale a quel mondo, se ne distacca all’infinito per il suo messaggio di verità e di salvezza. È un libro nel tempo e fuori del tempo, perché è un libro umano e divino.

(Salvatore Garofalo)

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Rispondi